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Nessuna protezione speciale per Gaspare Spatuzza

Dal Viminale "no" al programma di protezione per il pentito che ha cambiato il corso delle più importanti indagini di mafia

16 giugno 2010

Nella seduta di ieri la Commissione centrale per la definizione ed applicazione delle speciali misure di protezione del Viminale ha rigettato l'ammissione al programma di protezione di Gaspare Spatuzza, richiesta dalle procure della Repubblica di Firenze, Caltanissetta e Palermo che indagano sulle stragi di via D'Amelio e del '93. Restano ferme per Spatuzza le ordinarie misure di protezione, ritenute adeguate al livello specifico di rischio segnalato.

Il provvedimento applica quanto disposto dalla legge secondo cui il pentito "rende al procuratore della Repubblica, entro il termine di 180 giorni alla manifestazione della volontà di collaborare, tutte le notizie in suo possesso utili alla ricostruzione dei fatti e delle circostanze sui quali è interrogato".
Secondo quanto riferito dalle Procure proponenti, Spatuzza ha iniziato a rendere dichiarazioni collaborative alla magistratura inquirente il 26 giugno 2008. Spatuzza ha reso ulteriori dichiarazioni a partire dal 16 giugno 2009, e quindi nel giudizio contro Marcello Dell'Utri (Corte d'appello di Palermo), il 4 dicembre 2009, rispettivamente sei mesi e un anno dopo la conclusione del verbale illustrativo.
Come viene documentato nella delibera della Commissione, non vi è alcun elemento che autorizzi a ritenere che di quanto riferito in quel dibattimento Spatuzza avesse già parlato nei 180 giorni previsti dalla legge. "La fissazione dei 180 giorni quale termine ultimo per riferire fatti gravi, o comunque indimenticabili, è funzionale, secondo l'unanime volontà del Parlamento nel 2001 - è detto nella motivazione - a garantire tale genuinità e a evitare abusi, viceversa realizzabili se, come è accaduto in più casi, fossero ammesse le cosiddette 'dichiarazioni a rate'". "L'obbligo di lealtà e di correttezza del collaboratore nei confronti dello Stato, dal quale egli aspira a ricevere un trattamento premiale, deve tradursi nella genuinità delle dichiarazioni".

La Commissione del Viminale, presieduta dal sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano, nel prendere la sua decisione ha applicato quanto prevede la legge di riforma n. 45/2001 sui collaboratori di giustizia, approvata all'epoca da tutte le forze politiche. In particolare ha fatto riferimento alla norma in base alla quale "la persona che ha manifestato la volontà di collaborare rende al procuratore della Repubblica, entro il termine di centottanta giorni dalla suddetta manifestazione di volontà, tutte le notizie in suo possesso utili alla ricostruzione dei fatti e delle circostanze sui quali è interrogato". L'inosservanza di tale disposizione comporta che le speciali misure di protezione non possono essere concesse, e se concesse devono essere revocate, qualora, entro il termine dei 180 giorni, la persona cui esse si riferiscono non renda le dichiarazioni previste. "E se la giurisprudenza - ha sottolineato ancora nelle motivazioni la Commissione del Viminale - ritiene utilizzabili le dichiarazioni rese oltre il termine ai fini della decisione giudiziaria, è altrettanto vero che ciò riguarda il regime processuale. Ciò che invece rileva ai fini della Commissione è l'aspetto amministrativo dell'ammissione al programma di protezione".

