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Nessun rispetto per il Mare Nostrum

Gli ultimi rapporti di Legambiente e Greenpeace ci mettono ancora una volta in guardia

04 luglio 2009

Nelle scorse settimane Legambiente ha presentato l'annuale dossier sulla salvaguardia dei nostri mari "Mare Monstrum 2009". I dati, purtroppo, ci presentano una situazione per nulla rosea, infatti nel dossier si parla di un reato ambientale ogni 500 metri di costa. In totale si tratta di 14.544 reati su 7.400 km di litorali nazionali, in aumento dell'1,6% rispetto al 2007 quando erano 14.315.
Prime in classifica per illegalità costiera sono le regioni del sud: con 2.776 infrazioni accertate dalle Forze dell'ordine e dalle Capitanerie di porto la Campania guida la classifica, seguono la Sicilia (2.286) e la Puglia (1.577).

Ma andiamo per ordine riportando in sintesi la relazione di Legambiente fatta nel corso della presentazione di "Mare Monstrum 2009".
Calcestruzzo illegale o "legalizzato". Nel cantiere Italia si impasta senza sosta ai danni del mare. Si conferma così ancora una volta il cemento il peggiore nemico delle coste italiane, in cima alla lista dei mali del Mare Monstrum. Tra villette per le vacanze, grande alberghi a strapiombo sul mare o porti turistici con  ristoranti e shopping center sono davvero migliaia i nuovi edifici che ogni estate spuntano lungo le coste italiane. Solo nel 2009 intorno al ciclo del mattone selvaggio si sono registrate esattamente 3.674 infrazioni, sono scattati 1.569 sequestri e 4.697 denunce. Una situazione che non accenna a migliorare perché gli abbattimenti rimangono ancora episodi isolati e sporadici, tali da non riuscire ancora a scoraggiare la piaga dell'abusivismo edilizio.
Ma il mare italiano non soffre solo il mal di cemento, è afflitto anche da tanti altri guai: scarichi illegali, cattiva depurazione, pesca di frodo, infrazioni al codice della navigazione sembrano, infatti, non passare mai di moda. Crescono, quindi, le infrazioni accertate che passano da 14.315 nel 2007 a 14.544 (+1,6), quasi 2 reati a chilometro lungo i 7.400 di costa del Belpaese. Aumentano anche le persone denunciate che da 15.756 arrivano a 16.012 (+1.6%) mentre, parallelamente, diminuiscono i sequestri che da 4.101 scendono a quota 4.049. A guidare la classifica dell'illegalità costiera è la Campania, con 2.776 infrazioni accertate dalle Forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto, seguita da Sicilia (2.286), Puglia (1.577) e Calabria (1.435).

"Abbattere diviene la parola d'ordine per vincere la guerra contro il cemento abusivo che devasta le nostre coste e che nelle regioni del sud è diventato, negli ultimi decenni, una vera e propria piaga - ha dichiarato Sebastiano Venneri, vicepresidente e responsabile mare di Legambiente -. Scalfire questa situazione, spesso incentivata proprio dalle amministrazioni comunali compiacenti, in un quadro caratterizzato da assenza di regole, dominio della criminalità organizzata, condoni e sanatorie nazionali diviene difficile senza un vero e proprio scatto di reni degli amministratori locali, a cominciare da quei sindaci che dovrebbero trovare la determinazione e il coraggio per dare il via alle demolizioni".
E per una storia andata a buon fine come quella dell'abbattimento dell'ecomostro di Palmaria (isola che si trova nel Mar Ligure), ci sono purtroppo molti altri abusi edilizi che continuano a sfregiare i nostri litorali, anche con l'appoggio delle amministrazioni locali. E' il caso di Ischia dove sono proprio i sindaci a guidare la protesta degli abusivi. Qui la procura di Napoli ha in calendario oltre 600 demolizioni, ma gli interventi effettuati sono pochissimi, perché a osteggiare il ripristino della legalità ci sono in prima fila gli amministratori locali. Ed è il caso anche di un'altra perla del nostro mare, l'Isola di Lampedusa, dove il sindaco sta cementificando gli ultimi lembi di terra che l'abusivismo dei decenni passati aveva risparmiato. E non esiste legge che glielo impedisca, perché qui non vige ancora alcun piano regolatore e nemmeno un piano paesistico. Casi come questi sono ancora tantissimi, ma Legambiente ha stilato una Top Five degli ecomostri  di cui chiede l'abbattimento in via preferenziale: l'hotel di Alimuri a Vico Equense (Na), le palazzine di Lido Rossello a Realmonte (Ag), Palafitta a Falerna (Cz), il villaggio abusivo di Torre Mileto (Fg) e la "collina del disonore" a Pizzo Sella alle porte di Palermo, un centinaio di ville abusive costruite dalla mafia negli anni '70. Proprio per Pizzo Sella, Legambiente ha conferito al Comune di Palermo la “maglia nera”, triste riconoscimento assegnato ogni anno "ai pirati che hanno danneggiato il mare e la costa".

