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Nel processo ''Addiopizzo''

Ascoltati in questi giorni diversi collaboratori di giustizia. Salvatore Lo Piccolo ha reso dichiarazioni spontanee

15 ottobre 2009

Mai traffici di stupefacenti per i boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo. A dirlo è stato ieri il boss di Tommaso Natale, don Totuccio, che - in collegamento video dal carcere milanese di Opera - ha reso dichiarazioni spontanee nel processo 'Addiopizzo', celebrato davanti alla seconda sezione del tribunale di Palermo, in trasferta per motivi di sicurezza a Roma, nell'aula bunker di Rebibbia.
Lo Piccolo ha replicato così al pentito Angelo Chianello, bersaglio anche delle invettive provenienti dallo zio Luigi Bonanno, imputato presente in aula, che gli ha dato dell'"infame".
In apertura di udienza l'avvocato Girolamo D'Azzò, difensore di Stefano Fontana, aveva protestato per un errore commesso da alcuni quotidiani, che oggi ("per l'ennesima volta", ha detto il legale) hanno fatto confusione tra il suo cliente, indicato come pentito, e il vero collaboratore di giustizia, che si chiama Angelo Fontana. D'Azzò ha chiesto al presidente di identificare eventuali giornalisti presenti in aula per ingiungere loro la rettifica dell'errore. Una richiesta respinta dal pm Marcello Viola, che l'ha definita del tutto irrituale, specialmente in un processo cui tutti possono assistere, e nemmeno presa in considerazione dal collegio presieduto da Bruno Fasciana.

L'altro ieri, invece, ha deposto per lo stesso processo l'avvocato Marcello Trapani, procuratore sportivo finito in carcere per mafia, ora tra i ranghi dei collaboratori di giustizia.
Trapani, in particolare, ha parlato di Rosalia Di Trapani, moglie di Salvatore Lo Piccolo e madre di Sandro, descrivendola come la persona che "curava gli interessi della cosca per conto del marito e del figlio, all'epoca latitanti", una donna di mafia incaricata di gestire gli affari.
Trapani, per esemplificare il ruolo di intermediaria, svolto dalla donna, ha raccontato che fu lei a gestire l'affitto di una palazzina, secondo gli inquirenti intestata a un prestanome dei Lo Piccolo, in realtà di proprietà della famiglia. Quando il finto proprietario si trovò davanti alla richiesta di locazione di parte dell'immobile, da parte di un commerciante, chiese alla Di Trapani l'autorizzazione a sottoscrivere il contratto.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa.it]
 

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15 ottobre 2009
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