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No alla revisione del processo Contrada

Per la Procura della Cassazione non ci sarebbero prove nuove per riaprire il caso

06 giugno 2012

La Procura della Cassazione ha chiesto, innanzi ai giudici della Seconda sezione penale, di dichiarare "inammissibile" il ricorso dell'ex numero due del Sisde, Bruno Contrada, contro la decisione della Corte d'appello di Caltanissetta che lo scorso 8 novembre ha detto 'no' alla richiesta di revisione del processo nel quale è stato condannato a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.

Per la Procura non ci sono "prove nuove" per riaprire il caso. Ad avviso della Procura della Suprema corte, il "nucleo centrale della prospettazione probatoria" sostenuta dalla difesa di Contrada fa riferimento a "circostanze che emergono dal libro del magistrato Antonio Ingroia 'Il fallimento degli dei' delle quali è stato esclusa in maniera ineccepibile in carattere di 'prova nuova' necessario per mettere in discussione una condanna irrevocabile".
"Per altro - ha aggiunto la Procura nella sua requisitoria - non sono nemmeno indicate le circostanze in base alle quali la difesa sostiene la tesi del complotto dei pentiti ai danni di Contrada". In proposito la Procura ha osservato che "dalla indagine difensiva sul pentito Scarantino non è emerso alcun elemento dal quale dedurre sostegno alla tesi del complotto perché il pentito ha riferito di non aver avuto alcuna sollecitazione dalla polizia per indurlo a dire il falso".
Infine la Procura ha sottolineato che "nessun carattere di novità come 'prova nuova', e nessuna rilevanza, può essere data a una lettera di stima che il presidente Cossiga scrisse a Contrada".

Circa un anno fa, la Suprema Corte aveva già negato la revisione a Contrada e nelle motivazioni del verdetto che, nel 2007, ha reso definitiva la condanna di Contrada, aveva sottolineato come contro l'ex “superpoliziotto” non c'erano solo le parole dei pentiti ma anche quelle di numerosi suoi colleghi e servitori dello Stato. Tra i colleghi di Contrada che diffidano di lui, c'era anche - ha ricordato la Cassazione - Boris Giuliano, il capo della squadra mobile di Palermo assassinato dalla mafia. E proprio i favori fatti a Cosa Nostra hanno portato alla condanna di Contrada. Almeno nove le vicende nelle quali l'ex numero due del Sisde ha contribuito a sventare le retate della polizia contro gli appartenenti ai clan e a favorire la latitanza, e la fuga di boss di rilievo come John Gambino.

Contrada - condannato a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa - non è stato presente ieri mattina in Cassazione all'udienza. "Per motivi di salute - ha spiegato il suo legale Giuseppe Lupera - Contrada non è potuto essere presente anche se aveva ottenuto il permesso dalla magistratura di sorveglianza. Finirà di scontare la pena entro il prossimo ottobre".
Il collegio che si è occupato dell'ultima vicenda con la quale Contrada mette una pietra sopra alle speranze di revisione, è stato presieduto da Antonio Esposito mentre il consigliere Antonio Manna, ha svolto la relazione introduttiva della vicenda e, entro novanta giorni, depositerà le motivazioni dell'ultimo ‘no’. Infine i giudici Geppino Rago, Enzo Iannelli e Roberto Carrelli Palombi sono gli altri magistrati del collegio giudicante.

[Informazioni tratte da Ansa, Lasiciliaweb.it, Corriere.it]

 

 

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06 giugno 2012
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