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Mentre Cosa nostra tende ad inabissarsi sempre di più la 'ndragheta si prepara per una guerra tra clan

31 gennaio 2007

E' ormai chiaro che Cosa nostra ha scelto quella che si potrebbe chiamare ''la strategia dell'inabissamento'': niente morti, pochi feriti ma grandi affari. ''Attraverso le estorsioni, le intimidazioni, i pubblici appalti, Cosa nostra in Sicilia continua ad esercitare un pesante, violento ed esteso controllo sociale, economico e politico sul territorio''. E' quanto ha sinteticamente sottolineato il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, ieri nel corso dell'audizione a palazzo San Macuto davanti alla Commissione Parlamentare Antimafia.

''La stessa cattura di importanti mafiosi latitanti - ha osservato Grasso - ha svelato l'esistenza di una vasta rete di fiancheggiatori e la straordinaria capacità di infiltrare il mondo della politica e della pubblica amministrazione''. Il procuratore antimafia ha citato il caso Lo Giudice con ''i suggerimenti al capomafia di Canicattì per far sciogliere il consiglio comunale ed esercitare così la sua influenza politica'' o quello del municipio del Comue di Villabate, nel palermitano, ''dove il presidente del consiglio comunale (Francesco Campanella, ndr) che era un funzionario di banca, ha procurato il documento con cui il boss Provenzano espatriò a Marsiglia per farsi operare''.
Ecco allora che ''non può certo essere sottovalutato il pericolo concreto rappresentato dalla criminalità organizzata mafiosa, nonostante l'indubbio successo della cattura del capo Provenzano e la scoperta delle 'talpe' infiltrate nelle istituzioni, che facevano uscire spifferi sulle indagini che arrivavano direttamente a Cosa nostra''.

E mentre la criminalità organizzata siciliana tenta di utilizzare sempre meno le armi e di infiltrarsi nel tessuto sociale, in Calabria all'interno della 'ndragheta, forse si prepara una guerra tra clan.
''In Calabria è sempre più frequente il ritrovamento di autentici arsenali, che sembra quasi che la 'ndrangheta si prepari a una guerra, anche per la tipologia delle armi che sbarcano con i container nel porto di Gioia Tauro''. Ha lanciato l'allarme il procuratore Grasso, e ha sottolineato che ''la 'ndrangheta appare sempre più orientata verso la cosiddetta criminalità transnazionale''. In particolare, l'organizzazione criminale calabrese ''ha stabilito oramai una posizione quasi monopolistica nel traffico internazionale degli stupefacenti, grazie al legame stretto con i narcotrafficanti colombiani, ai rapporti consolidati con l'Europa dell'Est e il Medio Oriente e alle basi in Olanda, in Spagna e nella stessa Colombia''. Basti pensare che ''gli esponenti mafiosi riescono ad avere accesso alle 'farc' colombiane, intreccio di traffico di droga e terrorismo, lì dove neanche la polizia locale è in grado di entrare''.
Una 'ndrangheta che, a differenza della mafia siciliana, tende a segnare la sua supremazia sul territorio con ''insolita arroganza'' soprattutto grazie alle ''ingenti disponibilità economiche che inquinano la già fragile economia calabrese. Dalla Calabria - spiega ancora Grasso - prende risorse finanziarie pubbliche, per investirle poi in attività imprenditoriali lì dove c'è una più alta redditività: nel Nord Italia e in Europa''. Restano forti ''le capacità collusive e le infiltrazioni nei poteri locali, come dimostrano i recenti casi di Locri, di Platì e di Melito'' nonché le attività di estorsione, usura, riciclaggio di denaro sporco.

Una particolarità riguarda Reggio Calabria: ''La mafia locale sta dividendo la città in mandamenti, sull'esempio di Cosa Nostra a Palermo'', mentre ''latitanze e scarcerazioni per indulto favoriscono la conquista del potere criminale''.

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31 gennaio 2007
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