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Musikanten

La seconda pellicola del cantautore siciliano, incompresa, fischiata e derisa allo scorso Festival di Venezia

15 marzo 2006


 






Noi vi segnaliamo...
MUSIKANTEN
di Franco Battiato

Musikanten è un programma televisivo di successo curato da Marta, bella e single, assieme al suo collega Nicola. Marta presenta al direttore di rete un nuovo programma. Si tratta di un progetto che mira a coinvolgere studiosi di varie discipline, che hanno in comune l'obiettivo di aprirsi a settori, normalmente, definiti non scientifici. Da qui la ricerca dei vari personaggi. L'incontro con uno di questi, uno sciamano che vive isolato in una strana casa costruita dentro una roccia, conduce Marta a sottoporsi a un esperimento di ''ipnosi regressiva''. L'esperimento rivela a Marta, ossessionata da Beethoven, dalla sua figura, dal suo genio e di cui ne ascolta ripetutamente la musica, che forse in una vita precedente, lei era il principe Lichnowsky, amico e mecenate di Beethoven...
Da qui il film mette in scena gli ultimi tre-quattro anni della vita del compositore Ludwig van Beethoven, visti da una prospettiva insolita.


Distribuzione L'Ottava Srl (2006)
Durata 92'
Regia Franco Battiato
Con Sonia Bergamasco, Chiara Conti, Fabrizio Gifuni, Alejandro Jodorowsky, Chiara Muti
Genere Biografico


La critica
''A Franco Battiato [...] la catastrofica accoglienza riservata a 'Musikanten', il suo secondo film presentato nella sezione Orizzonti, gli farà forse capire che al cinema e persino ai festival non si può più tirare come se niente fosse la corda dell'intellettualismo pretenzioso e dello sperimentalismo deteriore. Le conclamate (come non si dovrebbe mai fare) credenziali filosofiche stanno, insomma, a zero se non si padroneggiano il tema e le intenzioni e si guardano dall'alto - magari con una smorfia di schifo - l'abicì del mestiere e l'infinita pazienza dello spettatore. (...) all'impietosa prova dello schermo, il film non dice niente di nuovo, amministra moralette dozzinali, scarta nell'etica e nell'estetica, abbandona gli attori già di per sé indecisi (Sonia Bergamasco, Fabrizio Gifuni, Michela Cescon, Antonio Rezza, Chiara Muti e addirittura l'incolpevole Alejandro Jodorowsky) in uno spazio pantomimico penoso e redige involontariamente una sorta di manuale, a suo modo memorabile, dei danni provocati dalla cosiddetta arbitrarietà d'autore.''
Valerio Caprara, 'Il Mattino'

''È un 'nuovo partito democratico mondiale' dalle finalità totalitarie, laiche e fondamentaliste, contro il quale Battiato chiama a raccolta, come deterrente snob e aristocratico (ma il flash di Antonio Rezza riequilibra la pretenziosità del tono) il 'genio' destabilizzante, e altrettanto ambizioso, che è in noi, per quanto sopito. Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni (nel primo movimento) sanno estrarne esemplari estremi nei paesi Baltici, per un programma tv, benedetto da un inverosimile-plausibile funzionario Rai (gestione Pound), a caccia di profeti nascosti. Come Mekas... O come Beethoven (secondo movimento) simbolo della furia romantica dell'individuo contro i sistemi musicali, teologici e ontologici dominanti (e chi meglio di Jodorowski, decostruttore perfino dell'eco-religione, poteva impersonarlo?). I fischi al Lido non sono solo cinismo di claque e ''pr'' che Müller fa male a aizzare. Battiato provoca, come a Atene, o nel Globe, l'argento vivo del pubblico. Anche se Pushkin e Wittgenstein avrebbero diritto di replica''.
Roberto Silvestri, 'Il Manifesto'

''Musikanten è un film imbarazzante: si sta male a vederlo, per la sciatteria della confezione, per l'assurdità di alcuni snodi narrativi, per la discontinuità della recitazione, per le frasi insulse che gli attori sono costretti a pronunciare. Nella prima metà, Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco sono due autori televisivi in giro per il mondo a intervistare scienziati e intellettuali; nella seconda, grazie alle virtù di un improbabile mistico, lei riesce a entrare in un proprio sogno ricorrente e a incontrare Ludwig van Beethoven. Il film diventa così una ridicola messinscena del primo '800, in cui il grande musicista si confronta con la propria sordità e con la grettezza del mondo che lo circonda. L'unica cosa simpatica del film è la presenza, nel ruolo di Beethoven, del famoso regista-filosofo cileno Alejandro Jodorowsky. Per il resto Musikanten è la sintesi più pregnante di tutti i mali del cinema italiano: preferivamo Battiato quando, a sua volta, a Beethoven e a Sinatra preferiva l'insalata''.
Alberto Crespi, 'l'Unità'

Il film è stato in concorso alla 62ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia(2005) nella sezione ''Orizzonti''

Intervista a Franco Battiato (Primissima.it)
Beethoven, misticismo, pop, televisione, reincarnazione, yoga e ''Jodo'' (nel senso di Alejandro Jodorowsky protagonista del film), Franco Battiato ce li ha messi proprio tutti i suoi amori in questo Musikanten. Infischiandosene del senso del ridicolo, rischiando risate in sala che puntualmente, al festival di Venezia, sono arrivate.

