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Nella speranza che non rimangano solo parole

Il Capo dello Stato ha risposto all'appello dell'imprenditore catanese stanco della mafia

04 settembre 2007

Palermo e tutto lo Stato italiano ha ricordato ieri il sacrificio del generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, ammazzato dalla mafia, insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all'agente Domenico Russo, il 3 settembre 1982 a Palermo. Un sacrificio che l'Italia non deve dimenticare, e affinché ciò accada, così come il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha chiesto ai palermitani e a tutti gli italiani,  ''in nome di quel sacrificio ci sia una efficace mobilitazione della società civile contro la cieca violenza mafiosa''.
Giorgio Napolitano, nelle stesse ore dedicate alla memoria dello straordinario impegno del generale Dalla Chiesa, ha voluto anche manifestare la sua vicinanza ad Andrea Vecchio, il presidente dei costruttori di Catania, che proprio al capo dello Stato aveva denunciato l'oppressione del pizzo fino a innescare la clamorosa proposta del vertice dell'Assindustria siciliana di espellere gli imprenditori disposti a pagare il racket delle estorsioni.

''Caro signor Vecchio, ho letto la sua lettera di così grande intensità sul piano umano e sul piano civile, con senso di forte partecipazione e adesione. Non credo avesse alcun motivo per provare imbarazzo a scriverla: sia perché le offese e i rischi a cui sono esposti i suoi figli, la sua famiglia, la sua impresa, meritano in quanto tali la massima attenzione e tutela da parte delle forze dello Stato, sia perché lei parla a nome del mondo imprenditoriale catanese o di una sua parte importante e particolarmente esposta [...] Lei dice molto bene quando sottolinea che è lo Stato stesso ad essere attaccato da azioni criminali, di stampo mafioso, come quelle che hanno colpito lei e che hanno colpito o minacciano altri costruttori a Catania. L'aspirazione ad uno Stato efficiente, che garantisca la vita quotidiana di tutti i cittadini e in particolare l'attività di quanti vogliano concorrere da 'protagonisti vivi' allo sviluppo della Sicilia, del Mezzogiorno, del Paese, è sacrosanta. E se lo sforzo, che lei pure riconosce, delle autorità poste a presidio della legalità e dell'ordine pubblico, in questo momento non basta, come lei afferma, per vincere la sfida della criminalità organizzata, io esprimo, nell'ambito delle mie responsabilità istituzionali, il più convinto appello al governo, al Parlamento, alle Assemblee e agli organi di governo regionali e locali, perché siano adottate ulteriori misure, destinate adeguate risorse, attuati i necessari coordinamenti, che consentano di superare inefficienze inaccettabili. E' in questo spirito che desidero indirizzarle la mia solidarietà e il mio augurio''.

Le parole con le quali il Capo dello Stato ha risposto all'appello di Andrea Vecchio sono state gradite da quest'ultimo che ha ringraziato il Presidente Napolitano ''per l'umanità e la partecipazione'' dimostrata. ''Ringrazio il Presidente Napolitano - ha aggiunto Vecchio - e approfitto per ringraziare tutti quanti, dall'uomo della strada al Capo del Governo che, in questo, per me, triste momento, mi sono stati vicini. Ringrazio in modo particolare indistintamente tutte le forze dell'ordine - ha concluso l'imprenditore - per l'abnegazione con la quale stanno seguendo il mio caso''.
Caso che, come è stato già documentato ieri, è stato seguito non soltanto dagli inquirenti ma da tutta la classe imprenditoriale di Confindustria, che non ha più intenzione di subire passivamente le angherie, la prepotenza e la violenza della criminalità.

La proposta di Confindustria Sicilia (espellere dall'associazione gli imprenditori che non denunceranno, o in qualunque forma 'collaboreranno' con la mafia) è stata rilanciata con qualche tono polemico dal presidente dell'Assindustria Calabria, Umberto De Rose: ''Anziché espellere chi paga il pizzo mandiamo via gli imprenditori che pagano le tangenti ai politici e agli amministratori, o quelli che non pagano le tasse''. De Rose sostiene che il pizzo si paga perché minacciati, mentre le tangenti sono una libera scelta di chi cerca le scorciatoie per fare impresa: ''Personalmente non me la sento di espellere un collega che decide, forzatamente e sotto violenza, di pagare il pizzo. Quindi capisco la logica che ha ispirato Assindustria Sicilia ma la ribellione al pizzo non passa attraverso queste misure...''. Perché, insiste il leader degli industriali calabresi, ''chi paga il pizzo non lo fa per procurarsi un ingiusto arricchimento, come avviene quando si pagano le tangenti o non si versano le tasse dovute. Questi ultimi due comportamenti, sul piano dell'alterazione della concorrenza, sono a mio parere molto più gravi''.
Intanto, ieri mattina a Catania, un centinaio di persone ha preso parte ad un presidio organizzato da Azione Giovani nel cantiere della ''Cosedil'' di via della Concordia, per manifestare solidarietà ad Andrea Vecchio. Alla manifestazione hanno preso parte, tra gli altri, anche simpatizzanti di Sinistra Giovanile, i deputati regionali Nino Di Guardo (Ds) e Salvo Pogliese (An), il segretario provinciale dell'Udc Filippo Drago.

