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Nel Canale di Sicilia le stragi sono oramai routine

Ancora un naufragio a sud di Lampedusa. Recuperati 34 cadaveri. Tra le vittime donne e bambini

12 ottobre 2013

E' passata solo una settimana dalla strage di Lampedusa (339 morti secondo il conto aggiornato ad oggi), e ancora un tragico naufragio conferma che il Canale di Sicilia sta diventando un'immensa tomba per le masse di disperati in fuga dall'Africa. Il bilancio del naufragio di ieri è di 206 superstiti e 34 corpi senza vita recuperati, molti dei quali di donne e bambini. Lo rende noto la Marina militare, che insieme alle forze armate maltesi è intervenuta per soccorrere il barcone naufragato.
Il fatto è avvenuto nel pomeriggio a circa 60 miglia a sud di Lampedusa, ai confini con le acque libiche. Il barcone in serie difficoltà con oltre 250 persone a bordo è stato avvistato inizialmente da un aereo militare maltese in ricognizione nel Canale di Sicilia. I migranti - secondo la ricostruzione di Malta - hanno cominciato ad agitarsi per farsi notare. La ressa avrebbe provocato il capovolgimento dell'imbarcazione. Una nave militare maltese è arrivata per prima nell'area, alle 17.51 e ha iniziato le operazioni di soccorso. Poco dopo è stata raggiunta dalle navi Libra ed Espero della Marina militare italiana.

Gli elicotteri di bordo delle due unità hanno lanciato dei salvagente e zattere autogonfiabili. Sono proseguite per alcune ore le operazioni di recupero dei naufraghi. Da Lampedusa sono state inviate in concorso alle operazioni di recupero, due motovedette della Capitaneria di Porto e due motovedette della Guardia di Finanza. Sono finora 56 i superstiti - tra cui nove bambini e otto donne - che si trovano a bordo della Libra. Altri 150 sono stati tratti in salvo dalla nave maltese, 15 superstiti sono a bordo di un peschereccio. Le ricerche dei dispersi sono proseguite per tutta la notte, con vari mezzi.
La zona del naufragio è al centro di un triangolo tra Malta, la Libia e Lampedusa, in una zona di competenza maltese per quanto riguarda le operazioni di ricerca e soccorso (il premier di Malta Joseph Muscat ha telefonato al premier Letta per ringraziarlo dell'aiuto ricevuto dagli uomini e mezzi italiani). Le autorità de La Valletta hanno diffuso una mappa con le coordinate del disastro: a circa 80 miglia a Sud Ovest di Malta e a 60 miglia Sud Est di Lampedusa.

E mentre erano ancora in corso le operazioni di soccorso, le motovedette della guardia costiera sono state impegnate anche nell'assistenza ad altre due imbarcazioni in difficoltà. "Nella notte - si legge in un comunicato - individuato un altro gommone a 80 miglia a Sud Est da Lampedusa, dove si sono dirette la fregata Espero e il pattugliatore Libra della Marina militare. La nave Libra, accertate le precarie condizioni di stabilità e galleggiabilità, ha dichiarato lo stato di emergenza - 'ricerca e soccorso' e sta procedendo a prestare soccorso e imbarcare i migranti": i profughi in salvo sono un'ottantina. E ancora un altro barcone con 183 persone a bordo, tra cui 34 donne e 49 bambini, è stato invece "agganciato" in prossimità dell'imboccatura del porto, a circa un miglio dall'isola. Anche in questo caso i migranti stanno per essere trasferiti nel Centro di prima accoglienza che in questi giorni è stato al collasso. Un terzo barcone è stato individuato in tarda mattinata nel Canale di Sicilia e i mezzi della Marina stanno facendo rotta per raggiungerlo.

È la nuova drammatica conferma della situazione di emergenza, ha commentato il premier Enrico Letta, che resta determinato a porre con forza il tema dell'immigrazione sul tavolo del prossimo vertice Ue in programma a fine mese.
"Le nostre coscienze non possono permettere ancora nuove stragi: istituire corridoi umanitari. Subito!", chiede il leader di Sel, Nichi Vendola. Per Khalid Chaouki (Pd) "non possiamo continuare ad assistere a un simile, terribile stillicidio senza intervenire. È indispensabile organizzare al più presto un presidio europeo sulle coste libiche per prevenire nuovi naufragi". Maurizio Gasparri (Pdl) ne approfitta per sottolineare che "non è la legge Bossi-Fini che causa le morti. Sono anche frutto della demagogia di chi fa facili annunci, frutto delle guerre sbagliate in Libia, di chi vuole smantellare norme per favorire i mercanti di morte. Giù le mani dal reato di clandestinità". E l'europarlamentare leghista Mario Borghezio si chiede se "di fronte a questo ultimo gravissimo evento, i soliti noti avranno ancora la faccia di bronzo di presentarsi a Lampedusa a ripetere i loro inutili bla bla".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it, Repubblica/Palermo.it]

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12 ottobre 2013
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