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Nessuno ascolta gli operai?

I lavoratori dello stabilimento Fiat di Termini Imerese e delle aziende dell'indotto continueranno la loro protesta

24 marzo 2005

Per gli operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese è oggi il quarto giorno di cassa integrazione. Il quarto giorno dell'ennesimo periodo di cassa integrazione, iniziato il primo giorno di primavera, e che stavolta durerà sei mesi.
La cessata produzione è stata motivata dall'azienda con l'esigenza di adeguare le linee all'assemblaggio della nuova Lancia Ypsilon che dovrebbe arrivare in Sicilia a settembre.
I sindacati sono convinti che la cassa integrazione serva soprattutto ad assorbire l'impatto della crisi di vendite di Fiat, e la preoccupazione più grande nasce dalla mancanza di un preciso impegno nei confronti del vasto bacino di aziende dell'indotto, le cui prospettive sono incerte visto che non c'è sicurezza sul mantenimento delle commesse con il passaggio alla produzione della Ypsilon.

La nube dell'incertezza sul futuro occupazionale di migliaia di lavoratori così si infittisce, e il disinteresse nei confronti del loro avvenire, rende la situazione esplosiva.
Sindacati e lavoratori hanno più volte chiesto il dialogo. I vertici della Fiat non li hanno degnati di una sola parola.
E' alla luce di questo immeritato ''disprezzo'' che gli operai Fiat e delle aziende dell'indotto ieri mattina hanno bloccato strade e ferrovie, facendo diventare Palermo una città irraggiungibile. E' con la coscienza di questa ''crudele umiliazione'' che una ventina di operai della Valdostana Plastici (una fabbrica dell'indotto Fiat di Termini Imerese, che produceva le imbottiture in poliuretano per i sedili delle Punto, occupata e con le macchine ferme ormai da due settimane e mezzo. Da un mese e mezzo ai lavoratori non è stato più pagato lo stipendio, ndr), sono saliti sul tetto della fabbrica minacciando gesti eclatanti.

''Siamo sul tetto e continueremo la nostra manifestazione - ha dichiara Calogero Nasca, uno dei 22 manifestanti - Da due settimane e mezzo occupiamo la fabbrica e nessuno si interessa più di noi. Quando i riflettori sono puntati, i politici fanno le loro belle promesse. Oltre ai problemi legati all'indotto Fiat, a causa delle promesse non mantenute sulla riapertura dell'azienda, stiamo perdendo il nostro lavoro. In queste settimane di occupazione, sia Melfi che Termini hanno interrotto l'appalto con la Valdostana. E si stanno rifornendo da altre ditte torinesi. Questa vuol dire che non ci sono più commesse''. ''La Regione - ha aggiunto l'operaio - aveva promesso di aiutare la ditta, ma quest'aiuto non è arrivato. Non abbiamo più niente. Siamo rimasti senza lavoro. Abbiamo anche perso i contatti con i titolari, Gino Maniscalco e Nicolò Clemenza. Nessuno si è più messo in contatto con noi, nessuno ci dà garanzie e prospettive e non sappiamo se la Valdostana è fallita o no, dopo tre anni e mezzo di cattiva gestione. Per questo continuiamo a stare sul tetto, solo così si parla ancora di noi''.
 
Strade bloccate, gente che da settimane dorme davanti alle fabbriche che loro hanno portato avanti per tanti anni con il loro lavoro, operai di cui troppo spesso si dimentica la dignità e l'importanza delle loro storie: quelle delle loro famiglie, le storie delle loro speranze.
Storie che qualcuno vuole occultare, ignorare, obnubilare, cancellare.
 
''La tensione sociale crescente attorno allo stabilimento di Termini Imerese rende evidente l'urgenza dell'incontro chiesto dai sindacati a Palazzo Chigi'', ha ricordato ieri il segretario generale della Fiom Cgil, Gianni Rinaldini. ''Le iniziative dei lavoratori - ha detto Rinaldini - sono la giusta risposta a una situazione che sta diventando intollerabile. È sempre più necessario e urgente che venga convocato a Palazzo Chigi l'incontro sulla Fiat e sull'indotto auto che i sindacati dei metalmeccanici hanno chiesto al governo al termine della manifestazione nazionale dell'11 marzo. Altrimenti, Fiat e governo si assumono la responsabilità - ha aggiunto Rinaldini - di una inevitabile crescita delle tensioni sociali''.

Gli operai non posso più aspettare, non posso rimanere a guardare inerti lo sfaldamento sistematico del loro avvenire . Le proteste continueranno ma ''in forme alternative per avere un rapporto positivo con l'opinione pubblica - ha riferito ieri Roberto Mastrosimone, delegato della Fiom. Non possiamo comunque rassegnarci alle scelte del governo e dell'azienda''.

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24 marzo 2005
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