L'altro importante campanello d'allarme suonato da Mare Monstrum 2009 è quello relativo agli illeciti sul fronte scarichi e depurazione che, pur essendo in calo del 5,5%, nel 2008 rimangono ancora molto elevati. Nell'ultimo anno infatti sono state 1.810 le infrazioni accertate, 2141 le denunce e gli arresti, 748 i  sequestri, dati in aumento rispettivamente dell'8,2% e dell'1,5%. Nella classifica regionale al negativo troviamo al primo posto la Sardegna con 362 infrazioni accertate, seguita da Campania, Puglia, Calabria e Sicilia e subito dopo Lazio e Liguria.
Ancora in aumento la pesca di frodo e quella illegale che aumenta del 10,6% con preoccupanti segnali di infiltrazioni mafiose nella gestione del ciclo di attività. Dal 2007 al 2008, infatti, le infrazioni rilevate dalle Forze dell'ordine e le Capitanerie di Porto sono passate da 5.189 a 5.741 infrazioni, con 5.763 persone denunciate e 1.160 sequestri. Le regioni dove si collezionano maggiormente reati di questo tipo sono la Campania (1.005), la Sicilia (817) la Puglia (758) la Liguria (487) e la Calabria (407). Impressionanti le quantità di pesce sequestrato nell'ultimo anno: 199.896 chili in Sicilia, 75.898 in Puglia, 5.142 in Campania, 55.491 nelle Marche.

Ora, se le cifre del dossier di Legambiente non fossero bastate per far vergognare chi si rende colpevole di offendere continuamente il nostro mare anche con la sola indifferenza, a queste possiamo aggiungere i dati delle analisi di Greenpeace contenuti nel rapporto chiamato "Un mare d'Inferno - il Mediterraneo e il cambiamento climatico". Il rapporto, che ha lo scopo di mettere a disposizione di tutti, con un linguaggio semplice, le prove di un fatto ormai ben noto agli scienziati: il cambiamento climatico, ci dice che il Mediterraneo sta cambiando in peggio. Alto Adriatico, mari del sud Italia e Alto Tirreno registrano già gravi danni a causa del cambiamento climatico.
"Non è più questione di se o di ma. Ormai siamo dentro il cambiamento climatico e dobbiamo intervenire con urgenza per arrestare una deriva che rischia di essere incontrollata e irreversibile", ha spiegato il direttore delle campagne di Greenpeace Italia, Alessandro Giannì, secondo il quale "occorre immediatamente ridurre e poi azzerare le emissioni di gas serra e irrobustire i nostri ecosistemi, compreso il mare, per evitarne il collasso".

Il rapporto evidenzia come il cambiamento climatico non agisce in isolamento, ma insieme a troppi altri fattori di degrado quali l'inquinamento, la distruzione delle coste e la pesca eccessiva e distruttiva. Per questo motivo, osserva il Rapporto, è necessario gestire meglio le attività umane che operano sul mare e uno degli strumenti più utili in tal senso sono le riserve marine. "Dobbiamo mettere al sicuro grandi aree di mare per garantire il funzionamento di questo ecosistema", ha aggiunto Giannì. "Un mare in salute potrà resistere meglio allo stress imposto dal riscaldamento globale, mentre un mare malato non ce la farà. E noi con lui!".
Oltre al rapporto, Greenpeace ha presentato una proposta per una rete di riserve marine che copra il 40% del Mediterraneo lungo le coste e in altura con il fine di proteggere le specie ed habitat costieri e marini più sensibili al cambiamento climatico. La realizzazione di questa rete, al 2012, è stata decisa dalla Convenzione di Barcellona (il principale Accordo Internazionale per la protezione del Mediterraneo) con la Dichiarazione di Almeria, adottata nel gennaio 2008.

[Informazioni tratte da Legambiente, Agenzia Internazionale Stampa Estero]

- Dossier "Mare Monstrum 2009"
(pdf)

- Rapporto "Un mare d'Inferno" (pdf)

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04 luglio 2009
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