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Mentre Maroni siglava l'accordo in Libia...

... al Senato il governo capitolava tre volte su alcuni punti del ddl sicurezza riguardanti l'immigrazione

05 febbraio 2009

L'altro ieri sono stati trasferiti da Lampedusa i primi 120 cittadini tunisini già identificati e che saranno rimpatriati in Tunisia, dopo uno scalo tecnico a Roma.
L'operazione, che si inserisce nell'ambito delle intese raggiunte dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni, con il suo omologo tunisino, Rafik Belhaj Kacem, in occasione del loro recente incontro a Tunisi, non ha però convinto il sindaco di Lampedusa Bernardino De Rubeis: "Con due voli, sono stati trasferiti a Roma 120 tunisini. Il primo volo ha portato all'aeroporto di Fiumicino 44 immigrati, scortati da 40 poliziotti, mentre con il secondo volo ne sono stati trasferiti 75 con una scorta di 47 poliziotti. In una nota diramata dal ministero degli Interni è stato affermato che 'Oggi sono stati trasferiti da Lampedusa i primi 120 cittadini tunisini già identificati che, a partire da oggi, saranno rimpatriati in Tunisia, dopo uno scalo tecnico a Roma'. In realtà gli immigrati saranno ospitati nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria (Roma), in attesa di essere rimpatriati in Tunisia a piccoli gruppi e il rimpatrio avverrà a partire dai prossimi giorni, con voli di linea in partenza dall'aeroporto di Fiumicino. Vorrei capire a questo punto a che gioco giochiamo e per quale ragione si continua a volere attrezzare un nuovo centro a Lampedusa, se nella realtà sembra non sia neanche possibile fare partire direttamente da Lampedusa, i tunisini da rimpatriare".

Aspettando che venga data una spiegazione al sindaco De Rubeins, informiamo che ieri il ministro Maroni è andato a Tripoli per una serie di incontri bilaterali nel corso dei quali ha sottoscritto il protocollo attuativo dell'accordo italo-libico firmato il 29 dicembre 2007 per contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina.
"Quello di oggi - ha detto Maroni - è un passo avanti decisivo. Ora partirà la fase tecnica dei lavori, la prossima settimana si costituirà una unità di coordinamento italo-libica per il pattugliamento congiunto".
Il ministro Maroni è stato ricevuto dai ministri degli Esteri, Abdurrahman Shalgam, da quello degli Interni, Naser al Mabruk e dal capo di Stato Maggiore della Marina, i quali si sono rallegrati per l'avvenuta ratifica (avvenuta l'altro ieri in Senato) del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra i due Paesi firmato nell'agosto scorso tra i due leader Muhammar Gheddafi e Silvio Berlusconi. "E' una pagina nuova quella che si apre nei rapporti fra Libia e Italia - ha dichiarato Maroni - non solo per la lotta all'immigrazione clandestina, ma per la collaborazione in tutti i campi".

E' scattato, dunque, il semaforo verde per i pattugliamenti congiunti italo-libici. L'auspicio del ministro Maroni è che con le sei motovedette ad equipaggio misto in azione nel mare di fronte alle coste del Paese africano sarà possibile arrivare ad un azzeramento degli sbarchi entro l'estate.
Un auspicio divenuto per Maroni una sorta di personale slogan: "Lo stop agli sbarchi di migranti potrà avvenire solo quando ci sarà il via ai pattugliamenti congiunti a ridosso delle coste libiche", ripete Maroni dall'inizio dell'estate scorsa.
Le sei motovedette della Guardia di finanza da consegnare a Tripoli sono pronte da mesi. Ora si trovano a Gaeta, dove nei prossimi giorni si recherà una delegazione libica che prenderà possesso dei mezzi per trasferirli nel Paese nordafricano, con gli agenti italiani a fare da addestratori.
Maroni ha poi dichiarato che tornerà molto presto in Libia per verificare l'altro punto previsto nel protocollo di attuazione, quello che riguarda il monitoraggio dei confini meridionali del Paese africano, migliaia di chilometri di deserto attraversati da un esercito di disperati in fuga spesso da guerre e fame. L'accordo prevede l'installazione di un rete di controllo satellitare per monitorare le frontiere di sabbia. A realizzarla sarà Finmeccanica: l'Italia coprirà il 50% dei costi, mentre per il restante 50% Roma e Tripoli chiederanno all'Unione Europea di farsene carico. Si tratta, ha commentato il ministro, "di un passaggio fondamentale per la riduzione degli ingressi di clandestini in Libia".

