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Mentre la moratoria sulla pena di morte incontra qualche attrito, negli Usa sembra essere stata accolta di fatto

01 novembre 2007

''Avevamo da tempo previsto una iniziativa di presentazione del rapporto di Nessuno Tocchi Caino sulla pena di morte, come iniziativa a sostegno di un testo consolidato, espressione di una volontà consolidata della coalizione che vede insieme l'Ue con altri paesi''. E' quanto ha raccontato lunedì scorso il ministro per il Commercio internazionale e le politiche europee, Emma Bonino, da New York dove si è recata per sostenere l'iniziativa per la moratoria delle esecuzioni capitali, e dove avrebbe dovuto partecipare ad una conferenza di presentazione del rapporto sulla pena di morte di Nessuno Tocchi Caino, insieme all'ex governatore Mario Cuomo e a Gina Lollobrigida.
''Ci troviamo invece nella situazione in cui questo testo ancora non c'è, in cui ci sono tensioni e proposte - come quella del Brasile - che chiedono mutamenti rispetto al testo dell'Ue, mutamenti che diano rilievo maggiore alla proposta di moratoria, e ci sono resistenze quasi ideologiche di alcuni paesi membri dell'Unione Europea. Di fatto il testo non c'è e la scadenza finale è giovedì (oggi primo novembre, ndr) prossimo''. ''Molti paesi - ha continuato il ministro Bonino - ci hanno fatto notare che non era il caso di dare adito ad altri alibi con una iniziativa pensata per un momento più avanzato della campagna, e ovviamente non abbiamo avuto nessun problema a rinviare''.

Quanto al punto sull'iniziativa Onu, ha spiegato il ministro, ''la situazione è molto tesa, e c'è qualche paese dell'Unione Europa che non si rende conto che se l'Europa vuole dei partner poi li deve stare a sentire. Specie quando - è il caso di una proposta che viene dalla Nuova Zelanda - le cose che dicono sono ampiamente condivisibili. Per evitare il rischio di aggiungere altri elementi che potessero essere strumentalizzati o mettere in imbarazzo i panelist, abbiamo deciso di rinviare l'iniziativa. Di fatto però dal 28 settembre, quando sembrava cosa fatta, oggi siamo al 29 ottobre, la scadenza è giovedì, e ancora non c'è un testo consolidato''.  ''Sembra tornare allo scenario del 1999 - ha aggiunto la Bonino - in cui la rigidità di alcuni paesi europei abolizionisti (e dunque un po' ideologici rispetto alla moratoria) non da' spazio alle argomentazioni a mio avviso più chiarificatrici che vengono da grandi co-sponsor''. La Bonino ha anche spiegato di aver avuto ''contatti con il governo a Roma e abbiamo anche indicazioni che - per quanto ci sta a cuore la solidarietà europea - questa ha un limite, quello di non affossare l'iniziativa sulla pena di morte. Se poi qualche paese europeo non ci vorrà stare, pazienza. Con tutta l'importanza dell'Europa, mi sembrerebbe irresponsabile trovarci nella ennesima situazione in cui qualche posizione ideologica faccia fallire la battaglia per la moratoria delle esecuzioni capitali'', ha concluso il ministro.

Nonostante questa ''battuta'' d'arresto, dagli Stati Uniti arrivano comunque ottime notizie e con un ultima esecuzione sospesa in extremis nello stato del Mississipi, sembra che ormai negli Usa per la pena di morte è ormai moratoria di fatto.
La Corte Suprema federale di Washington infatti ha nuovamente fermato la mano del boia, quando ormai il condannato aveva consumato l'ultimo pasto e stava incamminandosi verso la camera dell'iniezione letale. Earl Wesley Berry, il condannato del Mississippi, avrebbe dovuto morire alle 18 ora locale, la mezzanotte in Italia, nel penitenziario statale di Parchman.
A metà giornata era arrivato il primo verdetto della Corte di Washington. Negativo. Su una materia tecnica. Più consistente era stato il secondo ricorso che contestava la costituzionalità dell'iniezione letale, una materia su cui la Corte Suprema il 25 settembre ha accettato di pronunciarsi.
Da allora molti stati hanno adottato una moratoria di fatto delle esecuzioni. Il verdetto sul caso del Mississippi non fa che consolidare la tendenza alla pausa di riflessione.

L'ultimo stop al boia era venuto in Alabama: una corte d'appello federale aveva bloccato il 24 ottobre l'esecuzione di un malato terminale. E anche l'ultima iniezione letale, quella del 25 settembre in Texas poche ore prima che si pronunciassero i magistrato di Washington, è al centro in questi giorni di polemiche: il giudice locale rifiutò di accogliere un ricorso dell'ultim'ora degli avvocati, presentato con 20 minuti di ritardo per un problema con un computer. Se lo avesse accolto anche quell'uomo oggi sarebbe in vita.

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01 novembre 2007
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