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Nell'Italia dei ''cartelli societari'' si usa sempre di più andare a fare la spesa all'estero o via internet

In Italia prezzi alti, anzi altissimi. L'Antitrust dovrebbe trasferirsi nel Bel Paese

25 ottobre 2005

Sono meccanismi di mercato che hanno regole precise e funzionali, ma che non contemplano minimamente i bisogni delle persone.
Tali meccanismi possono pure essere spiegati all'uomo comune. Questo potrà pure capirli, ma non riuscirà mai a comprendere il perché si debba subirli.
Fatto sta che se tali meccanismi qualcuno decide di attuarli, senza ovviamente chiedere il parere della popolazione, in Italia pagheremo, per esempio, una confezione di latte in polvere due, tre volte di più di quanto costa in Germania, in Francia o in Belgio.
Vengono chiamati ''cartelli societari'', accordi tra produttori di un determinato prodotto che decidono di mantenere i prezzi alti senza che avvenga un altro meccano di mercato che è quello della concorrenza.
In Italia per diversi anni cartelli del genere hanno deciso che gli compratori avrebbero dovuto comprare il latte in polvere ad uno standard di prezzo molto alto. 

Tale meccanismo di mercato non è legale, l'Antitrust pertanto ha la facoltà di punire quei produttori che lo attuano.
E' quello che è successo qualche giorno fa. L'Antitrust ha sanzionato per 9.743.000 euro alcuni produttori di latte per l'infanzia, colpevoli d'avere fatto un cartello per mantenere i prezzo più alti di due o anche tre volte rispetto agli altri Paesi europei.
Le aziende interessate al provvedimento sono la Heinz (279 mila euro), Plada (3.022.000 euro), Nestlè (3,3 milioni), Nutricia (629 mila), Milupan (938 mila), Humana (1.377.000 euro), Milte (198 mila).
Queste ''hanno posto in essere un'intesa restrittiva della concorrenza, concordando il mantenimento di elevati livelli di prezzo del latte per l'infanzia. Tale intesa viola l'art. 81 del Trattato Ue''.

L'istruttoria dell'Antitrust ha messo in evidenza come ''nel periodo 2000-2004 le imprese abbiano posto in essere comportamenti paralleli nella determinazione dei prezzi dei latti per l'infanzia - e specificamente del latte di partenza e del latte di proseguimento - fissando livelli assai elevati e di gran lunga superiori rispetto ai prezzi di prodotti equivalenti o comunque fungibili rilevati negli altri Paesi europei''. In particolare: ''il differenziale tra i prezzi italiani e i correlativi prezzi all'estero nel canale farmaceutico è stato, nella maggioranza dei casi, maggiore del 150%, con punte di oltre il 300% per i latti di partenza, nonché maggiore del 100%, con punte di oltre il 200%, per i latti di proseguimento''.
Nel 2004, ricorda l'Antitrust, ''a seguito di una richiesta del ministro della Salute di riduzione dei prezzi, le imprese hanno adottato un comportamento ancora una volta parallelo, sostanzialmente univoco e conservativo, per quanto possibile, della situazione preesistente caratterizzata dall esistenza di livelli di prezzo elevati. La prova del carattere concordato della suddetta pratica è risultata dall'esistenza di contatti diretti e indiretti intercorsi tra le imprese per tutto il periodo considerato''.

Ma i ''cartelli'' in Italia non esistono solamente fra le aziende produttrici di latte per l'infanzia: l'Italia, infatti, è un paese dove i cartelli societari e le rendite di posizione gonfiano artificialmente i prezzi di molti beni.
A scoprire ciò sono gli stessi consumatori, specialmente quelli che abitando vicino ai confini, per combattere il caro-vita usane sempre di più acquistare nelle nazioni vicine o via internet.
Le mamme milanesi, ad esempio, (che già si erano consorziate per comprare il il latte in polvere in Germania e in Austria risparmiando il 60%) facendo shopping in Austria o sui siti specializzati di aziende tedesche hanno scoperto che anche pannolini, omogeneizzati, biberon e tettarelle costano al di là delle Alpi dal 40 al 60% in meno che nella farmacia sotto casa.

''Il motivo è chiaro - spiega Lorenzo Miozzi, presidente del Movimento consumatori - Qui da noi ci sono ancora troppe aziende che si accordano sottobanco sui prezzi''. E così le associazioni consumatori hanno iniziato le cause per rimborsi del 50% del prezzo pagato: solo quelli dell'industria farmaceutica varrebbero 2 miliardi di euro.
Lenti a contatto e colliri, a esempio, costano nei paesi dell'est fino al 60 per cento in meno rispetto all'Italia.
Un altro caso interessante è quello dei preservativi. Che per motivi inspiegabili costano nel Belpaese il 30% in più di molte nazioni del continente. Un corto circuito, visto che - rimanendo in tema - il Viagra è più economico da noi che in Francia.

Cartelli e monopoli di fatto non sono però l'unica spiegazione a queste differenze. La babele dei regolamenti sanitari, ad esempio, apre ai consumatori molte opportunità. Certo importare farmaci all'ingrosso è legalmente complesso. Ma l'Aspirina, tanto per fare un esempio, costa a Ventimiglia il doppio del prezzo di Cannes. Il vaccino anti-influenzale è in vendita a 8,9 euro in Italia contro i 6,8 della Francia. Per una confezione di Malox si pagano 5 euro da noi contro i 2,94 della Spagna. Roba da farsi venire l'ulcera.

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25 ottobre 2005
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