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Nessun "cessate il fuoco" da parte del Raìs

I ribelli si sono detti disponibili ad una tregua ma il regime ha chiuso ogni possibilità

02 aprile 2011

I primi spiragli di tregua nell'ambito del conflitto libico, che si erano aperti ieri pomeriggio, si sono già richiusi in serata. I ribelli libici si erano infatti detti disposti a un “cessate il fuoco”, purché venissero rispettate alcune condizioni: lo aveva annunciato Mustafa Abdel Jalil, presidente del Consiglio Nazionale Transitorio che governa le aree liberate della Cirenaica.
“Non abbiamo alcuna obiezione rispetto a un cessate-il-fuoco”, ha dichiarato Abdel Jalil durante la conferenza stampa tenuta a Bengasi insieme all'inviato speciale delle Nazioni Unite, l'ex ministro degli Esteri giordano Abdelilah al-Khatib. “A condizione però - ha proseguito - che nelle città della parte occidentale del Paese i cittadini libici godano di piena libertà di espressione”. Il capo del Consiglio insurrezionale ha anche chiesto che le forze fedeli a Muammar Gheddafi cessino di militarizzare i centri abitati della Tripolitania e che siano allontanati i “mercenari” di qualsiasi provenienza. Abdel Jalil ha infine ribadito che i rivoltosi non rinunceranno mai alla loro richiesta principale, cioè l'esilio per il colonnello e per la sua famiglia.
Il regime libico ha però respinto l'offerta avanzata dai ribelli del Consiglio Nazionale Transitorio di Bengasi. Lo ha annunciato un portavoce del governo di Muammar Gheddafi ribadendo che le truppe lealiste non lasceranno le città libiche.

Sul fronte più strettamente militare, le forze fedeli al colonnello Muammar Gheddafi hanno sferrato un attacco contro la città di Misurata con carri armati, mortai e lanciarazzi.
I ribelli libici intanto stanno concentrando le loro forze nella città di Ajdabiya, in Cirenaica, con l'obiettivo di lanciare una controffensiva per riconquistare la città di Brega. Lo hanno riferito fonti dei ribelli alla tv araba Al Jazeera. I rivoltosi hanno quindi lasciato il terminal petrolifero di Brega e il suo porto in mano alle brigate di Muammar Gheddafi, ripiegando su Ajdabiya.
E continuano anche i raid notturni della Nato, che secondo un medico citato dalla Bbc hanno fatto almeno sette vittime, tra cui alcuni bambini, fra la popolazione civile. In serata la tv di Stato ha riferito che altri civili sono rimasti uccisi a Khoms e Arrujban, "bombardate dagli aggressori colonialisti e crociati".

Intanto, la coalizione appare ancora divisa su come proseguire le operazioni militari. La Germania insiste, con il suo ministro degli Esteri Guido Westerwelle, a criticare la "soluzione militare", e gli Usa con il ministro della Difesa Robert Gates raffreddano il dibattito sull'ipotesi di forniture dirette di armi ai ribelli. Ma sul fronte diplomatico tutti gli sforzi sembrano concentrati su Londra, dove dall’altro ieri sono in corso i colloqui-interrogatorio di Moussa Kussa, il ministro degli Esteri di Gheddafi che ha scelto l'esilio. Sarebbe arrivato nella capitale britannica in gran segreto anche un emissario di Saif Gheddafi, uno dei figli del colonnello, per negoziare una via d'uscita per il padre. Mentre secondo la stampa britannica sarebbero almeno dieci gli alti funzionari del regime pronti alla defezione. Il ministro del Petrolio Hukri Ghanem ha però negato le indiscrezioni secondo cui avrebbe rassegnato le proprie dimissioni.
E lunedì Ali Abd-al-Aziz al-Isawi, l'inviato del Consiglio nazionale transitorio libico, organismo rappresentativo dei ribelli, incontrerà a Roma il ministro degli Esteri Franco Frattini. Già ambasciatore di Tripoli in India, al-Isawi è stato uno dei primi a voltare le spalle al Colonnello, rassegnando le sue dimissioni il 21 febbraio, pochi giorni dopo l'inizio della rivolta. La sua defezione è stata motivata come un segno di protesta per la dura repressione attuata dall'armata verde. Nato nel 1966, è tra i più giovani esponenti del Consiglio dei ribelli, ma ha già guidato il ministero dell'Economia (2007-2009) di Tripoli, un ente per le privatizzazioni e il Centro per lo sviluppo dell'export. Svolge il ruolo di ministro degli Esteri del governo ad interim nominato dagli insorti.

[Informazioni tratte da Corriere.it, Repubblica.it]

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02 aprile 2011
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