Niente funerali pubblici per il boss
E' morto Mariano Agate, membro della cupola di Cosa nostra, braccio destro di Totò Riina
Il questore di Trapani, Carmine Esposito, ha vietato i funerali pubblici per il boss Mariano Agate, morto ieri pomeriggio a 74 anni nella sua casa di Mazara del Vallo. Il provvedimento è stato adottato a garanzia dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Agate, membro della cupola di Cosa nostra, braccio destro di Totò Riina, era stato condannato all'ergastolo per la strage di Capaci e per gli attentati di Roma, Firenze e Milano del '93, nonché per l'omicidio del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto, ucciso a Valderice nell'85. Il boss si trovava nella sua abitazione da una decina di giorni, dopo che il Tribunale di sorveglianza di Viterbo gli aveva concesso i domiciliari per i gravi motivi di salute.
Punto di riferimento delle cosche in provincia di Trapani, Agate aveva gestito a lungo traffici di droga in collaborazione con i narcotrafficanti colombiani e con la 'ndrangheta calabrese. Il suo nome è stato citato nelle principali indagini su Cosa nostra. Risultò iscritto alla loggia massonica Iside 2 di Trapani.
I funerali pubblici furono vietati anche nel novembre del 1998 quando morì, anch'egli per cause naturali, il capomafia Francesco Messina Denaro, padre del latitante Matteo. Da ieri, la zona dove abitava Mariano Agate è tenuta sotto stretta sorveglianza dalla polizia.
L'uomo di Riina che ordinava le stragi - Mariano Agate negli anni Ottanta era diventato l'uomo più ascoltato da Totò Riina nella gestione delle "famiglie" trapanesi. Era proprio lui ad assicurargli protezione durante la latitanza. E grazie a questo ruolo era stato investito della carica di capo della cosca di Mazara del Vallo.
La sua crescita criminale è legata, nella prima fase, al controllo del traffico di droga in collaborazione con i narcotrafficanti colombiani e palermitani. I ricavi sarebbero stati investiti nelle attività imprenditoriali. Con il fratello Giovan Battista era titolare di un'impresa di calcestruzzi e di un'azienda vinicola che venivano tra l'altro utilizzate come punto d'appoggio per la struttura militare di Cosa nostra.
Negli anni della guerra di mafia Agate si schierò con i corleonesi e per questo è stato condannato anche per alcuni omicidi. Ma come componente della "cupola" avrebbe avuto una parte soprattutto nella strategia di attacco agli uomini delle istituzioni. È stato quindi condannato per l'uccisione a Trapani del sostituto procuratore Giangiacomo Ciaccio Montalto, ma assolto in Cassazione nel 1993 per l'agguato al sindaco di Castelvetrano, Vito Lipari. Il suo nome venne trovato assieme a quello di funzionari pubblici e politici locali, tra cui l'ex deputato regionale Dc Francesco Canino, nella lista degli iscritti alla loggia massonica Iside 2 di Trapani.
Agate è stato poi accusato e condannato pure per le stragi del 1993 e per il fallito attentato a Maurizio Costanzo nel 1994. A quel tempo si trovava già in carcere al regime del 41 bis (era stato condannato per traffico di droga e per associazione mafiosa nel primo maxiprocesso a Cosa nostra. Ciò non gli avrebbe impedito, secondo l'accusa, di mantenere i collegamenti con gli esponenti della sua cosca e di trasmettere ordini e messaggi all'esterno.
Il tritolo usato per uccidere Costanzo sarebbe stato prelevato da una sua azienda, la Calcestruzzi Mazara. L'azienda era anche finita nell'indagine antimafia "Eolo" perchè avrebbe ospitato summit convocati per trovare un accordo sulla costruzione del parco eolico di contrada Aquilotta a Mazara del Vallo.
[Informazioni Repubblica/Palermo.it, ANSA]