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Nel 2016, in quattro ospedali siciliani non nasceranno più bambini

Il Ministero della Salute ha chiuso i punti nascita di Petralia Sottana, Santo Stefano di Quisquina, Lipari e Mussomeli

04 gennaio 2016

In quest’anno appena iniziato, a Petralia Sottana, Santo Stefano di Quisquina, Lipari e Mussomeli non nasceranno più bambini.
Annunciato già nelle settimane scorse, hanno chiuso i battenti i punti nascita con meno di 500 parti ritenuti al di sotto degli standard di sicurezza. Il Ministero della Salute non ha concesso la deroga che aveva chiesto l'assessore Baldo Gucciardi. Solo i reparti di Licata e Bronte sono stati salvati in extremis dal ministro Beatrice Lorenzin.
Un'accelerazione annunciata subito dopo il caso Nicole, la neonata nata alla clinica Gibiino di Catania e morta poco dopo mentre si cercava un posto in Rianimazione, e rimessa in discussione dal nuovo assessore che aveva provato a giocarsi l'ultima carta con Roma rimettendo rivedendo la rete varata dal suo predecessore Lucia Borsellino.

Insomma, per quanto riguarda le partorienti delle Madonie, devono andare altrove, a Palermo o al San Raffaele Giglio di Cefalù, più vicino ma pure a rischio chiusura: è in regime di proroga fino al 31 dicembre del 2016. Per la verità, già molte donne avevano rinunciato a partorire a Petralia dove nel 2014 sono nati poco più di 80 bambini, una media di 5 al mese. E da giugno scorso una circolare dell'assessorato aveva invitato i direttori generali a dismettere progressivamente l'attività attivando le guardie attive ginecologiche e i servizi alternativi. Con una mail di posta certificata giunta il 31 dicembre in assessorato il ministero ha messo i sigilli sul reparto Ostetricia e Ginecologia dell'ospedale Madonna dell'Alto. Il reparto garantirà esclusivamente le emergenze giudicate tali dal personale medico che dalle ore 20 resterà in servizio con turni di reperibilità. Inoltre dalla stessa ora il servizio del 118, sul territorio madonita, è garantito solo da tre ambulanze senza nessun medico e infermiere a bordo delle stesse. E' previsto solo un autista ed un portantino.

Dopo la decisione della chiusura e le conseguenti polemiche, il ministro Lorenzin, ha scritto la seguente nota: "Io non ho dimenticato la piccola Nicole. Le amministrazioni che gestiscono la salute devono tutelare la vita delle donne in gravidanza e dei neonati, e ridurre al massimo i fattori di rischio. Deve essere chiaro a tutti che dobbiamo garantire un parto sicuro, e si partorisce in sicurezza solo in strutture al di sopra dei 500 parti annui, che garantiscono accesso alla rete di assistenza neonatale, pediatrica e di emergenza in caso di complicanze per la madre. Negli altri casi nessuno può assicurare che a fronte di complicazioni ci siano gli strumenti per intervenire".
"Troppo spesso le pressioni dei territori hanno interferito su scelte che devono essere prese in base a parametri di sicurezza - continua il ministro nella nota -. Proprio i casi di morte in Sicilia, e in particolare il caso della piccola Nicole ci ha spinto alla realizzazione di nuove linee guida per la costruzione di una rete di emergenza-urgenza neonatale che mettesse in sicurezza tutto il territorio nazionale. La politica deve essere capace di consegnare ai cittadini presidi sicuri, grazie a strutture efficienti e personale numericamente adeguato. Invece di chiedere il mantenimento di un presidio che non può assolutamente garantire un parto in sicurezza, bisogna pretendere la realizzazione di percorsi nascita adeguati, specie nelle zone più disagiate: presa in carico e monitoraggio della gestante, rete dell'urgenza, rete neonatale e autorizzare deroghe nelle aeree più difficili da raggiungere solo se si possono garantire i requisiti minimi di assistenza pediatrica e neonatale".

Nella nota del ministro, infine, un invito alla Regione affinché "proceda al più presto a quelle assunzioni attese da tempo avviando i concorsi in Sicilia per i medici, determinando tra l'altro quelle carenze sulla pediatria che non garantiscono la copertura prevista per legge per i punti nascita sotto un tot di parti. Oltre questo, ci sono dato oggettivi: a fronte della legge che sancisce in cinquecento il numero minimo di nascite annuo per essere "sicuri", a Petralia sono nati solo 128 bambini nel 2014, uno ogni tre giorni, senza nessuna prospettiva di aumento per i prossimi anni. L'indagine presentata nel corso delle audizioni del Comitato Percorso Nascita nazionale ci dicono che le donne di quel territorio hanno già scelto altre strutture più sicure dove partorire".
Come già accennato, il Comitato ha deciso di concedere deroghe provvisorie esclusivamente ai punti nascita di Licata e Bronte. "Le due strutture - dice la Lorenzin - pur non raggiungendo per poche decine il numero di cinquecento parti, sono fortemente attrattive per la popolazione di un vasto circondario e presentano i requisiti necessari".

Ieri, i sindaci del comprensorio madonita e alcune mamme in attesa del parto, si sono ritrovati davanti all'ospedale "Madonna dell'Alto" di Petralia Sottana per protestare contro la chiusura. "La chiusura della struttura di Petralia - ha detto il sindaco Santo Inguaggiato - priverà le Madonie di un presidio sanitario indispensabile: il punto nascite più vicino è distante circa 70 chilometri. Nel periodo invernale la neve creerà problemi seri ai collegamenti. Non ci saranno più le condizioni di sicurezza necessarie per la vita delle mamme e dei neonati".
A Petralia Sottana sono intervenuti anche i sindaci di Petralia Soprana e di Gangi. Proteste vengono annunciate anche a Santo Stefano Quisquina (Agrigento) e a Mussomeli (Caltanissetta), dove i punti nascita sono stati tagliati.

- Il paradosso di Petralia, più aborti che parti di Sara Scarafia (Repubblica/Palermo.it)

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04 gennaio 2016
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