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Modigliani e Licini a Salemi

''La linea del cuore'' e ''Angeli ribelli e altri'': al Museo Civico di Salemi due grandi mostre a cura di Vittorio Sgarbi e Giada Cantamessa

29 dicembre 2009

Negli spazi espositivi del Museo Civico di Salemi è possibile visitare fino al fino al 15 febbraio 2010 la mostra "Amedeo Modigliani. La linea del cuore. Disegni e Dipinti 1910-1917", nove opere, poco conosciute al grande pubblico, del Maestro Modigliani, il più famoso degli artisti di religione ebraica, realizzate durante il lungo soggiorno francese dell’artista, provenienti da una collezione privata.
La Città di Salemi ospita dunque ancora una volta una grande mostra dopo quelle di Caravaggio, Rubens, Guercino, ideate da Vittorio Sgarbi e che hanno richiamato nella cittadina siciliana migliaia di visitatori paganti.
Sempre al Museo Civico è attualmente in corso la mostra di Osvaldo Licini dal titolo "Angeli ribelli e altri", venti disegni di proprietà della Galleria di Arte Contemporanea di Ascoli Piceno.
Le mostre, curate da Vittorio Sgarbi e coordinate da Giada Cantamessa, consentono un confronto fra le prove grafiche dei due pittori che strinsero amicizia a Parigi durante il primo conflitto mondiale e che furono accomunati da una reciproca sensibilità pittorica per la linea. Il tutto circondato da importanti oggetti sacri della tradizione ebraica concessi dalla Fondazione Orestiadi di Gibellina.

AMEDEO MODIGLIANI. BIOGRAFIA - Nato in Toscana da una famiglia ebraica - quarto figlio del livornese Flaminio Modigliani e di sua moglie, francese di nascita, Eugénie Garsin - crebbe nella povertà, dopo che l'impresa di mezzadria in Sardegna del padre andò in bancarotta. Fu anche afflitto da problemi di salute, dopo un attacco di febbre tifoidea, avuto all'età di 14 anni, seguito dalla tubercolosi due anni dopo.
Di salute assai cagionevole (cadrà più volte malato di polmonite, che infine si convertirà in tubercolosi), Dedo (così lo chiamavano i familiari) sin da piccolo mostrò una grande passione per il disegno, riempiendo pagine e pagine di schizzi e ritratti tra lo stupore dei parenti; e, durante un violento attacco della malattia, sarebbe riuscito a strappare alla madre la promessa di poter andare a lavorare nello studio di Guglielmo Micheli, uno dei pittori più in vista di Livorno, da cui apprenderà le prime nozioni pittoriche, e dove conoscerà, nel 1898, il grande Giovanni Fattori. Modigliani sarà così influenzato dal movimento dei Macchiaioli, in particolare dal Fattori stesso e da Silvestro Lega.
Nel 1902, Amedeo Modigliani si iscrisse alla Scuola libera di Nudo di Firenze, e un anno dopo si spostò a Venezia, dove frequentò l'Istituto per le Belle Arti di Venezia. È a Venezia che Amedeo provò per la prima volta l'hashish e, piuttosto che studiare, iniziò a passare il tempo frequentando i quartieri più infimi della città. Nel 1906, Modigliani si sposta a Parigi, che all'epoca era il punto focale dell'avant-garde, dove sarebbe diventato l'epitome dell'artista tragico, creando una leggenda postuma, famosa quasi quanto quella di Vincent Van Gogh. Sistematosi a Le Bateau-Lavoir, una comune per artisti squattrinati di Montmartre, fu ben presto occupato dalla pittura, inizialmente influenzato dal lavoro di Henri de Toulouse-Lautrec, finché Paul Cézanne cambiò le sue idee. Sicché Modigliani sviluppò un suo stile unico, l'originalità di un genio creativo, che era contemporaneo dei cubisti, ma non faceva parte di tale movimento. Modigliani è famoso per il suo lavoro rapido: si dice completasse un ritratto in una o due sedute. Una volta terminati, non ritoccava mai i suoi dipinti. Eppure, coloro che posarono per lui dissero che essere ritratti da Modigliani era come farsi spogliare l'anima.
Nel 1909, Modigliani fece ritorno alla sua città natale, Livorno, malaticcio e logorato dal suo stile di vita dissoluto. Non restò in Italia a lungo, e fece presto ritorno a Parigi, questa volta affittando uno studio a Montparnasse.
Egli si era inizialmente pensato come scultore più che come pittore, e iniziò a scolpire seriamente dopo che Paul Guillaume, un giovane e ambizioso mercante d'arte, si interessò al suo lavoro e lo introdusse a Constantin Brancusi. Questi appaiono antichi, quasi egizi, piatti e che ricordano una maschera, con distintivi occhi a mandorla, bocche increspate, nasi storti, e colli allungati. Anche se una serie di sculture di Modigliani venne esposta al Salone d'autunno del 1912, a causa delle polveri generate dalla scultura, la sua tubercolosi peggiorava; abbandonò quindi la scultura prima della pietra e poi anche del legno, e si concentrò unicamente sulla pittura.

