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Nella lista degli ''inaffidabili''

Berlusconi attacca la politica estera del governo Prodi: ''L'Italia è diventata nemica degli Stati Uniti''

15 gennaio 2007

Da uno dei migliori amici dell'America a paese traditore e nemico. Ecco cosa è diventata l'Italia, secondo Silvio Berlusconi, nei confronti degli Stati Uniti.
L'analisi dell'attuale politiche estera guidata dal vicepremier Massimo D'Alema, il leader di Forza Italia l'ha espletata telefonicamente intervenendo alla festa del partito ''NeveAzzurra'', a Roccaraso, in Abruzzo.
L'Italia secondo l'ex presidente del Consiglio: ''è ostaggio della Francia e nemica degli Usa'', e per la sua posizione è stata messa da tempo dagli statunitensi ''nella lista dei Paesi su cui non può contare''.
Una lista che, francamente, non conoscevamo, o meglio, di cui s'era persa memoria, rimanendo più in auge quella dei ''Paesi Carogna'', la celebre lista che raccoglie quegli stati facenti parte dell'Asse del Male.
Secondo Berlusconi, l'attuale governo di centrosinistra, vessato dalla sinistra radicale e massimalista, strizzerebbe l'occhio a Hezbollah, rimprovera la politica di Israele (''l'unico avamposto di democrazia nel Medio Oriente'') e critica le scelte di George W. Bush, grande amico dell'uomo di Arcore, con il quale l'Italia ha condiviso l'intenso impegno della guerra irachena.
Insomma, secondo Berlusconi, il governo di centrodestra aveva ''una politica estera chiara e filo-occidentale'' e ha ottenuto ''un grande prestigio e una grande credibilità''. Ora invece ''l'Italia è in asse con Parigi e Madrid'', è ''serva dell'ambizione francese di diventare un pilastro nell'equilibrio euro-arabico'', con una politica basata ''sull'esclusione degli Usa dall'influenza nel Mediterraneo e che ha come interlocutori, purtroppo, l'Iran di Ahmadineja''. Trattasi, per farla breve, di una vera e propria ''logica irresponsabile''.

Le esagerate accuse di Berlusconi arrivano a poche ore dalle frasi con cui il titolare della Farnesina ha criticato il piano Bush sull'Iraq. Infatti, Massimo D'Alema, in visita nei paesi del Golfo, ha espresso la sua forte contrarietà sulla decisione del presidente Bush di potenziare il contingente americano in Iraq con l'invio di altri 21.500 soldati. ''Non se ne esce con l'aumento delle truppe'', ha dichiarato il responsabile della Farnesina. La ''forte impressione'', ha detto D'Alema, è che, nel piano Usa sull'Iraq ''l'aspetto fondamentale continui ad essere quello dell'azione militare e del suo rafforzamento e questo aspetto non ci convince''. ''La ricerca di una via d'uscita dalla situazione irachena non passa per un incremento della pressione militare, quanto piuttosto da un rafforzamento delle istituzioni, delle forze armate e di polizia a carattere multietnico e multireligioso, che siano in grado di prevenire lo scontro etnico'', ha dichiarato il ministro degli Esteri. Una posizione netta sulla situazione mediorientale, che D'Alema ha illustrato anche parlando dell'assoluta esigenza di creare uno Stato palestinese al più presto. ''Non basta parlare di processo di pace, ma occorre un accordo di pace, serve che le parti si riuniscano, sostenute dal quartetto, per affrontare le questioni aperte: i confini, lo status di Gerusalemme e i rifugiati''. ''Crediamo - ha aggiunto D'Alema - che si debba accelerare il raggiungimento di un accordo che consenta la nascita entro il 2007 di uno Stato palestinese''. D'Alema ha ribadito la sua convinzione che sia ''utile'', in questa direzione, il dispiegamento di una forza internazionale o di osservatori a Gaza e in parchi della Cisgiordania. Il vicepremier, inoltre, ha espresso il suo apprezzamento per l'impegno del Qatar nella regione, citando, in particolare, la presenza di 200 militari dell'emirato nella missione Unifil in Libano e il ''ruolo attivo del Qatar per favorire il dialogo e la ricerca di un'intesa con i palestinesi''.

D'Alema ha poi risposto direttamente alle accuse di Berlusconi. ''Non siamo anti-americani e siamo amici dei paesi arabi. Come sempre. L'Italia è stata amica dei paesi arabi e amica di Israele. E collaboriamo anche con i grandi paesi mediterranei, come la Francia e la Spagna''. ''Credo - ha aggiunto ancora - che anche Berlusconi lo facesse o avrebbe dovuto farlo. Fa parte della politica italiana collaborare con i grandi paesi europei per sviluppare una iniziativa di pace, che non è rivolta contro gli Stati Uniti, ma tende anzi ad assolvere una responsabilità che è nostra e che non possiamo delegare a nessuno. Così come abbiamo fatto in Libano''. Il vicepremier, infine, si è detto convinto che l'affondo di Berlusconi sia parte di una ''infondata campagna ideologica che tende a dividere il Paese'' e, passando al contrattacco: ''L'opposizione ha votato a favore di tutti i principali atti di politica estera compiuti dal governo, e che quindi dovrebbe considerare anti-americana anche se stessa''.

Alla ''sparata'' del Cavaliere ha risposto anche il presidente del Consiglio Romano Prodi che ha definito le accuse di Berlusconi: ''l'ennesima invenzione''. ''Noi siamo assolutamente affidabili'', ha replicato secco Romano Prodi. ''Noi abbiamo però un elevato senso della dignità nazionale'', ha detto il premier che ha concluso: ''Non hanno cambiato nulla rispetto alla strategia del 2006. Insulti e attacchi, ma va bene così''.

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15 gennaio 2007
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