Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

Nel 'buco nero' della Libia

La Libia "espelle" l'Alto Commissariato Onu per i rifugiati. "L'organizzazione svolge un'attività illecita"

09 giugno 2010

Lunedì scorso una motovedetta libica ha intercettato un barcone con una ventina di migranti, in navigazione nel Canale di Sicilia, che all'alba aveva lanciato l'Sos con un telefono satellitare. L'imbarcazione, avvistata nella mattinata da un aereo militare italiano Atlantic, è stata bloccata a circa 40 miglia a Sud di Lampedusa, in acque di competenza maltese per le operazioni Sar. Tra gli extracomunitari a bordo, in gran parte eritrei e somali, vi sarebbero anche un bambino di pochi mesi e tre donne.

Ieri l'Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), parlando con la stampa, ha palesato la propria preoccupazione per la sorte dei migranti, risultati essere per la maggior parte cittadini eritrei. Stando a quanto precisato dall'Unhcr i passeggeri del barcone hanno atteso quasi 24 ore prima che qualcuno raccogliesse la loro richiesta di aiuto. "A bordo c'erano tre donne e un bambino di 8 anni", ha detto il portavoce Melissa Fleming. "Richieste di aiuto sono arrivate domenica sera, anche all'Unhcr, e trasmesse alle autorità marittime maltesi e italiane", ma "la barca non è stata soccorsa se non nel pomeriggio di lunedì, e da navi libiche", ha riferito ancora Fleming. Domenica sera, la barca si trovava "all'interno o vicino alla zona di ricerca e di soccorso di Malta, e soltanto a circa 40 miglia nautiche dall'Italia", ha sottolineato. "Si è rischiata una drammatica tragedia umana. E ci chiediamo perchè gli aiuti hanno tardato tanto", ha aggiunto Fleming. Nonostante l’imbarcazione si trovasse nell’area di Ricerca e Soccorso (Sar) di competenza maltese o comunque nei suoi pressi - a sole 40 miglia nautiche dall’Italia - ci sono volute circa 24 ore per portare a termine il salvataggio. Secondo le ultime notizie, tutti i passeggeri sono stati riportati in Libia, dove era iniziato il loro viaggio.  A Malta e in Italia la maggior parte degli eritrei ottiene una forma di protezione. In Libia, paese che non è firmatario della Convenzione del 1951 e non possiede un sistema nazionale di asilo, l’Unhcr teme che queste persone non possano avere la stessa garanzia.

Nella stessa conferenza stampa, Melissa Fleming ha confermato la chiusura dell'ufficio a Tripoli dell'agenzia Onu, ordinata dalle autorità libiche mercoledì scorso. All'Unhcr, alla quale non è stata fornita alcuna spiegazione di tale decisione, non è rimasto altro che esprimere "rammarico" per la decisione del governo libico. "È molto importante - ha spiegato poi in una nota l’Unhcr - continuare a portare avanti il lavoro svolto in questi anni in Libia e finalizzato a proteggere, assistere e trovare soluzioni durevoli per i rifugiati che si trovano in questo Paese".
La decisione ha sollevato, ovviamente, reazioni e polemiche, soprattutto per la mancanza di motivazioni, tanto che in serata il ministero degli Esteri libico ha dato la seguente motivazione: l'ufficio dell'Unhcr a Tripoli è stato chiuso perché finora ha svolto "un'attività illecita".
La Libia si è addirittura detta stupita per le reazioni suscitate dalla decisione. In un suo comunicato diffuso sul sito dell'agenzia di stampa ufficiale libica 'Jana', il Comitato popolare per le comunicazioni estere e la cooperazione internazionale ha fatto sapere che la Libia "non ha aderito" alla Convenzione di Ginevra del 1951, relativa allo status dei rifugiati, accusando il rappresentante dell'Unhcr a Tripoli di "aver commesso alcune attività illecite". "Nonostante non esistesse un ufficio dell'Unhcr, nel 2001 è stata autorizzata la nomina di un rappresentante dell'Alto commissariato nel quadro del Programma di Sviluppo dell'Onu (Undp)", spiega la nota del Comitato, precisando che "il lavoro di tale rappresentante si limitava in quel periodo alla soluzione di un determinato problema". Tuttavia, "in seguito la sua attività è diventata illecita, andando a violare l'accordo siglato tra la Grande Jamahiriya e l'Alto commissariato", aggiunge il comunicato, che esprime disappunto per il fatto che "simili vicende accadano con il rappresentante di un'organizzazione internazionale tenuta a rispettare il diritto internazionale e la sovranità e le scelte degli Stati". Il Comitato sottolinea che "la questione delle attività illecite del rappresentante dell'Unhcr a Tripoli è stata sollevata più volte con il coordinatore locale dell'Undp". In quelle occasioni, la Jamahiriya libica aveva sottolineato "la necessità di dare attuazione alla decisione delle autorità libiche di chiudere l'ufficio, alla luce dell'illegalità delle sue attività".

