Nasce il mediatore economico e culturale per chi investe in Tunisia
Una ricerca della delegazione commerciale dell'Istituto per il commercio estero di Tunisi ha radiografato 725 imprese italiane.
Di queste, il 40 per cento è attiva nel settore tessile e dell'abbigliamento, il 20 per cento nel chimico e gomma, l'8 per cento meccanico e metallurgico, il 6 per cento nell'agroalimentare e agricolo.
I siciliani, in particolare, sono orientati verso questi ultimi due settori.
Rispetto al 1999, il fenomeno è cresciuto notevolmente (erano 368 le imprese italiane).
Quindi è praticamente raddoppiato.
Per aiutare chi avesse intenzione di investire capitali in Tunisia, una nuova figura professionale è in grado di accompagnare l'imprenditore in tutti i gradini per l'internazionalizzazione dell'impresa e nello stesso tempo per dare informazioni di carattere culturale e sulle forme giuridiche d'impresa, secondo le leggi del paese nordafricano prescelto.
In genere le società del settore privato sono disciplinate dal Codice civile tunisino che si rifà a quello francese.
Il "mediatore economico e culturale" (esiste un master in Economia politica dei paesi del Mediterraneo alla Libera Università italoaraba) accompagna le imprese a superare il primo ostacolo dato dalle differenze culturali e religiose.
L'imprenditore italiano scopre ritmi lavorativi molto più lenti rispetto a quelli europei, ma non per questo di basso livello, deve poi confrontarsi con la flessibilità negli orari, le tradizioni e i costumi locali, al fine di farsi accettare a pieno titolo dalla popolazione e bene integrarsi.
E' compito del mediatore di monitorare gli incontri tra le imprese, assistere nell'iter burocratico, dare sostegno nella fase di start-up, evitare "gaffe" dovute ad ignoranza dei modi di agire e sentire del paese ospite.