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Merito, autonomia, valutazione

La scuola italiana secondo il neo ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini

12 giugno 2008

"Questa legislatura deve vedere uno sforzo unanime nel far sì che gli stipendi degli insegnanti siano adeguati alla media Ocse". Sono state queste le prime parole del ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini, illustrando nei giorni scorsi in commissione Cultura alla Camera il suo programma per la scuola. A sostegno della sua affermazione, il ministro Gelmini ha ricordato alcuni numeri. "Non possiamo ignorare - ha detto - che lo stipendio medio di un professore di scuola secondaria superiore dopo 15 anni di insegnamento è pari a 27.500 euro lordi annui, tredicesima inclusa. Fosse in Germania - ha aggiunto - ne guadagnerebbe 20 mila in più. In Finlandia 16 mila in più. La media Ocse è superiore ai 40 mila euro l'anno". Per il ministro, per adeguare gli stipendi bisogna "aggredire le cause dell'iniquità del sistema, mediocre nell'erogazione dei compensi, mediocre nei risultati, mediocre nelle speranze".
Concorde su questo primo punto anche il ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta. "Noi dobbiamo avere gli insegnati più bravi e pagati d'Europa. Attualmente non è così". "Benissimo - ha detto Brunetta - bisogna aumentare le retribuzioni degli insegnanti che sono una risorsa fondamentale del Paese. Bisogna aumentare la loro produttività, le loro competenze e il loro capitale umano".

Il neo ministro ha poi elencato i tre pilastri del suo programma: merito, autonomia, valutazione. Autonomia significa "valorizzare la governance degli istituti, dotarla di poteri e risorse adeguate", ma anche pretendere dalle scuole "capacità gestionale e di programmazione degli interventi". Capacità che deve essere giudicata con un sistema di valutazione "che certifichi in trasparenza come e con quali risultati viene speso il denaro pubblico". Merito, invece, vuol dire che "la scuola deve premiare gli studenti migliori", ma anche che devono esistere "sistemi premianti per il corpo docente e una valutazione del loro lavoro". In questo caso, il ministro Gelmini cita il programma del Partito democratico, che parla di "una vera e propria carriera professionale degli insegnanti che valorizzi il merito e l'impegno".

Un capitolo del programma della Gelmini è dedicato alla questione delle scuole private parificate con quelle statali. "L'istruzione è pubblica sempre, anche quando è svolta dalle scuole paritarie", ha ribadito Gelmini, che aveva già presentato una proposta di legge lo scorso febbraio, prima di diventare ministro, sulla "valorizzazione del merito nel sistema scolastico, nella pubblica amministrazione e nel mercato del lavoro". "Penso - ha affermato a proposito delle scuole paritarie - che si debba andare incontro alle famiglie che chiedono di poter esercitare la propria scelta educativa".
Il ministro non ha però chiarito se lo Stato pagherà i professori delle paritarie ("E' un ragionamento che valuteremo in commissione", ha detto), ma ha precisato che "bisognerà ragionare anche sulle risorse". E ha citato i dati dell'Agesc, l'Associazione dei genitori cattolici, secondo cui "il risparmio per l'erario determinato nell'anno corrente dell'assistenza di queste libere iniziative è di circa 5 miliardi e mezzo, a fronte di un contributo di circa 500 milioni di euro".

Il ministro è poi intervenuta sul tema del bullismo: "Non saranno più tollerati gli atti che non rispettano i compagni di classe, gli insegnanti, le strutture, il patrimonio comune". Ed ha anche sottolineato la necessità di abbandonare lo scontro politico nei centri di educazione. "Occorre - ha affermato il ministro - una presa di posizione lontana da inutili visioni ideologiche: il Paese ci chiede a gran voce di lasciare lo scontro politico fuori dalla scuola". Per renderlo possibile, è indispensabile "una grande alleanza" in cui tutti diano il proprio contributo "per il miglioramento della più grande infrastruttura del Paese".
Il ministro ha inoltre detto che le riforme legislative del sistema scolastico devono essere fatte solo se strettamente necessarie e comunque sempre e solo all'insegna della chiarezza e semplificazione. "Noi abbiamo bisogno di vero cambiamento, non di presunte riforme", ha spiegato. "Per troppi anni abbiamo investito le nostre energie sull'attività legislativa - ha continuato Gelmini - abbiamo imbullonato e sbullonato leggi e decreti, badando più al colore politico che alla sostanza dei problemi". Questa linea programmatica implica anche che non si debba "ripartire da zero ogni volta", secondo l'idea che è utile "preservare e mettere a sistema quanto di buono fatto dai miei predecessori". Proprio per questo, Gelmini non ha voluto ritirare la circolare sui debiti dell'ex ministro Fioroni.

Gelmini ha poi parlato della passata questione delle tre "I" (Inglese, Internet, Impresa) introdotte nelle legislature precedenti da Berlusconi, e ne ha aggiunto una quarta: l'Italiano. "La "I" di italiano, termine con cui ricomprendo l'antico trinomio, leggere, scrivere, far di conto". Gelmini ha sottolineato che nelle nostre classi ci sono quote sempre più ampie di studenti extracomunitari penalizzati dalla barriera linguistica. Barriera che bisogna abbattere, secondo la titolare del dicastero dell'Istruzione.

Mariastella Gelmini nell'illustrare il suo programma ha citato anche uno dei padri del partito comunista italiano, Antonio Gramsci: "Gramsci diceva che la fatica dello studio è l'unico fattore di promozione sociale. Lo studio è molto faticoso: è un percorso di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, a volte con la noia e la sofferenza".
Infine il neo ministro si è detta comunque positiva nei confronti del futuro della scuola italiana: "Non dobbiamo rassegnarci, non dobbiamo credere che la scuola italiana sia un malato terminale". Anche se "è necessario uno scatto d'orgoglio di tutti".

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12 giugno 2008
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