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Nel nuovo Welfare pensato dal governo Prodi anche una ''dote'' ai nuovi nati che li accompagnerà fino ai 18 anni

20 maggio 2006

Il nuovo Welfare, una dote dalla nascita ai diciotto anni
di Roberto Mania (Repubblica.it)

Un nuovo welfare. Nelle 61 cartelle con cui Romano Prodi ha illustrato al Senato le linee programmatiche del suo secondo governo, c'è anche l'idea di rivedere l'attuale sistema di protezione sociale. Senza strappi clamorosi, date anche le ristrettezze di bilancio, ma certo correggendo in profondità molte delle scelte fatte dal centrodestra.
Il premier ha usato cautela pur indicando con chiarezza la direzione di marcia per ricomporre il puzzle di un nuovo patto tra generazioni: lotta alla precarietà nel lavoro e rilancio delle politiche a favore della famiglia attraverso la leva fiscale e gli incentivi alla natalità. Il tutto con un forte, diretto, legame con il recupero dell'evasione. Perché un welfare moderno sta in piedi solo se tutti pagano le tasse. E oggi, da noi, mancano all'appello, ogni anno, 200 miliardi di euro di imponibile.

C'è, intanto, nel programma di Prodi, la novità dei baby-bond. ''Intendiamo dotare ogni bambino - ha detto il premier - di un reddito che aiuti la famiglia fino al raggiungimento della maggiore età e che tenga presente le esigenze delle famiglie numerose''. In sostanza alla nascita di ogni bambino lo Stato aprirà un conto individuale vincolato nel quale confluiranno i versamenti annui statali (durante la campagna elettorale si era parlato di 2.500 euro all'anno pro capite) e eventuali contributi della famiglia. Al compimento del diciottesimo anno ciascuno sceglierà se investire quel capitale nello studio, nella formazione o in un'attività imprenditoriale.
Un riconoscimento al ''valore sociale'', ha detto il presidente del Consiglio, della maternità e paternità. Che ha anche l'obiettivo di raddoppiare nell'arco della legislatura il numero degli asili nido.

Ma c'è un altro aspetto importante - di valore strategico - nella proposta che Prodi ha spiegato così: ''È una politica che varrà per tutti, non solo come è oggi per i lavoratori dipendenti, ma anche per i lavoratori autonomi e per coloro che non hanno un'occupazione''. Un istituto ''universalistico'', dunque valido per tutti (con il solo vincolo del reddito), in discontinuità con il passato, una cesura rispetto al modello del welfare disegnato intorno al lavoratore maschio della grande industria fordista. ''Una innovazione, dove l'accesso ad un diritto non dipende dalla categoria di appartenenza. Riguarderà autonomi, dipendenti e disoccupati'', sottolinea Paolo Onofri, docente di politica economica a Bologna, e ascoltato consigliere del Professore. Accanto al baby-bond dovrebbe arrivare l'accorpamento di tutti gli istituti a favore della famiglia (dagli assegni alle deduzioni Irpef per i figli a carico) con l'"assegno per il sostegno delle responsabilità familiari". Un fisco - ha detto Prodi - che sia ''amico della famiglia''. Ma che concorra pure a ridurre l'area ormai ''inaccettabile'' della precarietà. È la legge Biagi che va cambiata per le distorsioni che rischia di produrre nel mercato del lavoro e le incertezze che genera nelle prospettiva di vita dei più giovani (condannati ad una "permanente provvisorietà") sui quali, invece, si deve scommettere.

Prodi ha rilanciato la sua strategia: ridurre, appunto, il carico contributivo sul lavoro standard per renderlo competitivo con quello atipico. Un progetto che non nega la flessibilità ma che punta a ricondurla all'interno di confini fisiologici. Proprio facendo i conti con la flessibilità c'è l'idea di istituire un fondo di garanzia per le giovani coppie che intendono acquistare la prima casa. Infine le donne che non vanno più discriminate nell'accesso e la permanenza al lavoro. D'altra parte - dice Prodi - ''la nostra società e la nostra economica stentano anche perché non impegniamo pienamente le grandi risorse dei giovani e delle donne''.

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20 maggio 2006
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