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Ne uccide più l'ospedale che gli incidenti stradali... Ogni anno in Italia 15mila medici vengono citati in giudizio

29 giugno 2007

La notizia che arriva dall'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Bergamo, uno degli istituti più rinomati a livello internazionale, fa letteralmente accapponare la pelle: si rischia maggiormente la vita in una corsia d'ospedale che in un'autostrada affollata.
Negli Stati Uniti, per esempio, per ogni americano che muore a causa di un incidente stradale, ce ne sono almeno due che perdono la vita a causa di un errore medico. ''Ma non c'è ragione per non pensare che sia così anche da noi, in Italia'', ha detto Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto Mario Negri, che nei giorni scorsi ha partecipato a un convegno sul contenzioso tra medico e paziente, presieduto dal ministro di grazia e giustizia Clemente Mastella.

''Gli errori medici in Usa - ha spiegato l'esperto - hanno ucciso nel 2005, 90 mila pazienti; nello stesso anno i morti per incidenti stradali sono stati 45 mila, 42 mila quelli per tumore al seno, e 16 mila i morti per Aids''. Proporzioni che, grosso modo, possono rispecchiare la realtà italiana. Di conseguenza non può essere un caso se nel mondo si moltiplicano le denunce ai medici: annualmente solo in Italia (dove secondo l'Organizzazione mondiale della sanità il sistema sanitario è tra i migliori al mondo e dove ogni anno si registrano circa 15 milioni di ricoveri, 4,5 milioni di interventi chirurgici, 20 milioni di accessi ai pronto soccorso e miliardi di prestazioni sanitarie), sono 15 mila i medici che affrontano cause di risarcimento avviate dai pazienti. Di questi, due terzi vengono assolti ''per non aver commesso il fatto'', ma questo non toglie che ''otto chirurghi su dieci sono o sono stati indagati''. L'esperto ha però precisato che ''bisogna distinguere fra medico e ospedale, e a sbagliare non è quasi mai il singolo operatore, ma la struttura''.

Ma cosa si potrebbe fare per ridurre il numero dei contenziosi? Secondo il dr. Remuzzi ''bisogna innanzitutto curare solo chi è malato e solo con terapie di provata efficacia. Poi bisogna distinguere tra la responsabilità del singolo medico e quella dell'organizzazione all'interno della clinica''. Ma, soprattutto, deve cambiare il rapporto tra il medico e il paziente, in modo da distribuire tra questi due soggetti la responsabilità: ''Il medico - ha spiegato il direttore dell'Istituto farmacologico - dovrebbe essere un consulente, che spieghi al paziente tutti i vantaggi e gli svantaggi di un intervento, gli effetti collaterali, discutere dei possibili rischi. Ma è il paziente a dover decidere se farsi curare. Se si fa così, è più difficile arrivare ad una conflittualità''.

Secondo il Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva ci vorrebbe invece un maggiore impianto tutelare per i pazienti e degli strumenti che permettano una vero monitoraggio del fenomeno. ''Da diversi anni chiediamo che si istituisca un registro ufficiale degli errori nella pratica medica e diagnostica - afferma l'organizzazione in una nota -. Questo permetterebbe non solo di avere finalmente una fonte ufficiale, ma anche di evitare il rincorrersi di dati basati solo su stime''. Secondo il Tribunale per i diritti del malato, infatti, i numeri forniti dal Mario Negri sono dubbi perché ''in Italia non esistono dati ufficiali''. ''Inoltre, - aggiunge il Tdm - se è pur vero che molti degli errori sono imputabili alla cattiva organizzazione, troppo spesso invece i danni ai cittadini derivano proprio da errori degli operatori. Tutto sta nel cercare di prevenirli e monitorarli''.

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29 giugno 2007
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