Nella nuova Cina ''La proprietà privata dei cittadini ottenuta con mezzi legali è inviolabile''.
La Cina del premier We ha inserito nella Costituzione la ''Proprietà Privatà'' e i ''Diritti umani''
Il 5 marzo scorso, il Congresso nazionale del popolo (parlamento cinese) ha votato l’approvazione di 13 emendamenti alla costituzione, che, tra gli altri cambiamenti, introducono per la prima volta nella storia della Carta fondativa della nazione comunista la legittimità della proprietà privata e il rispetto dei diritti umani.
I quasi 3 mila delegati del parlamento cinese, alla totale dipendenza della leadership hanno concluso la sessione inserendo 13 cambiamenti nella costituzione del 1982. Fra essi vi sono la codifica dei poteri del presidente e il cambio della voce "legge marziale" in "stato di emergenza".
A 50 anni dalla presa del potere del Partito Comunista, dopo un periodo in cui la proprietà privata è stata nazionalizzata, e i proprietari perseguitati con sanguinose campagne, il parlamento cinese ha aggiunto la frase "La proprietà privata ottenuta legalmente è inviolabile".
Il pacchetto di emendamenti era stato elaborato già ad ottobre dello scorso anno durante un congresso a porte chiuse dei vertici del partito comunista, ma necessitava della ratifica durante l’assemblea plenaria annuale, che si è conclusa proprio domenica. Le modifiche costituzionali sono state approvate con 2863 voti favorevoli, 10 contrari e 17 astensioni.
Ebbene, dal 5 marzo nella costituzione cinese si può leggere: "La proprietà privata dei cittadini ottenuta con mezzi legali è inviolabile".
In realtà negli ultimi anni Pechino ha emesso già una serie di leggi ordinarie sulla proprietà privata ma l’introduzione della sua legittimità nel dettame costituzionale rappresenta un passaggio importante nell’attuale fase di transizione della Cina, e rassicura l’emergente classe imprenditoriale cinese diventata ormai un elemento importante nel piano complessivo del governo di Pechino di "migliorare il sistema socialista di mercato".
Un altro emendamento predica che "lo stato rispetta e protegge i diritti umani", un’espressione piuttosto sintetica che rispecchia la formula spesso ripetuta negli ultimi anni dai vertici di Pechino.
Alcuni vi vedono una sottile ammissione che l’attuale protezione dei diritti umani non è adeguata. La formula non dice niente dei contenuti dei diritti umani e nulla riguardo alla protezione della libertà di espressione, un elemento importante per molte personalità critiche del governo.
Ma la priorità emersa nei dieci giorni dell’assemblea plenaria della rappresentanza politica cinese è la condizione degli oltre 800 milioni di cinesi delle depresse zone rurali, che vivono sotto la soglia di povertà schiacciati anche da un pesante erario e che non stanno beneficiando dello sviluppo che invece ha investito le popolazioni urbane delle città costiere.
Pechino è consapevole che il divario economico e sociale tra città e campagna, sempre più marcato, rischia di essere un fattore di forte destabilizzazione. Il premier We nell’introduzione all’assemblea plenaria ha promesso una drastica riduzione entro 5 anni delle tasse a carico dei contadini, grazie a cui si è mantenuto un pachidermico sistema burocratico, e una decisa lotta alla corruzione tra i funzionari statali.
I delegati hanno anche iscritto nel preambolo della costituzione la teoria delle "Tre Rappresentanze", attribuita all’ex presidente Jiang Zemin, che mira a integrare la classe imprenditoriale nel sistema-nazione cinese. La teoria aiuta il Partito Comunista a tenere saldo il potere sulla società. Le "Tre Rappresentanze" dicono infatti che il partito al potere, e quindi lo stato, deve essere l’espressione delle "forze di produzione avanzate, delle forze culturali avanzate, e degli interessi della stragrande maggioranza del popolo cinese".