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Mentre si aspetta che i costi della politica vengano tagliati, gli onorevoli parlamentari mangiano e bevono alla... loro

09 luglio 2007

I costi eccessivi della politica hanno letteralmente sminuzzato le scatole degli italiani. Sono passati decenni, si sono avvicendati governi, si sono denunciati puntualmente e questi sono rimasti sempre vergognosamente eccessivi. ''Non ci stiamo più'', abbiamo più volte gridato ''Noi Popolo sovrano'', e più volte c'è sembrato di sentire come risposta una pernacchia, provenire dai palazzi della politica. Il troppo però storpia, e allora con la minaccia dell'incombente ''ANTIPOLITICA'', il governo di turno ha dovuto pensare di mettere nella ''lista delle cose importantissime da fare per l'Itala'' la nota: ''TAGLIARE I COSTI DELLA POLITICA''.
Buona la nota, buoni i presupposti, ma... a quando l'azione concreta?

Venerdì mattina, il ministro Giulio Santagata, ministro per l'Attuazione del Programma di Governo, ha portato nella riunione del Consiglio dei ministri un provvedimento da discutere con tutti i colleghi, provvedimento che si riferisce proprio alla ''riduzione dei costi della politica''. Ventiquattro articoli che vanno dalla riduzione e l'accorpamento degli enti locali ai limiti per il finanziamento pubblico dei partiti, dai tagli poderosi alle auto blu a norme "rigorosissime" sulla trasparenza nell'affidamento degli incarichi pubblici. E poi: un limite dell'accumulo degli incarichi pubblici, l'abolizione cioè di quelle figure quasi mitologiche che riescono ad essere contemporaneamente sindaci, consiglieri, amministratori e altro.
Tutto ciò per un risparmio di 500 milioni di euro, all'incirca il dieci per cento alla voce ''costi della politica''. A qualcuno potrà sembrare che ''la montagna ha partorito il topolino'', per altri, e in particolare per chi ha messo in piedi l'opera, se le norme riusciranno ad andare a regime, si tratta di una vera e propria rivoluzione per la politica italiana i cui costi - oggi- sono calcolati intorno ai quattro miliardi di euro.

Bene, come sia sia, l'approvazione del provvedimento è stata rinviata alla prossima riunione, anche s il premier Prodi aveva deciso che non era più possibile rinviare. Invece...
C'è inoltre da fare una premessa: il provvedimento non riguarda i necessari tagli relativi al Parlamento, a deputati e senatori e al funzionamento delle due camere. Questa parte, infatti, potrà essere ritoccata solo con modifiche costituzionali. Camera e Senato, comunque, dicono di essere al lavoro per presentare il prima possibile una loro ipotesi di taglio.
E da qui cogliamo l'inizio di quello che sarà il vero tema dell'articolo, ossia i costi del Parlamento e di chi ci abita.
Vi ricordate quando all'inizio di giugno un comitato bipartisan, capeggiato da Rocco Buttiglione, aveva ufficialmente richiesto l'approvvigionamento di gelati per la buvette di palazzo Madama, così da ''adeguare i servizi del Senato alle esigenze della normale vita quotidiana delle persone''? (leggi), beh un articolo di Carmelo Lopapa, pubblicato giusto venerdì scorso su la Repubblica, ci ha illustrato quali sono i costi di gestione della buvette di Montecitorio, dove agli onorevoli deputati non fanno mancare né gelati, né tanto meno menù di gran classe. Solo che hai nostri rappresentati, le pregiate leccornie costano veramente poco, con un divario tra incassi e spese di uno a dieci...

Nove euro per pranzi che costano novanta
di Carmelo Lopapa (Repubblica.it, 6 luglio 2007)

I cavatelli al salmone fresco e zucchine serviti ieri erano una delizia (3,60 euro). Ma anche gli gnocchi di patate al pomodoro e basilico sembra che abbiano riscosso un certo successo (3 euro). Gli onorevoli più buongustai sono passati poi a dell'ottimo pescato del giorno (4,20 euro) e infine a una ghiotta ''scelta di dolci'' (1,80 euro). Il tutto per 9 euro, centesimo più, centesimo meno.
Peccato che quel pranzo sia costato alle casse della Camera dieci volte di più: 90 euro.

