Nella buca di Daniele Ciprì
Nella seconda pellicola del regista palermitano la "strana coppia" formata da Sergio Castellitto e Rocco Papaleo
"Navigo in una evocazione del cinema che amo e non in una citazione, che è un termine che mi spaventa. Comunque è un viaggio che mi piace fare quello dell’evocare il grande cinema. Nel mio immaginario disegno dei luoghi e cerco di prendere spunto dagli episodi della vita reali per poi appunto inserirli nel mio immaginario. E questo è quello che ho fatto ne 'La buca'".
A parlare è Daniele Ciprì che ieri ha presentato a Roma il suo nuovo film "La buca", in sala dal 25 settembre.
La storia ha inizio quando un cane morde Oscar (Sergio Castellitto), avvocato burbero costantemente alla ricerca di spunti truffaldini, che vorrebbe trarre profitto dalla situazione e tentare di far causa ad Armando (Rocco Papaleo), il malcapitato proprietario dell’animale. Quando però scopre che Armando è in realtà un disgraziato appena uscito da trent’anni di ingiusta galera, Oscar cambia proposito ed alza la posta in gioco, decidendo di fare causa allo Stato. Del cast fa parte anche Valeria Bruni Tedeschi.
Nelle opere cinematografiche del cineasta siciliano l’immaginario visivo si completa sempre con quello musicale: "La musica è un fattore fondamentale nei miei film. Ho amato prima di tutti gli altri compositori Pino Donaggio e quindi la collaborazione con lui è stato qualcosa di particolarmente importante per me".
Importante anche per gli attori protagonisti? Spiega Papaleo: "Due mie grandi passioni sono la musica classica ed il jazz e quando un attore interpreta un personaggio fa sempre affidamento alla musica, consapevolmente ed anche inconsapevolmente. Io sono stato violentato fin da piccolo dalla musica".
Per Valeria Bruni Tedeschi la musica è invece una sorta di medicina per lo spirito: "La mia musica era una musica del ridere. Io sul set ridevo sempre, loro mi facevano sempre ridere. E questa era la mia musica, quello che mi ispirava nella costruzione della mia interpretazione". Racconta Papaleo: "Ciprì è nato a Palermo, è un appassionato di cinema e ha tante cose da dire. Mi ha detto tante cose perché è un adorabile logorroico. Le indicazioni che mi ha dato erano così tante che non so se sono riuscito a seguirle tutte. L’idea che mi sono fatto del personaggio è che è una specie di angelo, un uomo senza rancore, che esce dal carcere ma senza alcun proposito di vendetta, nonostante le ingiustizie subite. Eh si, è il secondo personaggio che interpreto che esce di prigione per sconvolgere la vita altrui, già mi era capitato in 'Un Boss in Salotto', ma per onestà il film di Ciprì venuto prima in ordine di tempo, anche se è uscito dopo".
Sergio Castellitto nel raccontare il suo ruolo punta alla filosofia e alla riflessione interiore: "Oscar, il mio personaggio, è il cattivo e tutti sanno che non c’è niente di più divertente che interpretare il cattivo. Questo personaggio mi ha fatto godere del piacere dello scatenamento fisico. Questa possibilità di recitare velocemente quasi al limite dell’inciampo era una bella scommessa. Specie per me che venivo dalla serie tv ‘In Treatment’ dove ero immobile su un divano. E poi c’è tutta una filosofia dietro questo personaggio, nel dare un senso a tutte le truffe che compie. Lui vuol dare una dignità al suo essere un manigoldo".
Il segreto della buona lavorazione è comunque in un set sereno come lo stesso Castellitto sottolinea: "Ci siamo divertiti molto tra noi. Abbiamo avuto una grande complicità e ci siamo dati una mano, cosa che non capita spesso sui set perché molte volte si recita contro l’altro".
L’ultima parola spetta a Daniele Ciprì che torna sul tema della fantasia e dell’immaginazione, punto fermo e fondamentale del suo lavoro: "Quando si spengono le luci in sala e si vede un film si dovrebbe iniziare un viaggio. Quindi la prima cosa che mi chiedo è se ho fatto bene. Se questo viaggio in effetti c’è. Riguardo ai dettagli di produzione il film lo abbiamo girato tutto a Roma, tra Cinecittà ed alcune zone di periferia. Se fate attenzione si vede infatti il set della New York di ‘Gans of New York’ che è presente appunto negli studi di Cinecittà. Detto ciò quello che mi auguro io è che questo film riesca ad essere vicino alla gente, nonostante le sue ‘menate’ evocative. Nelle mie opere c’è sempre stata una sorta di alterazione del grottesco. Quello che creo dal punto di vista narrativo è ed è sempre stato un mondo astratto. Sono convinto che certi meccanismi dell’immaginazione fanno parte della nostra realtà. A questo proposito la scelta di girare in pellicola è perché è come se avessi fatto un film in ‘vinile’. Questo per il mio amore per il vintage. Per il passato. Ecco il passato sì ma… non tornerei a fare Cinico TV, tanto per chiarire. Rispetto per il passato ma guardando sempre avanti!". [SiciliaInformazioni.com]