Natale a Regalpetra
di Leonardo Sciascia
- Il vento porta via le orecchie - dice il bidello.
Dalle vetrate vedo gli alberi piegati come nello slancio di una corsa.
I ragazzi battono i piedi, si soffiano sulle mani cariche di geloni.
L'aula ha quattro grandi vetrate: damascate di gelo, tintinnano per il vento come le sonagliere di un mulo.
Come al solito, in una paginetta di diario, i ragazzi mi raccontano come hanno passato il giorno di Natale: tutti hanno giuocato a carte, a scopa, sette e mezzo e ti-vitti (ti ho visto: un gioco che non consente la minima distrazione); sono andati alla messa di mezzanotte, hanno mangiato il cappone e sono andati al cinematografo.
Qualcuno afferma di aver studiato dall'alba, dopo la messa, fino a mezzogiorno; ma è menzogna evidente.
In complesso tutti hanno fatto le stesse cose; ma qualcuno le racconta con aria di antica cronaca: ''La notte di Natale l'ho passata alle carte, poi andai alla Matrice che era piena di gente e tutta luminaria, e alle ore sei fu la nascita di Gesù''.
Alcuni hanno scritto, senza consapevole amarezza, amarissime cose:
''Nel giorno di Natale ho giocato alle carte e ho vinto quattrocento lire e con questo denaro prima di tutto compravo i quaderni e la penna e con quelli che restano sono andato al cinema e ho pagato il biglietto a mio padre per non spendere i suoi denari e lui lì dentro mi ha comprato sei caramelle e gazosa''.
Il ragazzo si è sentito felice, ha fatto da amico a suo padre Pagandogli il biglietto del cinema...
Ha fatto un buon Natale. Ma il suo Natale io l'avrei voluto diverso, più spensierato.
''La mattina del Santo Natale - scrive un altro - mia madre mi ha fatto trovare l'acqua calda per lavarmi tutto''.
La giornata di festa non gli ha portato nient'altro di così bello. Dopo che si è lavato e asciugato e vestito, è uscito con suo padre ''per fare la spesa''. Poi ha mangiato il riso col brodo e il cappone.
''E così ho passato il Santo Natale''.