"E' un argomento interessante ma controvertibile. La Cassazione, del resto, ha ritenuto che anche le dichiarazioni per così dire 'tardive', se rese nel contraddittorio tra le parti, possono essere utilizzabili. In ogni caso, ci riserviamo di leggere con attenzione il provvedimento per esprimere in maniera adeguata le nostre valutazioni". Questo il commento del procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, sulla vicenda.
Il pm della Dda di Palermo Nino Di Matteo, presidente della giunta distrettuale dell'Anm, dichiara la sua sorpresa: "Sono molto sorpreso. Per quanto ricordi è la prima volta che si nega l'ammissione al programma di protezione per i pentiti in presenza della richiesta di ben tre Procure della Repubblica". "Comunque la valutazione sull'attendibilità delle dichiarazioni - ha aggiunto - resta di competenza delle autorità giudiziarie che hanno sentito e continueranno a sentire Gaspare Spatuzza".
Per il procuratore capo a Firenze, Giuseppe Quattrocchi, "non cambia nulla: per noi Spatuzza era e resta attendibile. Motivatissime sentenze della Cassazione a sezioni riunite stabiliscono che le dichiarazioni sono utilizzabili nel dibattimento anche se rese dopo i 180 giorni""Il provvedimento della commissione centrale - ha detto Quattrocchi - è un atto amministrativo, che riguarda le misure di protezione. Prendiamo atto di questa decisione. Noi avevamo avanzato la richiesta di ammissione al programma di protezione sulla base della tempistica e del contenuto delle dichiarazioni di Spatuzza, ritenendo che fossero collocabili nei 180 giorni, nei quali ha anticipato i termini delle rivelazioni sulle quali poi sarebbe sceso nel dettaglio. La commissione, però, non ha condiviso la nostra opinione. Questo significa che per Spatuzza le misure di sicurezza non saranno mutate". Quattrocchi ha poi ricordato che anche la corte d'Appello di Palermo "ha ammesso Spatuzza al dibattimento, ritenendo utilizzabili le sue dichiarazioni".
Il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, titolare delle nuove indagini sulla strage di via D'Amelio, parlando al Gr1 Rai ha detto: "Siamo disorientati, perché è la prima volta che viene negato il programma di protezione dopo che tre procure e la procura nazionale antimafia ne avevano sostenuto fortemente la necessità. Le motivazioni cui si riferisce la commissione erano già state valutate come una specificazione di anticipazioni che Spatuzza aveva fatto nei 180 giorni".
Sono state le dichiarazioni rese al processo Dell'Utri ad avere dato fastidio? "Credo che sia evidente", ha risposto secco Lari, che ha aggiunto: "Mi voglio augurare che non abbia un significato il fatto che ciò avvenga alla vigilia della sentenza".
Lari ha spiegato in un'intervista a Repubblica che la decisione "mette in difficoltà" i pm che stanno indagando. "Il collaboratore che ci ha consentito di riscrivere la verità sulla strage Borsellino potrebbe anche fare marcia indietro. Spero davvero che non accada". "Siamo di fronte alla decisione di un organo amministrativo - ha spiegato inoltre il pm - che non incide sui profili di attendibilità del collaboratore. Per noi Spatuzza resta attendibile".

La decisione della Commissione ha lasciato perplessi e disorientati non soltanto i giudici. "La decisione di negare a Spatuzza il programma di protezione, per di più, come sembra, con il voto contrario dei magistrati che fanno parte della Commissione centrale per la definizione ed applicazione delle speciali misure di protezione del Viminale, è sconcertante e sembra essere dettata da ragioni politiche". Questa la dichiarazione di Walter Veltroni. "Questa decisione può pesare negativamente sulle delicate indagini in corso per le stragi del 1992-93. Chiedo al presidente della Commissione antimafia, Giuseppe Pisanu, di convocare subito in commissione i rappresentanti del governo per fornire adeguate spiegazioni".
"Stupore" per la decisione della commissione del Viminale è stata espressa anche dal deputato Pdl e vicepresidente della commissione Antimafia, Fabio Granata. "Non è successo molte volte, a mia memoria - ha sottolineato Granata in un'intervista alla Stampa -, con tutte le procure che indagano sulle stragi del '92 e '93, cioè Firenze, Palermo e Caltanissetta, e la Superprocura antimafia, che ci fosse tanta collegialità nella richiesta. Non vorrei ora che la polemica si aprisse non tanto su ciò che Spatuzza ha detto ma su ciò che Spatuzza non ha detto". E ha aggiunto: "Ovviamente la decisione avrà delle motivazioni che la commissione Antimafia chiederà subito, già tra oggi e domani, al ministero dell'Interno. Le leggeremo con attenzione".
Duro e sprezzante il commento del leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro: "La mancata assegnazione del programma di protezione a Spatuzza è un modo per intimidire coloro che riferiscono fatti rilevanti al fine di fare luce su alcune scomode verità". "Non è un caso che le scomode verità - ha aggiunto - oggi, coinvolgerebbero proprio il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il suo parlamentare di riferimento, senatore Marcello Dell'Utri. Ed è anche un segnale ben chiaro, un altolà rivolto a chi collabora con la giustizia, un modo per dire:'state attenti', la collaborazione non paga. Insomma, Spatuzza, da oggi, è un morto che cammina".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, Repubblica.it]

- Lari: "Così vogliono ostacolare la ricerca della verità" di Salvo Palazzolo

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16 giugno 2010
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