Il ''gettito'' del pizzo per le cosche mafiose
Lo scorso mese di giugno sono stati diffusi i dati di una ricerca sui ''costi dell'illegalità'', condotta da un team di docenti universitari ed esperti, commissionata dalla Fondazione Rocco Chinnici, con la collaborazione dell'Università degli Studi e dell'Associazione degli industriali di Palermo, e col sostegno della Compagnia di San Paolo.
Secondo i risultati emersi ''il pizzo in Sicilia'' è una piaga sempre più diffusa, al punto da generare per le cosche un ''gettito'' che solo a Palermo può essere calcolato in 175 milioni di euro.
Le aziende pagano mediamente 827 euro al mese. Si va dai 60 euro dei venditori ambulanti ai 17 mila euro mensili per lavori autostradali.
Dallo studio (cominciato nel settembre 2006, intervistando esponenti della magistratura inquirente e giudicante dei quattro distretti di corte d'appello di Palermo, Catania, Messina e Caltanissetta, dei tribunali di Messina, Trapani, Gela e Siracusa, e della Dia di Palermo e Trapani, ed esaminando oltre 130 atti giudiziari e un campione di 1.602 imprese siciliane che nell'ultimo quindicennio sono state in vario modo sotto la lente dei palazzi di giustizia) è emerso che in Sicilia chi paga meno agli esattori delle cosche sono i dettaglianti del commercio, che versano in media 457 euro al mese. Per i commercianti all'ingrosso la cifra sale a 508 euro. Più su nella piramide del pizzo si trovano alberghi e ristoranti, che solitamente erogano 578 euro al mese.
Il top spetta al settore delle costruzioni, che paga una percentuale sull'importo dell'appalto, in media, tra il 2 e il 4% (leggi).

Riunione congiunta del Consiglio regionale Anci e del direttivo di Confindustria.
I sindaci e gli amministratori siciliani riuniti nell'Anci Sicilia esprimono il proprio apprezzamento e il proprio sostegno all'iniziativa di Confindustria per fronteggiare l'odioso fenomeno del racket delle estorsioni.
''La Sicilia ha bisogno di legalità e di sviluppo - ha dichiarato il presidente dell'Anci Sicilia e sindaco di Siracusa, Giambattista Bufardeci - e i sindaci, linea di frontiera dei bisogni e delle aspettative dei cittadini, continueranno ad essere al fianco degli imprenditori che stanno attraversando un difficile momento per lo sviluppo delle proprie imprese e delle comunità territoriali''. ''Andrea Vecchio, Marco Venturi e tutti gli imprenditori siciliani, onesti e responsabili - prosegue Bufardeci - devono sapere che non saranno lasciati soli nel difficile percorso che costruisce sviluppo, legalità, democrazia. Al di là di isolate e sterili polemiche, la scelta e la denuncia di Confindustria Sicilia trova l'incondizionato appoggio e sostegno dei sindaci siciliani, consapevoli più di altri dell'insopportabile pressione che la criminalità esercita sull'ordinato sviluppo delle comunità locali''. ''L'Anci Sicilia - conclude il presidente - vuole dare e dà un segnale concreto convocando il Consiglio regionale insieme al direttivo di Confindustria Sicilia, per dire a tutti che non ci faremo intimidire e continueremo a lavorare al fianco di chi è impegnato ogni giorno, tutti i giorni, per il riscatto della Sicilia e delle comunità isolane. Non può esserci sviluppo senza legalità''.
La riunione congiunta del Consiglio regionale Anci e del direttivo di Confindustria si terrà tra il 19 e il 21 settembre nell'Aula consiliare, a Sala delle Lapidi, messa a disposizione dalla Presidenza del Consiglio comunale di Palermo.

- www.anci.sicilia.it

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04 settembre 2007
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