Come mai proprio Beethoven?
''Perché è modernissimo, aveva un modo di scrivere pieno di giochi, iniziava con una consonante e finiva con una vocale... tanto per dirne una''.
Beethoven è modernissimo, d'accordo. Ma lei, ai tempi di  ''Bandiera bianca'', non era quello che gli preferiva l'insalata?
''Luciano Berio diceva che un cantautore per una rima sarebbe disposto a vendere la propria madre. Ecco, esatto, è questo il caso. Il mio giudizio su Beethoven non è mutato negli anni, la storia dell'insalata aveva intenti ironici, scherzosi''.
Come in Perduto amor anche in Musikanten, l'impostazione estetica è rigorosamente antinaturalistica, a partire dalla recitazione degli attori...
''Certo è un film antinaturalistico e così la recitazione. Io non sono interessato al naturalismo, in genere. Ma c'è una cosa che è peggio del naturalismo, molto peggio...''
Cosa?
''Il finto realismo. Ha presente quegli attori americani che si parlano addosso, sputandosi quasi in faccia? Ecco a me questo mi mette perfino in imbarazzo''.
Come mai nel ruolo di Beethoven ha scelto un non attore, Alejandro Jodorowsky?
''Avevo bisogno di una personalità che potesse interpretare e rendere la qualità verticale dell'individuo, lui era perfetto''.
Nel film, senza con questo svelarne troppo la trama, ci sono due ricercatori che tentano di usare la Tv per programmi sperimentali. Lei pensa che esista un pubblico per questo genere di cose?
''Sì, esiste un pubblico, eccome''.
Lei saprà senza dubbio che in sala ci sono state reazioni forti, fischi, risate. Che effetto le fa? Le dispiace, le fa piacere?
''Piacere no, visto che non sono un masochista. Il pubblico può criticare il regista, reagire come vuole, è un suo diritto di spettatore. Allo stesso modo un regista non può criticare il pubblico, dunque mi astengo''.
Si aspettava un po' di impopolarità o no?
''Credo che le reazioni siano state e saranno comunque diverse, c'è chi è più in sintonia con le cose che faccio, chi meno. Se sei capace di ascoltare e assistere vuol dire che ti interessa, senti quello che hai davanti sennò ti alzi e te ne vai. E poi non è che uno possa piacere a tutti, anzi meno male che non piace a tutti. Io sono per un pubblico d'elite da sempre, eppure stranamente ho avuto anche un discreto successo commerciale...''.
Nel film c'è un uso misto della riprese: una macchina da presa e diverse macchinette digitali, giusto?
''Cinque macchinette e una macchina da presa, giusto. E' più divertente, oltre che meno dispendioso''.
Si possono fare davvero i  film con pochi soldi secondo lei? E visto che fare musica costa meno e ci si espone a rischi minori, lei investirà ancora sul cinema?
''Certo, ho già in mente un terzo lavoro. E sì, si possono fare film con pochi mezzi''.
Prima la musica, poi la pittura e ora il cinema. Come mai? Si è stufato di fare il musicista?
''No, tutt'altro. Vede, io parto dal presupposto che cambi il mezzo, ma la canzone rimane la stessa. Per questo mi definisco un autore''.
Quanto c'è del vero Beethoven nel personaggio del film?
''Molto, un tempo grazie alle lettere, alla diffusa pratica epistolare, rimaneva molto della personalità di un uomo. Il suo carattere, così come lo vediamo agire nel film, è verosimile''.
Il film sembra anche suggerire che l'amore per la musica sia un viaggio spirituale, senza timore di dirlo, in modo semplice, ma molto articolato sul fronte dei segni, senza alcuna paura del ridicolo...
''Credo proprio di sì. Ma non è che ci sia una tesi sotto, è semplicemente una parte di percorso nella messa a punto di un linguaggio, quello che faccio da sempre''.
Nel film si respira la voglia di ritrovare o riscoprire una smarrita eleganza del pensiero. Si avverte un po' di pessimismo rispetto al mondo contemporaneo, o no?
''Sono uno che viaggia, molto. Che vede parecchi canali stranieri e mi sembra che ovunque... negli aeroporti, ovunque... siano pronte a uscire allo scoperto nuove camicie nere. Non è per proteggerci che fanno tutto questo, il controllo non è mai protezione. Qui siamo alle prove generali, e ripeto non è  un fatto solo italiano''.

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15 marzo 2006
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