Tra i suoi lavori si ricordano il ritratto del suo amico Chaim Soutine, e i ritratti di molti dei suoi contemporanei che frequentavano Montparnasse, come Moise Kisling, Pablo Picasso, Diego Rivera, Juan Gris, Max Jacob, Blaise Cendrars e Jean Cocteau. Suo più grande e fedele amico fu lo straordinario pittore Maurice Utrillo che visse gli stessi problemi di alcolismo che caratterizzarono la vita di Amedeo.
Il 3 dicembre 1917 si tenne alla Gallerie Berthe Weill la prima personale di Modigliani. Il capo della polizia di Parigi rimase scandalizzato dai nudi di Modigliani in vetrina, e lo costrinse a chiudere la mostra a poche ore dalla sua apertura. Quello stesso anno, Modigliani ricevette una lettera da una ex-amante, Simone Thirioux, una ragazza franco-canadese, che lo informò di essere di ritorno in Canada e di aver dato alla luce un suo figlio. Non riconobbe mai il figlio come suo, ma dopo essersi mosso a Nizza con la Hébuterne, questa rimase incinta, e il 29 novembre 1918 diede alla luce una bambina, che venne anch'essa battezzata Jeanne. Della Thirioux e del figlio, non si sono avute più notizie.
Mentre era a Nizza, un soggiorno organizzato da Léopold Zborowski per Modigliani, Tsuguharu Foujita e altri artisti, allo scopo di cercare di vendere i loro lavori ai ricchi turisti, Modigliani riuscì a vendere pochi quadri e solo per pochi franchi ciascuno. Nonostante ciò, mentre era lì produsse la gran parte dei dipinti che sarebbero infine diventati i suoi più popolari e di valore.
Durante la sua vita vendette numerose delle sue opere, ma mai per grosse somme di denaro. I finanziamenti che riceveva svanivano rapidamente in droghe e alcool. Nel maggio del 1919 fece ritorno a Parigi dove, assieme a Jeanne e alla loro figlia, affittò un appartamento in Rue de la Grande Chaumière. Mentre vivevano li, sia Jeanne che Modigliani dipinsero ritratti l'uno dell'altro e di tutti e due assieme. Anche se continuò a dipingere, per quel periodo il suo stile di vita era giunto a richiedere il conto, e la salute di Modigliani si stava deteriorando rapidamente.
I suoi "blackout" alcolici divennero sempre più frequenti. Dopo che i suoi amici non ne ebbero notizia per diversi giorni, l'inquilino del piano sotto al suo controllò l'abitazione e trovò Modigliani delirante nel letto, attorniato da numerose scatolette di sardine aperte e bottiglie vuote, mentre si aggrappava a Jeanne, che era quasi al nono mese di gravidanza. Venne convocato un dottore, ma c'era ormai poco da fare, poiché Modigliani soffriva di meningite tubercolotica. Ricoverato all'Hospital de la Charitè, in preda al delirio e circondato dagli amici più stretti e dalla straziata Jeanne, morì all'alba del 24 gennaio 1920. Alla morte di Modigliani ci fu un grande funerale, cui parteciparono tutti i membri della comunità artistica di Montmartre e Montparnasse. Modigliani venne sepolto nel cimitero di Père Lachaise nel primo pomeriggio del 27 gennaio.
Jeanne Hébuterne, che era stata portata alla casa dei suoi genitori, si gettò da una finestra al quinto piano, un giorno dopo la morte di Amedeo, uccidendo con sé la creatura che portava in grembo.
Oggi, Modigliani è considerato come uno dei più grandi artisti del XX secolo, e le sue opere sono esposte nei più grandi musei del mondo. Le sue sculture raramente cambiano di mano, e i pochi dipinti che vengono venduti dai proprietari possono raccogliere anche più di 15 milioni di Euro. Il suo "Nu couché" (Sur le côté gauche) venne venduto nel novembre del 2003 per 26.887.500 dollari.