Si augura una rapida soluzione e la riapertura al più presto dell'agenzia in Libia la portavoce dell'agenzia Onu per i rifugiati, Laura Boldrini: "L'ufficio è chiuso da mercoledì, ci auguriamo che sia una chiusura temporanea - ha detto la portavoce - Siamo lì da 19 anni su richiesta delle autorità libiche anche se non siamo mai stati ufficialmente riconosciuti". Nell'ufficio, ha riferito la portavoce, lavorano tre funzionari internazionali e una ventina di libici. "La Libia - spiega - non ha firmato la convenzione di Ginevra e non ha una legislazione in materia di asilo. Noi facciamo, nei limiti del possibile, la registrazione dei richiedenti asilo e la procedura per determinare il loro status. Abbiamo accesso a dei centri di detenzione dove sono rinchiusi i richiedenti asilo, ma non a tutti, e forniamo assistenza materiale. Abbiamo delle difficoltà ad operare, ma siamo stati in grado in questi anni di riuscire a dare un supporto a questi rifugiati. Venendo a mancare l'Unhcr si crea un vuoto".
Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, commentando l'accaduto ha detto: "Chiediamo alla Libia di avviare il negoziato per un accordo di sede in grado di garantire quella immunità diplomatica alla sede dell'organizzazione dell'Onu e farla funzionare". "Sulla vicenda - ha spiegato Frattini conversando con i giornalisti a Berlino - abbiamo chiesto spiegazioni. Ci è stato detto che mancava un accordo di sede finalizzato a regolare la vicenda". "Ora chiediamo alla Libia - ha ribadito - di avviare il negoziato" per arrivare a quell'accordo mancante.
Rita Borsellino, deputato del Pd al Parlamento europeo, si dice preoccupata per quanto accaduto a Tripoli: "L'Italia sospenda immediatamente gli accordi in materia di contrasto all'immigrazione clandestina sottoscritti con la Libia". "Proprio l'Unchr - ha aggiunto l'europarlamentare siciliana - aveva denunciato a più riprese il trattamento disumano riservato ai migranti clandestini trattenuti nelle carceri e negli altri centri di detenzioni libici. Tripoli, del resto, non ha mai ratificato la Convenzione di Ginevra". Anche Livia Turco, deputata del Pd e responsabile Immigrazione del Partito Democratico, chiede l'immediato intervento di Frattini: "Siamo molto preoccupati - continua la Turco - e ricordiamo che proprio il governo italiano aveva attribuito a questa presenza la garanzia del rispetto dei diritti umani dei migranti. Non vogliamo pensare che la tutela delle persone che scappano dalla fame e dalle guerre sia stata 'appaltata' alle autorità libiche".

[Informazioni tratte da Ansa, Apcom, Aise, Repubblica.it]

 

 

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

09 giugno 2010
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia