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Nessuna vittima nelle terribili 48 ore, ma ''nessuna notizia vuol dire buone notizie''

Nonostante l'incertezza sia ancora totale, l’impegno del governo italiano continua

17 aprile 2004

Il presunto e mai confermato ultimatum di uccidere un ostaggio italiano ogni 48 ore è passato, ed è passata anche una giornata di massima fibrillazione per tutti i settori dello Stato, impegnati a 360 gradi nella ricerca di ''canali'' che possano portare in un modo o nell'altro ad influenzare l'ancora sconosciuto gruppo che mercoledì ha ucciso Fabrizio Quattrocchi e che continua a detenere in una località sconosciuta gli altri tre italiani.

Si rafforza di ora in ora la convinzione che i rapitori possano essere sunniti, ma il governo non tralascia alcuna pista, cercando contatti sia in Iraq che nei Paesi limitrofi.
Prova ne è che il consigliere diplomatico del premier Berlusconi, l'ambasciatore Gianni Castellaneta, si trova in queste ore a Teheran e domani si sposterà a Damasco, per sondare le informazioni della Siria. Si battono sempre, in sostanza, sia la pista sciita che quella sunnita.
Ma l'incertezza è' totale, al punto che il ministro degli Esteri Franco Frattini - dopo aver ribadito che ''non ci sono conferme'' sull'esistenza di un ultimatun - si è limitato a dire che il lavoro alla ricerca di contatti ''si sta ampliando ed approfondendo''. Regna però il massimo della riservatezza sui tentativi in atto e circolano le voci più diverse: da quella che sarebbe stato contattato il leader libico Muammar Gheddafi, per la sua origine sunnita; cosi' come che si starebbero sondando anche ambienti palestinesi che tradizionalmente hanno un buon rapporto con l'Italia.

Il presidente del Consiglio Silvio Berulusconi ha seguito la situazione ora per ora da Palazzo Chigi, attraverso numerose telefonate con i ministri più interessati alla vicenda e con l'ambasciatore De Martino che si trova a Bagdhad, nonché con i vertici militari a Nassiriya.
La parola d'ordine del Governo è ''massima riservatezza'', dopo che è diventato chiaro che i rapitori sono informatissimi sulle dichiarazioni delle autorita' italiane ed anche un tono sbagliato potrebbe portare alla tragedia.
Da Dublino, dove si trovava per una riunione informale dei ministri degli esteri dell'Unione europea, Frattini ha confermato la linea del riserbo, spiegando solo che ''tutte le vie sono aperte in Iraq e nei paesi vicini all'Iraq''. Ma la notizia di un contatto o di uno spiraglio ancora non c'è, o almeno non è stata fatta trapelare dal Governo. Certo tutti i ''dignitari sunniti stanno facendo appelli all'immediata liberazione degli ostaggi'', ha aggiunto Frattini.

Anche il leader ribelle sciita Moqtada Sadr ha lanciato un appello alla liberazione dei rapiti, ma con una distinzione di non poco conto: ''Chiunque non appartenga ad una delle nazioni occupanti dovrebbe essere rilasciato'', ha detto oggi. E l' Italia viene vista in Iraq proprio come una delle potenze occupanti.
Ad aggravare la situazione, spiegano fonti diplomatiche, è il fatto che i quattro italiani sono stati trovati pesantemente armati mentre lavoravano per una società statunitense.
Infine, altro particolare non rassicurante, il giornalista francese Alexander Jordanov, rapito e poi liberato, ha riferito di aver sentito parlare i suoi sequestratori degli ostaggi italiani in questi termini: ''Sono amici del diavolo e per questo li sgozzeremo''. Ma, in questa fase, ''no news-good news'', cioè nessuna notizia vuol dire buone notizie.

Fonte: Ansa

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17 aprile 2004
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