Nel rispetto della volontà umana
La Svizzera boccia la proposta di vietare il "suicidio assistito" agli stranieri. Nell'ultimo anno una trentina di italiani sono andati a "morire in esilio"
Secondo le prime proiezioni, si profilano due 'no' alle iniziative del cantone di Zurigo in votazione ieri sul divieto di assistenza al suicidio agli stranieri che fanno ricorso alle associazioni svizzere come Exit o Dignitas. Lo riferiscono i siti web locali, spiegando che sarebbero state respinte dall'80% della popolazione. Uno dei quesiti referendari, in particolare, chiedeva di permettere il ricorso alle associazioni unicamente a chi è residente nel cantone da almeno un anno.
L'obiettivo dei promotori, Unione democratica federale e Partito evangelico, era quello di ridurre il fenomeno del cosiddetto "turismo della morte". La legge federale permette esclusivamente l'aiuto passivo al suicidio, cioè la fornitura - su esplicita richiesta del paziente che intende porre fine alla sua esistenza - degli "strumenti" per farlo. E' invece proibita l'eutanasia attiva diretta, cioè un omicidio mirato a ridurre le sofferenze di un'altra persona.
L'altra iniziativa in consultazione chiedeva invece di sottoporre alle Camere federali un'iniziativa cantonale per rendere punibile l'istigazione al suicidio.
"Uno schiaffo morale a chi non voleva consentire a queste persone sofferenti di poter ottenere i servizi che medici e associazioni elvetiche davano loro accompagnando e assistendo i malati a porre fine ai propri giorni di sofferenza nel modo più dignitoso", ha commentato all'Adnkronos Emilio Coveri, presidente di Exit Italia, Centro di studi e documentazione sull'eutanasia. "Nei giorni scorsi - ha sottolineato Coveri - ho potuto incontrare a Zurigo gli amici della Dignitas, l'associazione che accoglie gli stranieri e accompagna e assiste coloro che hanno richiesto il suicidio assistito nella forma e nei termini previsti dalla legge svizzera per terminare i propri giorni dignitosamente. Quella che veniva formulata era una proposta indecorosa, indecente che discrimina enormemente le persone che soffrono e che per fortuna è stata bocciata a grandissima maggioranza".
Gli italiani andati in Svizzera per non fare più ritorno sono stati in tutto una trentina. Connazionali "andati a morire in esilio", li definisce Emilio Coveri, che nell'ultimo anno sono stati 2-3 al mese, con un trend in aumento, "complice una maggiore informazione sull'argomento". "Gli abitanti della Penisola ora sanno - secondo Coveri - che c'è un modo per morire dignitosamente quando la malattia ti aggredisce togliendoti ogni dignità, fino a che ti spegne tra atroci sofferenze".
I connazionali che nell'ultimo anno hanno scelto e percorso la strada della 'dolce morte' si sono rivolti a due associazioni, entrambe Svizzere, che praticano l'eutanasia. "Diciotto erano stati informati di questa opzione da noi - spiega il presidente di Exit Italia - gli altri si sono mossi da soli". Si sono rivolti alla Dignitas di Zurigo o alla ExInternazional di Berna, "e qui hanno messo fine alle loro sofferenze".
Dei malati terminali italiani che hanno deciso di 'emigrare' in Svizzera, dove l'eutanasia è legale sin dal 1942, "nessuno ha più fatto ritorno". Un dato che non è poi così scontato. "Delle 400 richieste di suicidio assistito che ogni anno arrivano alla Dignitas e alla ExInternational, in primo luogo dagli stessi elvetici - spiega infatti Coveri - solo 120 vengono accettate, le altre 280 non rientrano nei parametri dalle norme svizzere".
Non è andata così, invece, per i nostri connazionali che nell'ultimo anno hanno deciso di optare per la 'dolce morte'. Spendendo "non più di 3.000 euro, meno di un funerale nel nostro Paese", fa notare il presidente di Exit.
Ma cosa accade a quei malati terminali che scelgono l'eutanasia? "La Dignitas - spiega Coveri riportando un esempio concreto - ha una graziosa casa immersa nel verde, nelle campagne di Pfaffikon. Qui si arriva solo dopo aver avuto l'ok alla propria richiesta di suicidio assistito e dopo aver stabilito il giorno. A questo punto, si giunge nella struttura e ci si confronta con medici e volontari. I camici bianchi, per legge, sono tenuti a convincerti di non farlo, tentano in ogni modo di farti desistere. Ma se il paziente è deciso a farla finita, dopo varie visite che ne attestano le condizioni, si procede con l'eutanasia". "Il posto è confortevole - assicura il presidente di Exit Italia - si sceglie la musica che deve accompagnare alla fine, si sta con i propri cari, si ha il conforto dei medici e dei volontari". Materialmente, invece, "si prendono due pasticche anti-vomito - prosegue Coveri - Dopo 10 minuti, se si è ancora convinti, viene somministrato un composto chimico contenente un barbiturico e un sonnifero potentissimo che addormenta profondamente. Impiega 3 minuti a far chiudere gli occhi, nei successivi 5 sopraggiunge l'arresto cardiaco. Non si prova alcun dolore naturalmente", assicura.
"Exit Italia dal 1996 lotta per vedere riconosciuto il diritto a una morte dignitosa - spiega Coveri - per questo abbiamo stretto un accordo con la Dignitas ed ExInternational che ci consente di fare informazione sulla loro attività. Ma noi vorremmo che ogni persona nel nostro Paese venisse lasciata libera di decidere sulla fine dei propri giorni, vedendosi riconosciuta la possibilità di morire dignitosamente, se è ciò che desidera".
Una possibilità che ad alcuni mette i brividi, ma che sembra non scandalizzare troppo gli italiani. Stando ai dati di un recente Rapporto Eurispes, infatti, sei connazionali su dieci si dicono favorevoli all'eutanasia. La quota dei propensi alla 'dolce morte' è tuttavia diminuita dell'1,2% rispetto al 2010 e dell'1,8% rispetto al 2007. Mentre rispetto al 2010 è aumentata nel 2011 la quota dei contrari, passando dal 21,7% al 24,2%.
"Agli italiani l'eutanasia non fa paura - sostiene Coveri - per questo, sul modello di testamento biologico scaricabile dal nostro sito, abbiamo inserito un passaggio che dà la possibilità di scegliere per il suicidio assistito".
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing]