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Niente elezioni provinciali a Ragusa e Caltanissetta

La Regione annulla il voto per le elezioni di maggio e approva una norma che prevede il commissariamento degli enti fino al 31 marzo del 2013

01 marzo 2012

Saltano le elezioni amministrative nelle province di Ragusa e Caltanissetta. L'Assemblea regionale siciliana ha approvato una norma, proposto dalla commissione Affari istituzionali, che prevede il commissariamento dei due enti, fino al 31 marzo del 2013.
Con il provvedimento, frutto di un accordo politico raggiunto tra maggioranza e opposizione, la Sicilia dunque si allinea al resto del Paese, come previsto dalla normativa nazionale. La norma rinvia il "riassetto complessivo delle funzioni amministrative" delle Province regionali a una legge che il parlamento siciliano approverà "entro il 31 dicembre 2012".

In Sicilia, dunque, come nelle altre regioni, nessuna Provincia andrà al voto nella tornata elettorale di maggio, neppure Ragusa in scadenza naturale e Caltanissetta, che era stata commissariato dopo le dimissioni dell'ex presidente Giuseppe Federico, che ha optato per il seggio all'Ars dopo la sentenza della Consulta sulle incompatibilità delle cariche. La legge regionale, appena approvata, tuttavia non recepisce la norma contenuta nel 'Salva Italia' del premier Monti: l'Assemblea regionale infatti ha rinviato, così si legge nel testo, la definizione del ruolo delle Province a un ulteriore disegno di legge che dovrà essere varato entro la fine dell'anno.
A Ragusa il commissario gestirà l'amministrazione senza il supporto del consiglio provinciale, in scadenza di mandato; a Caltanissetta, invece, il commissario coabiterà con il consiglio che rimane in quanto non in scadenza.
La norma è stata approvata con 57 voti favorevoli, 10 contrari tra cui il gruppo Udc e 3 astenuti.

"La legge approvata in Aula salva le Province siciliane e respinge la linea favorevole al recepimento secco del decreto Monti, che fa venir meno le Amministrazioni provinciali", ha spiegato il capogruppo del Pdl Innocenzo Leontini. "Il ddl 860, approvato in Commissione Affari Istituzionali dell'Ars, e portato in aula, prevedeva un'integrale riproduzione di tutti i commi del decreto Monti - ha continuato -, rappresentando un allineamento della Sicilia alle modifiche apportate in sede nazionale e finalizzate alla eliminazione delle amministrazioni provinciali, che non sarebbero più state votate dal popolo ma che, mantenendo solo funzioni di coordinamento e di indirizzo delle attività dei comuni, sarebbero state elette, in elezioni di secondo livello, dai consiglieri comunali e tra i consiglieri comunali". "Il testo votato in aula - ha spiegato ancora -, mantiene le Province, le loro funzioni amministrative, le modalità elettive di primo livello, direttamente dal popolo, e rinvia ad un successivo ddl per il riordino degli organi di governo, per la riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori (indicata nella misura del 20%) e per la conseguente riduzione della spesa, e possibilmente per un trasferimento agli enti così riformati, di competenze importanti derivanti dalla dismissione di dispendiosi organismi regionali, si tende ad abbattere i costi della politica, mantenendo i livelli di rappresentanza democratica".
Per Leontini, insomma, "viene sconfitta così la linea di Lombardo e Cracolici, che avevano consegnato a un ddl a firma dello stesso capogruppo Pd, il recepimento della norma Monti e la conseguente eliminazione delle Province siciliane".

Rudy Maira, capogruppo del Pid all'Ars e i deputati Toto Cordaro, Marianna Caronia e Totò Cascio, hanno affermato: "Con il voto al ddl sulle funzioni delle province, il parlamento regionale ha evitato una soppressione acritica di questi enti territoriali, salvaguardando peraltro il sistema democratico di elezione a suffragio universale piuttosto che introdurre un sistema di elezione di secondo grado in cui la casta avrebbe indicato vertici e componenti dei consigli privilegiando magari amici, parenti e trombati". "Va detto comunque che la legge votata si inquadra in una necessità di razionalizzazione dei costi della politica ed apre ad una riforma organica con un vero taglio agli sprechi che dev'essere indirizzato verso altri enti territoriali che talvolta, nel complesso, hanno costi ben più elevati ed insostenibili, e che quindi debbono essere inglobati nelle stesse province".

Abrogata l'incompatibilità "medico-sindaco" - In Sicilia anche i medici che svolgono l'attività nei comuni con più di 28.500 abitanti potranno ambire a diventare sindaci o assessori. Una norma, inserita nel disegno di legge sul rinvio del voto nelle Province di Ragusa e Caltanissetta approvato ieri pomeriggio, abroga l'incompatibilità che era prevista dall'articolo 15 della legge regionale 31 del 24 giugno del 1986.
Al momento del voto finale, alcuni deputati regionali hanno protestato in modo vibrante. Il deputato questore Giovanni Ardizzone (Udc) in aula ha parlato di "banditismo istituzionale" rimediando due richiami da parte della Presidenza dell'Assemblea, in quel momento condotta dal vicario Santi Formica (Pdl). "Oggi abbiamo liberalizzato le candidature", ha urlato verso i banchi parlamentari.
Contro la norma taglia-incompatibilità si è scagliato anche il deputato Fabio Mancuso (Pdl) che, insieme all'Udc, ha chiesto il voto segreto senza però ottenere l'appoggio dei colleghi parlamentari per raggiungere il numero previsto dal regolamento (12).
Il capogruppo dell'Udc, Giulia Adamo, che ha bollato come "emendamento-trucco" l'intera legge sulle Province, ha detto: "Non solo abbiamo assistito all'approvazione in aula di un documento sulla riforma delle province che offende l'operato di questa assemblea ma, la cosa ancor più grave, abbiamo visto inserire e approvare a sorpresa una norma che rimuove quei criteri di incompatibilità tra incarichi politici e amministrativi e mondo sanitario, per consentire a primari e medici di partecipare alla campagna elettorale di maggio". "L'Udc per il Terzo Polo - ha aggiunto - è stato l'unico gruppo a Sala d'Ercole a votare compatto contro questa legge. L'esecutivo regionale nonostante le competenze specifiche e il tempo a sua disposizione, invece di presentare una riforma organica delle province, ha portato l'ennesima proposta di commissariamento che tanto sembra dilettare e interessare il presidente Lombardo".

Per il presidente dei senatori dell'Udc e coordinatore regionale del partito, Gianpiero D'Alia, "la decisione assunta dall'Assemblea regionale siciliana, con un voto trasversale, con la quale si eliminano le incompatibilità per l'elezione a sindaco di primari e medici convenzionati è non solo scandalosa, ma anche immorale". "Essa - ha aggiuntp l'esponente centrista - è frutto del modo peggiore di concepire la politica ed il ruolo delle pubbliche istituzioni. Questo voto è il risultato di uno squallido inciucio tra Pd, Pdl e altri pezzi dell'attuale maggioranza di governo. Un'Assemblea che vota una legge di questo tipo dovrebbe essere sciolta in 24 ore".
In difesa della norma, il deputato Lino Leanza (Mpa): "Ci siamo adeguati al resto del Paese, non aveva senso mantenere una norma che discriminava i medici dei comuni con più di 28.500 abitanti rispetto a quelli di comuni più piccoli che potevano tranquillamente candidarsi". E ai deputati che hanno accusato il governo di avere inserito il comma all'ultimo momento, Leanza ha risposto: "Non è vero, se n'era parlato in conferenza dei capigruppo".

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Repubblica/Palermo.it]

 

 

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01 marzo 2012
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