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Niente notizie locali per i detenuti al 41 bis

Per i criminali detenuti in regime di carcere duro la vita diventa sempre più difficile

19 novembre 2008

Nella prima settimana di novembre la Commissione Affari Costituzionali del Senato ha dato il via libera ad un emendamento del disegno di legge Sicurezza che contempla l'inasprimento del regime del carcere duro del 41 bis. "Oggi è un giorno molto importante - ha detto in quella occasione il ministro della Giustizia Angelino Alfano - che segna una tappa straordinariamente significativa nell'azione del governo di lotta alla mafia". Nel testo presentato dal Governo e riformulato in Commissione, vi è la risposta concreta alla necessità di impedire la comunicazione tra i boss dal carcere e dà un riscontro reale al problema delle revoche. "La bontà di questo testo - ha affermato il Guardiasigilli - ha favorito la convergenza di maggioranza e opposizione su una soluzione pienamente condivisa, che contribuisce all'affermazione della supremazia dello Stato sulle logiche di violenza, proprie di quelle organizzazioni criminali che perseguono condotte delittuose anche all'interno delle strutture carcerarie".

L'emendamento è stato, infatti, il frutto di una intesa tra maggioranza, opposizione e governo e ha come primi firmatari Carlo Vizzini (PdL), Filippo Berselli (PdL), Felice Casson (Pd), Beppe Lumia (Pd). L'emendamento di fatto aumenta a quattro anni la durata dei provvedimenti; inverte sostanzialmente l'onere della prova e sposta la competenza funzionale al Tribunale di sorveglianza di Roma per tutti i ricorsi. L'emendamento prevede anche delle norme più restrittive che riguardano il regime detentivo per impedire che dalle carceri i boss possano esercitare il loro potere sul territorio. I detenuti sottoposti a regime speciale di detenzione saranno, infatti, ristretti all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati. I colloqui tra detenuti e loro famiglie saranno e saranno sempre sottoposti a controllo auditivo ed a registrazione. La possibilità di colloqui telefonici mensili sarà ammessa soltanto per coloro che non effettueranno colloqui personali. Inoltre, i colloqui con i difensori saranno ridotti ad un massimo di tre alla settimana. La permanenza all'aperto sarà ancora consentita ma con maggiori restrizioni: non potrà superare le due ore e non potrà aver luogo in gruppi superiori alle quattro persone. Saranno, infine, introdotti accorgimenti di natura logistica al fine di garantire l'impossibilità di comunicare, di scambiare oggetti e di cuocere cibi. L'emendamento approvato ha introdotto una fattispecie autonoma di reato (art 391-bis del codice penale) che punisce con la reclusione da uno a quattro anni, chiunque consenta ad un detenuto, sottoposto a regime del carcere duro, di comunicare con altri. E' inserita anche un'aggravante nell'ipotesi in cui il fatto sia commesso da un Pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio o da un soggetto che esercita la professione forense.

Non tutti hanno però applaudito all'inasprimento del 41bis. Ad esempio l'Unione Camere Penali Italiane ha espresso la propria ferma contrarietà al regime di detenzione speciale, "inutilmente afflittivo e palesemente contrastante con i principi costituzionali e con la normativa internazionale". "La commissione Giustizia del Senato, con il voto favorevole di maggioranza ed opposizione, ha approvato un emendamento al ddl 733 - ha scritto l'Ucpi in una nota - che inasprisce ancor più il regime di carcere duro previsto dall'art. 41 bis Ordinamento penitenziario, intervenendo sulla sua durata, accentuando l'onere della prova a carico del detenuto, introducendo una competenza esclusiva del Tribunale di Sorveglianza di Roma e limitando ancor più i diritti fondamentali della persona". "L'inasprimento del 41 bis - ha spiegato il leader dei penalisti Oreste Dominioni - non garantisce un maggior livello di sicurezza nelle carceri, né impedisce i rapporti tra i detenuti e gli appartenenti ai diversi sodalizi criminosi; esso però viola i più elementari diritti della persona, e fra di essi il diritto di difendersi secondo le ordinarie regole processuali". "L'emendamento - ha detto ancora Dominioni - intende in verità conseguire una inammissibile stabilizzazione sine die di un regime necessariamente temporaneo, che, unitamente alla sua crescente disumanità, è destinato a far fronte alla incapacità investigativa dello Stato, alimentando la fabbrica del pentitismo, e ciò a costo di sacrificare ulteriormente i più elementari diritti della persona".

Al di la dell'inasprimento voluto da maggioranza e opposizione, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria autonomamente e quando lo riconosce opportuno, mette in atto i propri vincoli e i propri divieti, come ad esempio quello che vieta ai boss mafiosi detenuti in regime di 41 bis la lettura dei giornali locali. D'ora in poi, infatti, i boss mafiosi potranno leggere solo quotidiani nazionali: l'obiettivo è di impedire il controllo del territorio anche dalla galera.
Il divieto, inserito in una circolare del Dap emessa nei mesi scorsi, è scattato in seguito a indagini scaturite dalle minacce rivolte da boss detenuti a giornalisti o imprenditori, alcuni dei quali sono adesso sotto scorta. Proprio attraverso i giornali i boss avrebbero appreso notizie e controllato l'attività investigativa nel territorio.
Dalle indagini si è notato che sono molti i mafiosi che risultano abbonati a giornali della propria città che ricevevano ogni giorno in cella prima che entrasse in vigore il divieto.

Il provvedimento è stato impugnato da un boss palermitano, Filippo Guttadauro, al 41 bis da luglio 2006, condannato a 18 anni di reclusione, indicato come favoreggiatore di Bernardo Provenzano, e cognato del boss latitante di Trapani, Matteo Messina Denaro.
Il magistrato di sorveglianza di Cuneo, competente perché Guttadauro è detenuto nel carcere piemontese, ha respinto il ricorso del boss, disponendo il divieto di ricevere e acquistare quotidiani locali dell'area geografica di appartenenza. Il provvedimento del giudice vale fino al 22 aprile 2009. Il magistrato, dopo aver sottolineato lo spessore criminale del boss, ha evidenziato che: "La lettura dei quotidiani locali può favorire a rafforzare un collegamento diretto del detenuto con il sodalizio criminale di appartenenza, tenuto conto del fatto che detti quotidiani offrono una descrizione particolarmente dettagliata degli episodi di cronaca locale e che i detenuti potrebbero avvalersi di tali testate giornalistiche sia per verificare l'avvenuta esecuzione di eventuali ordini veicolati all'esterno, sia per entrare in contatto con personaggi indirettamente coinvolti con l'attività del gruppo di appartenenza".
La libertà di informazione viene ritenuta basilare per il magistrato di sorveglianza, il quale, proprio su questo punto dice: "Viene in ogni caso salvaguardata attraverso l'acquisto di quotidiani nazionali che riportano le più importanti notizia di cronaca, generalmente in modo meno dettagliato e particolareggiato di quanto faccia la stampa locale".

[Informazioni tratte da Apcom.net, il Velino.it, La Siciliaweb.it]

- Nel cercere milanese di Opera... (Guidasicilia.it, 11/11/08)

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19 novembre 2008
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