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Mentre Pyongyang ha rinunciato al nucleare, Teheran va avanti col suo programma atomico senza sentir ragioni

04 settembre 2007

Entro la fine del 2007 la Corea del Nord smantellerà tutte le sue installazioni nucleari. Ebbene, dopo anni di tensioni, minacce, negoziati falliti, la Corea di Kim Jong-il pone fine al braccio di ferro con gli Stati Uniti che dura da quattro anni.
L'annuncio è stato fatto a Ginevra dal mediatore statunitense Christopher Hill, al termine di due giornate di colloqui bilaterali con i delegati di Pyongyang che, secondo Hill, hanno prodotto risultati ''molto positivi e molto concreti'' e che contribuiranno al successo del prossimo meeting a sei (con Giappone, Russia, Corea del Sud e Cina), programmato per metà settembre a Pechino.
Una conferma è venuta dall'inviato di Pyongyang, Kim Kye-gwan, che si è detto soddisfatto dei negoziati: ''Abbiamo concordato molte cose, abbiamo dimostrato la chiara volontà di elencare e smantellare tutti gli impianti nucleari''.

''Abbiamo raggiunto un accordo che impegna Pyongyang a fornire una lista completa di tutti i suoi programmi atomici e lo smantellamento degli stessi entro la fine dell'anno'', ha dichiarato Hill. La lista include anche i programmi di arricchimento dell'uranio, che Washington considera funzionali allo sviluppo di tecnologia nucleare a fini bellici. Nel corso dei colloqui è stata anche affrontata la questione della strategia che verrà adottata per procedere ad un'eventuale cancellazione della Corea del Nord dalla lista degli 'Stati canaglia', la lista di quei Paesi che gli Usa accusano di spalleggiare il terrorismo. Un altro punto discusso dai delegati è stato il processo di normalizzazione delle relazioni internazionali tra Corea del Nord e altri Paesi, Giappone in testa.

Due anni fa Pyongyang aveva concordato nei negoziati a sei di abbandonare il suo controverso programma nucleare in cambio di aiuti economici e di aperture diplomatiche. Ma nell'ottobre del 2006 aveva effettuato il suo primo test nucleare, sollevando nuovi dubbi sulle sue reali intenzioni. Una nuova tornata negoziale a sei, il 13 febbraio scorso, aveva portato a nuove ispezioni dell'Aiea e alla chiusura a luglio del reattore nucleare di Yongbyon, che produceva plutonio utilizzabile per costruire l'atomica, in cambio di 50mila tonnellate di petrolio.
Gli ultimi accordi prevedono che questo nuovo passo sia compensato con 950.000 tonnellate di petrolio o l'equivalente in denaro da Corea del Sud, Cina, Russia e Stati Uniti.

E se la Corea del Nord rinuncia alla propria attività nucleare, l'Iran va avanti senza fermarsi proclamando di aver raggiunto la soglia di 3.000 centrifughe attive per l'arricchimento dell'uranio, e minacciando di nuovo di rivedere la politica di cooperazione con l'Aiea, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, se il Consiglio di sicurezza dell'Onu adotterà una nuova risoluzione contro Teheran. La repubblica islamica ''ogni settimana installa una nuova serie di centrifughe'', ha affermato ieri il presidente Mahmud Ahmadinejad, che si è anche scagliato contro i ''traditori'' iraniani che, secondo lui, hanno rivelato segreti del programma nucleare a Paesi stranieri e appoggiato le sanzioni imposte all'Iran.

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04 settembre 2007
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