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Negativi punti fermi

Dalla relazione semestrale della Dia al Parlamento: "La mafia arretra, ma Messina Denaro e il voto di scambio sono punti fermi"

20 settembre 2013

Cosa nostra attraversa una fase di "arretramento" per il "progressivo depauperamento delle risorse causato, tra l'altro, dagli interventi di organi investigativi sui patrimoni delle consorterie". Nel contempo "mostra segnali di una progettualità volta alla riorganizzazione e riaffermazione del proprio potere".
E' quanto sostiene la Direzione investigativa antimafia nella relazione al Parlamento sul secondo semestre 2012.

Cosa nostra vive un ricambio generazionale, con una struttura sempre meno conforme agli schemi con mandamenti e famiglie. La leadership di Matteo Messina Denaro, capo della mafia trapanese, "resta indiscussa"; il latitante è "in grado di godere di una rete di sostegno e protezione vasta e articolata".
Secondo la Dia, inoltre, il calo delle denunce non dà un'idea esatta delle proporzioni e dell'estensione del fenomeno del voto di scambio. "La riduzione registrata nell'ultimo anno dei valori già esigui inerenti ai soggetti denunciati/arrestati per il delitto di cui all'art. 416 ter del codice penale sullo scambio elettorale politico-mafioso - spiega la relazione - non sembra rendere nella dovuta misura il fenomeno dell'inquinamento mafioso del voto. Tale discrasia va posta in relazione alla ridotta estensione del dettato normativo, che limita la fattispecie delittuosa alla sola dazione di denaro".

Più in generale, in relazione al rapporto mafia-politica, la relazione della Dia segnala come "lo scioglimento di tre Consigli comunali per infiltrazioni mafiose, il commissariamento di una amministrazione comunale e i riscontri investigativi dimostrano che, anche nel semestre in esame, l'area di contiguità tra politica, imprenditori e mafia si è consolidata in un vero e proprio sistema criminale, proteso a esercitare un concreto potere decisionale di ogni singolo aspetto del vivere sociale, economico e politico".

Tre degli elementi negativi presenti nella relazione e indicati dalla Dia come "punti fermi", ossia la leadership di Matteo Messina Denaro, la mafia e l’imprenditoria, fanno parte di un recentissimo fatto di cronaca riguardante Vito Nicastri, l'imprenditore trapanese definito il "re dell'eolico" al centro di numerose indagini.
La Direzione investigativa antimafia di Palermo ha infatti confiscato a Nicastri altri beni per un valore di oltre 3 milioni e 500 mila euro. Il provvedimento si va a sommare all'altra confisca dell'aprile scorso di 1 miliardo e 300 milioni di euro.
Il patrimonio di Nicastri, che opera nel settore delle energia alternative, è stato ritenuto frutto del reinvestimento di capitali di provenienza illecita. Tra i beni sottoposti ieri a confisca numerosi conti correnti e rapporti finanziari, attestati presso istituti di credito in Sicilia e Lombardia.

Il provvedimento di confisca è stato disposto dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani. La misura scaturisce da un'ulteriore attività istruttoria avviata dai magistrati sulla proposta di applicazione di misure di prevenzione patrimoniale e personale avanzata dal Direttore della Dia, che ha già consentito di confiscare a Nicastri un patrimonio del valore di oltre un miliardo e 300 milioni di euro. Il Tribunale di Trapani ha ritenuto sussistenti le argomentazioni già espresse in quel decreto di confisca, circa la connotazione, quale provento dell'attività illecita, anche dei beni sottoposti all'odierna confisca.
L'attività imprenditoriale di Vito Nicastri, specializzato nello 'sviluppo' di impianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili, è consistita nella realizzazione e nella successiva vendita, chiavi in mano, di parchi eolici e fotovoltaici con ricavi milionari. Le indagini hanno confermano i collegamenti dell'imprenditore trapanese con noti esponenti mafiosi, vicini al boss latitante Matteo Messina Denaro.

- Colpito il re del vento siciliano (Guidasicilia.it, 03/04/13)

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20 settembre 2013
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