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Nelle mani dei pirati

Ancora nessuna nuova notizia sulla nave sequestrata ieri al largo delle coste dell'Oman. L'Unità di Crisi lavora in stretto riserbo

28 dicembre 2011

L'attacco è scattato ieri mattina alle 5, ora italiana. Al largo delle coste dell'Oman hanno circondato la petroliera con dei barchini veloci. Poi, i pirati, sono saliti a bordo e così un'altra nave italiana è finita sotto sequestro.
E dire che la 'Enrico Ievoli' dell'armatore napoletano Domenico Ievoli della Marnavi Spa, nel 2006 era riuscita a sfuggire a un altro attacco. Quella volta il cargo era al largo delle coste yemenite di Aden. Ma il comandante Agostino Musumeci, lo stesso di oggi, riuscì a dare l'allarme e bastò il sorvolo di un elicottero militare per sventare il tentativo di sequestro. Questa volta il finale è stato diverso. Questa volta il finale è l'inizio di un'attesa, l'attesa dei 18 componenti dell'equipaggio: cinque siciliani, un pugliese, cinque ucraini e sette indiani.
Di mattina le poche e ultime parole del comandante Musumeci, riferite dall'armatore: "I pirati sono a bordo ma noi stiamo bene, al momento non ci sono problemi". Poi, più nulla. Agostino Musumeci, 52 anni, è di Mascali, in provincia di Catania. Ha un'esperienza trentennale di navigazione. Degli altri membri italiani dell'equipaggio, oltre al capitano altri quattro sono siciliani: il primo ufficiale, Daniele Grasso, di Catania; l'allievo ufficiale Valentino Longo e il direttore di macchina, Letterio La Maestra, entrambi di Messina, e il cuoco di bordo, Carmelo Sortino, di Pozzallo (Rg). A ciascuno di loro i pirati hanno consentito di chiamare con il telefono satellitare la propria famiglia. Chiamate rapidissime, solo per dire "stiamo bene".
"A quanto sappiamo, la 'Ievoli' è attualmente in navigazione verso una destinazione sconosciuta, presumiamo la Somalia", ha aggiunto ieri l'armatore.

Durissimo il commento della moglie del comandante, Rita Musumeci. "E' una vergogna. Nessuno di questo Stato ci ha chiamato o si è fatto sentire. Loro stanno al caldo, con le loro famiglie. Cosa gli interessa di noi?". "E' assurdo - ha continuato la signora - che a darmi le notizie siano i giornalisti. Dalla Farnesina non ci informa nessuno. E i familiari degli altri componenti l'equipaggio sono esattamente nelle mie condizioni". Poi, il figlio Vincenzo, ha tentato di "ammorbidire" le affermazioni della madre: "Siamo in contatto con la Farnesina che ci ha tranquillizzato e ci aggiorna sulle novità. Non ci resta che aspettare. Mio padre ci aveva mandato ieri un'email per farci gli auguri di Natale e per dirci che stavano per ripartire e che la situazione era tranquilla" ha raccontato ancora Vincenzo. Poi, ieri mattina, la notizia del sequestro.
Dal ministero degli Esteri hanno confermato che "si è in stretto contatto con i familiari su istruzione del ministro Giulio Terzi". E proprio nella sede della Farnesina, ieri pomeriggio, si è svolta una lunga riunione operativa "per mettere a punto le prossime mosse per seguire da vicino la vicenda".
Intanto "non ci sono particolari nuovi, sappiamo l'ultima posizione della nave e la sua rotta. Non abbiamo avuto notizia di violenze a bordo, ma informazioni sulle condizioni rassicuranti dell'equipaggio. Gli agguati sono frequenti, ma quelle sono acque pattugliate anche dalla marina militare italiana. Abbiamo fiducia nella Farnesina e sappiamo che la storia avrà un epilogo positivo. Queste sono situazioni estremamente particolari dove vengono studiate misure cautelative per fronteggiare le emergenze", ha dichiarato il vicepresidente di Marnavi, Attilio Ievoli che insieme al fratello Gennaro Ievoli dice, senza se e senza ma: "Li riporteremo a casa, ciascuno di loro, senza neanche un graffio. Ci conoscono, non molleremo l'osso". E ancora: "Stiamo operando, cercando di fare il possibile affinchè tutto avvenga nel massimo della sicurezza".
La nave, un tanker lungo 138 metri, che trasporta circa 15.750 tonnellate di soda caustica, tra dieci giorni, sarebbe arrivata nel Mediterraneo, pochi scali e l'equipaggio sarebbe ritornato a casa. Il cargo era partito da Fujairah, negli Emirati Arabi Uniti.

E dire che proprio pochi giorni fa altre mogli e altre famiglie hanno iniziato di nuovo a respirare. Sono i parenti dell'equipaggio della Savina Caylyn: sei mesi in mano ai pirati e tra pochi giorni di nuovo a casa. Sei mesi di proteste, manifestazioni per chiedere risposte e attenzione sul loro destino. Una storia che, ora, si spera, non si ripeta.

I marinai del peschereccio "Asia": "Riviviamo quell'incubo" - Hanno trascorso il Natale a casa, in famiglia, ed ora rivivono l'incubo di un mese fa sentendo in tv le notizie sui marittimi siciliani sequestrati in Oman. Sono i cinque marinai del peschereccio "Asia", fermato lo scorso 26 novembre da motovedette libiche insieme al motopesca "Astra". "Siamo tornati a casa cinque giorni prima di Natale - ha raccontato all'Italpress il comandante Giovanni Ganesio - e quando ho sentito la storia della nave sequestrata dai pirati mi sono venuti i brividi. Certo l'esperienza è diversa, però posso immaginare lo stato d'animo delle famiglie dei marinai, una situazione davvero pesante".
Ganesio ha così ricostruito i momenti passati in Libia: "Ci hanno puntato addosso le armi, non so se fossero mitra. Noi non ci trovavamo lì per pescare, ma sfuggivamo al maltempo nella nostra rotta da Malta verso la Grecia. Eravamo in avaria e uno dei miei marinai si era ferito sulla nave, così mi sono avvicinato verso le coste libiche e abbiamo lanciato il mayday. Loro sono usciti e invece di darci soccorso ci hanno sequestrato". Tecnicamente, le autorità libiche li hanno "trattenuti per controlli".
Ganesio ricorda bene anche il momento in cui ha lanciato l'allarme in Italia: "Ho visto che la loro motovedetta si era avvicinata all'Astra e stava cominciando a sparare, così ho telefonato al Ministero ed alle Capitaneria per avvisare Roma". E poi ha aggiunto: "Ci hanno trattato bene, anzi ad alcuni miei marinai hanno offerto il caffè e la sera hanno portato la cena. Poi però il comandante della motovedetta libica ha detto cose non vere: che io ho opposto resistenza, che stavamo pescando, che a bordo avevo pesce spada. Così abbiamo dovuto affrontare un processo, dopo il quale ci hanno liberato. Poi siamo andati a pescare in Grecia, prima di tornare a casa". Ritornare in mare in quelle zone? "Lo dice per scherzo?".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it, Repubblica/Palermo, Corriere del Mezzogiorno - Italpress]

 

 

 

 

 

 

 

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28 dicembre 2011
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