A Tripoli, per il ministro dell'Interno non è mancato, infine, un fuori programma poco piacevole, Maroni è rimasto infatti bloccato per quasi 40 minuti in un ascensore nella sede del ministero degli Esteri libico.
Spiacevole contrattempo da niente se confrontato con quanto avvenuto ieri nell'Aula del Senato, dove il governo è stato battuto per tre volte sul ddl sicurezza. La maggioranza è andata sotto in tre votazioni per le quali era stato chiesto il voto segreto, tre subemendamenti all'articolo 39 sui quali l'esecutivo aveva espresso parere contrario. I lavori riprenderanno oggi e il voto finale è atteso per il primo pomeriggio.
Per effetto del voto, torna in vigore la norma della Bossi-Fini: gli stranieri irregolari non potranno essere trattenuti nei Centri di identificazione per un periodo superiore ai 60 giorni. L'Aula ha infatti approvato l'emendamento dell'opposizione che abroga la norma della maggioranza che portava a 18 mesi il periodo massimo di permanenza. E' stata poi approvata la linea della minoranza sulle norme per il ricongiungimento familiare, con l'abrogazione della parte che prevedeva che il questore dovesse rilasciare il titolo di soggiorno per i familiari di uno straniero regolare soltanto se questi stessi familiari fossero regolarmente soggiornanti in Italia "ininterrottamente da almeno cinque anni". Il terzo voto ha infine cancellato la possibilità di revocare il permesso di soggiorno anche se si commette un reato per quanto riguarda i diritti d'autore.

Le minoranze non hanno però beccato il poker: non è infatti passato - per un soffio - un quarto emendamento con cui il Pd chiedeva di eliminare la previsione della cosiddetta "tassa di soggiorno", ovvero del pagamento di una quota per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno.
Con 129 si, 129 no e tre astenuti è finita la votazione a scrutinio segreto. Il regolamento di Palazzo Madama prevede che, in caso di parità nelle votazioni, prevalga il voto contrario. La proposta , dunque, non è passata. Resta dunque confermato l'obbligo da parte degli immigrati del pagamento di un "contributo", come deciso dal governo, andrà da un minimo di 80 a un massimo di 200 euro (la Lega aveva inizialmente chiesto che fosse fisso di 200) e a stabilirne l'entità sarà un decreto dei ministeri dell'Economia e dell'Interno. Non sarà però richiesto alcun versamento "per richiesta asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari".

Secondo il sottosegretario leghista Roberto Castelli quanto successo ieri è da attibuire ad un ritorno dei "franchi tiratori di memoria Dc". "Ho visto in alcuni settori della destra - ha spiegato l'esponente leghista - che si sono accese 7 luci verdi, a conferma di almeno sette franchi tiratori. Noi eravamo 136 in Aula, le opposizioni 122. E' una contabilità semplice da fare. Sono sette franchi tiratori". Al termine delle votazioni il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, ha immediatamente convocato i senatori della maggioranza per fare il punto su quanto accaduto.
E poco dopo arrivava una nota di critica anche dal Viminale per il quale la bocciatura da parte del Senato della norma che estende a diciotto mesi la permanenza dei clandestini nei Cie è un "grave errore perché sconfessa la direttiva europea sui rimpatri approvata solo pochi mesi fa e indebolisce la strategia di contrasto all'immigrazione clandestina che il governo sta portando avanti. Il governo - sottolineava ancora il comunicato - ritiene la norma un punto particolarmente qualificante dell'intero pacchetto sicurezza e pertanto la riproporrà alla Camera non appena il ddl sarà licenziato dal Senato".

[Informazioni tratte da Aise.it, La Siciliaweb.it, Ansa.it, Corriere.it]

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05 febbraio 2009
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