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Nel Darfur furono commessi crimini contro l'umanità. La Corte Penale Internazionale vuole processare i responsabili

28 febbraio 2007

Nel Darfur sono stati commessi crimini di guerra contro l'umanità e i responsabili vanno processati. I giudici della Corte Penale Internazionale (CPI) stavolta fanno sul serio e infatti ieri hanno formalmente messo sotto accusa il ministro sudanese per gli affari umanitari Ahmed Mohammed Haroun e uno dei leader delle milizie janjaweed Ali Muhammad Ali Abd al-Rahman, più conosciuto come Ali Kushayb.
Il procuratore della corte Louis Moreno-Ocampo ha sciorinato ben 51 capi d'accusa, compresi omicidi di massa, stupri e torture; crimini commessi nel 2003 e nel 2004, durante gli attacchi a quattro villaggi, Kodoom, Bindisi, Mukjar and Aratala, abitati da civili inermi. Ha poi rivelato che contro i due sospettati sono stati preparati i relativi mandati di cattura internazionali.
Nel Darfur, secondo le Nazioni Unite, almeno 200 mila persone sono morte in conseguenza della guerra civile che ha causato, dal 2003, anche circa 2,5 milioni di profughi.
''Ci sono prove sufficienti per dimostrare che Haroun e Ali Kushayb hanno commesso, in concorso tra loro, crimini contro la popolazione civile del Darfur'', è detto nel capo di imputazione presentato dal procuratore .
L'inchiesta presentata da Moreno-Ocampo è cominciata nel giugno del 2006. Il suo gruppo ha fatto 70 missioni in 17 paesi, esaminato i casi di centinaia di vittime e raccolte numerose testimonianze. Il procuratore, che ha illustrato il lavoro della procura in una conferenza stampa, ha ricordato che le prove raccolte contro i due sono chiarissime. Harun, che all'epoca era ministro degli interni, secondo l'accusa, ha finanziato le milizia janjaweed, i famosi ''diavoli cavallo'' che terrorizzavano le popolazioni civili bruciando i villaggi, ammazzando gli uomini, violentando le donne e rapendo i bambini, con un budget illimitato che sfuggiva a ogni controllo. Lui stesso personalmente riforniva di armi e munizioni i miliziani. Per quel che riguarda Kushayb, testimoni hanno raccontato alla Procura che ispezionava personalmente i janjaweed. Una volta ha spiegato ai suoi uomini come sgozzare le donne catturate, accertandosi bene che prima fossero violentate. Lui stesso ha poi partecipato all'esecuzione di massa di almeno 32 uomini.

I giudici dell'Aja dovranno ora esaminare le prove presentate e quindi potranno chiedere al governo sudanese la consegna dei due indiziati o emettere un mandato d'arresto internazionale.

Immediata la reazione di Khartoum. Il ministro della giustizia Mohamed Ali al-Mardi ha detto che la CPI non ha alcuna giurisdizione per processare individui sospettati per i massacri nel Darfur. Al Mardi ha aggiunto anche che uno dei due sudanesi per i quali il procuratore della CPI Ocampo ha chiesto il rinvio a giudizio e un mandato di comparizione, il comandante della milizia 'janjaweed' Ali Kushayb, è già in carcere a Khartoum, dal novembre scorso. Kushayb è detenuto perché sospettato di violazione delle leggi sudanesi ed è indagato per azioni commesse nel Darfur.
Harun invece, che ha poco più di quarant'anni, è un politico emergente e ambizioso e fa parte del circolo ristretto del presidente Omar Al Bashir. Viene considerato uno dei più energici e carismatici leader del National Congress Party, il partito islamico al potere nel Paese

La Corte penale internazionale, costituita a Roma, è il primo tribunale permanente incaricato di giudicare i crimini di guerra e contro l'umanità quando i giudici di un paese non possono e non vogliono procedere.
Il Sudan, assieme agli Stati Uniti, alla Cina e ad altri 4 Paesi, a Roma, era il 1998, votò contro la costituzione del tribunale penale internazionale.
Esam Elhag, portavoce della fazione del Sudan Liberation Army (Sla), che si è rifiutata nel 2006 di firmare gli accordi di pace con il governo (sottoscritti per altro solo da un gruppo piccolissimo), si è detto soddisfatto della richiesta del tribunale: ''È stato chiarito che i crimini commessi in Darfur hanno un risvolto penale e non politico, come vuol far credere il regime di Khartoum. Non si tratta di vendetta ma di giustizia. I tribunali sudanesi non sono indipendenti e prendono ordini dal potere politico. Per questo la corte de l'Aja può essere lo strumento adatto per giudicare chi ha commesso o ordinato le atrocità nel mio Paese. Ora costoro si rendono conto di essere nel mirino e hanno paura. Attenzione però. La lista dei criminali è molto lunga e la giustizia internazionale non si deve fermare a quei due nomi. Chiediamo che siano giudicati tutti i politici compromessi con le violenze in Darfur''.

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28 febbraio 2007
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