Che le cose andassero più o meno in quel modo, a Montecitorio, lo si sapeva da tempo. Solo che ieri mattina la frittata, è il caso di dire, è finita sul tavolo dell'Ufficio di presidenza, l'organismo che fa capo a Fausto Bertinotti e che sovrintende all'amministrazione del palazzo. Non tanto perché si è appreso che la ristorazione a beneficio dei 630 inquilini costa 5 milioni 232 mila euro l'anno, anche questo era noto. Ma perché si è scoperto che quella cifra, ripartita per il numero di deputati, fa lievitare la spesa per ogni singolo pasto appunto a 90 euro. Il calcolo, un po' grossolano ma significativo, è stato sottoposto ai colleghi da Gabriele Albonetti e dagli altri due deputati questori, per far capire che forse era giunto il momento di mettere un taglio a cotanto spreco.
Il clima di antipolitica montante che si respira fuori dal palazzo, c'è da giurarci, avrà pure avuto il suo peso. Sta di fatto che si corre per la prima volta ai ripari. Come? La soluzione individuata consiste nell'"affidamento all'esterno di una parte dei servizi di ristoro". Così, i 7 cuochi del reparto cucina e i 25 addetti, tra camerieri e operatori vari, per un totale di 32 "unità di personale" saranno destinati "alla professionalità di assistente parlamentare con le rispondenti qualifiche", ma anche al centralino, al "reparto riproduzioni e stampa", ai servizi radiofonici e televisivi.
Ora, cosa ci farà un cuoco al centralino non è dato sapere, ma il problema sarà affrontato in un secondo tempo. Per il momento, questa è la decisione adottata che si legge nella delibera del collegio dei questori varata dall'Ufficio di presidenza.

E nessuno ieri ha osato obiettare alcunché, coi tempi che corrono. Anche perché il risparmio stimato supera i tre milioni e mezzo di euro. A regime, infatti, sottrarre i pranzi e le (poche) cene dei deputati alla responsabilità diretta della Camera comporterà per l'amministrazione un costo complessivo di 1 milione 662 mila euro. D'altronde, tutto è affidato da un pezzo all'esterno anche al Senato. Per il momento e per una "fase sperimentale di diciotto mesi", i questori hanno deciso di affidare il servizio alla stessa società che finora ha gestito la mensa dei dipendenti, la "Onama". Così, senza una gara o un appalto. Perché solo al termine dell'anno e mezzo di prova si procederà a una selezione pubblica oppure, ecco la sorpresa nel provvedimento, "al ripristino della gestione interna". O funziona, oppure - se i deputati non dovessero gradire cotture e menù - si tornerà all'antico.

Ma l'Ufficio di presidenza non si è occupato solo del mantenimento in futuro di un buono standard dello "spezzato di manzo al vino rosso" e della dolorosa rinuncia alla cucina interna. Ha dovuto fare i conti anche con un'altra grana. Dopo mesi di dibattiti e buone intenzioni seguiti allo scandalo sollevato dalle "Iene" in tv sui 54 portaborse dei deputati con regolare contratto a fronte dei 683 collaboratori dotati di permesso di ingresso, dopo il giro di vite annunciato dai presidenti di Camera e Senato, Bertinotti e Marini, che avrebbe dovuto comportare la concessione dei nuovi badge solo agli assistenti messi in regola, ieri Montecitorio ha deciso di alzare bandiera bianca. E sì, perché dopo due proroghe della scadenza e molteplici appelli agli onorevoli, a consuntivo si è scoperto che solo 142 deputati hanno stabilizzato 182 collaboratori. E siccome il rischio era quello di lasciare fuori dalla porta i restanti 500 finora pagati in nero, con paghe da 400 a 800 euro, ecco l'escamotage che consentirà di fatto di proseguire come se nulla fosse: l'Ufficio di presidenza ha deciso di concedere il lasciapassare anche a collaboratori che svolgono una generica "attività di tirocinio", ma anche a pensionati disposti a collaborare gratuitamente o a dipendenti di enti e associazioni (e quindi anche di partiti). Per farla breve, si torna al passato. Tentativo fallito.

Oggi sarà la volta del Consiglio dei ministri, che inizierà ad esaminare il disegno di legge sui costi della politica studiato dal ministro Santagata, più volte annunciato e altrettante rinviato. Ma come ha anticipato anche ieri l'altro ministro che vi sta lavorando, Linda Lanzillotta, manca ancora il via libera delle Regioni, dunque oggi al più il testo (in 25 articoli) potrà essere solo esaminato. In ogni caso, quel documento non è sufficiente ad affrontare il problema dei costi nel suo complesso, secondo Antonio Di Pietro, che ieri ha presentato con Gianni Alemanno di An un piano bipartisan per abbattere le spese. Dal taglio delle tessere gratuite dei parlamentari alla riforma costituzionale che riduca la stessa rappresentanza politica.

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09 luglio 2007
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