OSVALDO LICINI. BIOGRAFIA - Pittore, poeta, raffinato narratore della linea sospesa tra la malinconia metafisica e la malinconia storica, è uno dei più importanti artisti del '900 italiano. Osvaldo Licini nasce a Monte Vidon Corrado, nelle Marche, il 22 marzo 1894. La sua formazione comincia nel 1908 con l’ingresso nell’Accademia di Belle Arti di Bologna dove conosce Giorgio Morandi, Mario Bacchelli, Giacomo Vespignani e Severo Pozzati. Il suo interesse si concentra subito sulle avanguardie francesi, coltivando parallelamente la lettura dei primi cataloghi sull’Impressionismo.
Partito volontario nel 1915, in seguito a una grave ferita, viene congedato e nel nel 1916 si reca a Parigi dove la famiglia abitava fin dal 1902. Qui, il 18 maggio del 1917, assiste alla celebre prima di "Parade" al Teatro dello Châtelet, sostenendo con giovanile entusiasmo l’opera di Picasso e Cocteau da lui conosciuti al Cafè de la Rotonde, insieme a Kisling, Zborowski e Modigliani. Di quest’ultimo divenne particolarmente amico, discutendo spesso delle avanguardie che si stavano allora affermando. Nella capitale francese espone a tre Salons d’Automne e a tre Salons des Indipéndants, nonché a una mostra di pittori italiani a Parigi organizzata da Mario Tozzi.
Al periodo parigino, che si protrarrà fino al 1926, Licini alterna, nel 1920 e nel 1923, dei soggiorni a Saint-Tropez e in altre località della Costa Azzurra.
Dopo aver partecipato con tre opere a una mostra del Novecento Italiano, con la pittrice svedese Nanny Hellstrom, sposata nel 1925, torna in Italia ritirandosi nel piccolo paese marchigiano di Monte Vidon Corrado. Qui visse come un eremita fino alla morte anche se sono da registrare diversi viaggi a Parigi, in Svezia e in altre paesi europee.
Fino al 1930, secondo una sua nota autografa, i differenti periodi della sua pittura si possono dividere così: 1913-1915 Primitivismo fantastico; 1915-1920 Episodi di guerra (quasi tutti distrutti); 1920-1930 realismo.
Dopo questa data , e fino circa al 1940, Licini si interessò di astrattismo, distruggendo, con severa autocritica buona parte delle tele del periodo precedente. Nel 1933 scriveva infatti a Marchiori: "Da due anni però ho cambiato bruscamente strada. Per molte buone ragioni, di cui sono convintissimo, adesso non dipingo più dal vero".

Nel 1934 viene fondato, presso la Galleria del Milione, il gruppo degli astrattisti italiani composto da Licini, Fontana, Reggiani, Soldati, Veronesi, Melotti e Ghiringhelli. La loro uscita pubblica coincide, nel marzo del 1935, con la "prima mostra collettiva di arte astratta italiana" nello studio di Casorati e Paolucci a Torino. Per Licini, che in novembre si reca a Parigi dove conosce tra gli altri Kandinsky, Magnelli, Herbin e Kupka, risulta fondamentale la lettura di "Kn" il libro di Carlo Belli, ispiratore, sostenitore e teorico del primo astrattismo italiano.
Dopo la Seconda Guerra mondiale, l’artista riappare a Venezia, nel 1948, per la XXIV Biennale. Nella XXV edizione, espone le famose nove Amalasunte dipinte nell’eremo di Monte Vidon Corrado, il paese del quale nel frattempo era divenuto sindaco.
Dal 1950 comincia il periodo più intenso e bello dell’opera di Licini ora intento a terminare i molti studi tracciati sulle carte. Il successo ormai crescente della sua arte è suggellato dalla presentazione da parte di Apollonio della personale alla XXIX Biennale del 1958. Sono 41 le opere esposte e Licini viene insignito del Gran Premio Internazionale per la pittura. Poco dopo aver visitato la mostra di Pisanello a Verona, muore a Monte Vidon Corrado l’11 ottobre 1958. Qualche tempo prima aveva scritto a Marchiori: "Sono diventato un angelo abbastanza ribelle, con la coda, e qualche volta mi diverto a morderla questa coda".

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29 dicembre 2009
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