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NO-FLY ZONE

Gli USA e la Nato pronti per un intervento militare in Libia. Gheddafi ha offerto le dimissioni ma i ribelli hanno rifiutato

08 marzo 2011

In Libia le violenze continuano. Ieri sono state decine le persone che hanno perso la vita negli scontri tra le milizie fedeli a Gheddafi e i rivoltosi che sono riusciti a respingere i violenti attacchi per riprendere il controllo delle città costiere.
"Da qualche giorno sembra che i rivoltosi stiano ottenendo dei risultati, ma in generale sembra che le truppe fedeli a Gheddafi guadagnino terreno". Queste le raccolte ieri dall'inviato di Al Jazeera da Brega. "Se i rivoltosi vogliono conquistare Sirte - ha aggiunto - dovranno prepararsi a duri scontri lungo il tragitto".
Secondo una fonte libica del quotidiano arabo Asharq al Awsat, Gheddafi si starebbe preparando per la battaglia finale a Sirte. Il Colonnello avrebbe reclutato nelle scorse settimane decine di piloti stranieri, siriani, algerini, ucraini, serbi e romeni, per i suoi caccia in modo che sferrino dei raid contro gli oppositori senza remore. Gheddafi avrebbe inoltre chiesto garanzie precise ai ribelli sulla sua persona nel caso in cui scegliesse di lasciare il paese e andare in esilio all'estero, mentre continuano i raid aerei su Ras Lanouf, città portuale e snodo petrolifero, e su altre località dell'est in mano ai ribelli. Intanto, la Casa Bianca e la Nato si preparano a un intervento militare.

Dalla Libia, sostanzialmente, le informazioni che arrivano sono contrastanti. Come quella, appunto, data da Al Jazeera senza fornire particolari, di un'offerta fatta dal colonnello agli insorti tramite il suo ex primo ministro Jadallah Azzouz Talhi: convocare il Congresso del popolo (Parlamento) per definire le sue dimissioni con una serie di garanzie, a cominciare da un salvacondotto per lui e la sua famiglia, e trasferire il potere a un comitato formato dallo stesso Congresso. La stessa tv qatariota ha riferito poco dopo che il governo provvisorio dei rivoltosi a Bengasi ha respinto la proposta perché in questo modo l'uscita di scena del rais sarebbe "onorevole" e offenderebbe le sue vittime. Di una disponibilità del colonnello a lasciare, subordinata ad alcune condizioni, ha parlato anche Asharq al Awsat mentre su Twitter si susseguono commenti e notizie a riguardo.

Gli insorti chiedono l'intervento delle aviazioni militari straniere a difesa dei pozzi e aggiungono: "Gheddafi è pronto a sommergervi di clandestini". "Il regime di Muammar Gheddafi sta preparando la partenza di migliaia di clandestini presenti nel proprio paese verso l'Europa", ha denunciato il portavoce dei ribelli che controllano la città di Misurata, Abdel Basat Abu Zairiq, in un colloquio telefonico con Al Jazeera. "Nella zona di Dakhil, vicino Misurata, il regime sta preparando la partenza di migliaia di clandestini verso le coste europee - ha affermato - e questo per dimostrare che i ribelli in Libia rappresentano un pericolo anche per i paesi europei". "Il Consiglio nazionale libico è contrario al fenomeno dell'emigrazione clandestina verso l'Europa e manterremo tutti gli impegni presi dalla Libia su questo tema" ha affermato un esponente del gruppo ribelle libico, Mahmoud Shalman. "Muammar Gheddafi sta raccogliendo tutte le imbarcazioni che trova per far partire ondate di clandestini verso l'Italia - ha affermato - Lo fa per dimostrare all'Europa che le sue minacce sono vere. In queste ore un nostro rappresentante si trova a Bruxelles e sta parlando con le diplomazie dei diversi paesi europei per rassicurarli sul fatto che noi siamo contro l'immigrazione clandestina e che vogliamo solo costruire uno stato di diritto in Libia".
Ieri sera, Ivo Daalder, rappresentante permanente Usa alla Nato, in una conferenza stampa telefonica ha indicato che aerei da ricognizione Awacs della Nato stanno sorvegliando 24 ore su 24 i cieli della Libia.
Prima di qualsiasi pronunciamento del presidente Barack Obama, su un possibile intervento armato della Nato, il segretario generale dell'Alleanza atlantica Anders Fogh Rasmussen ha dichiarato che "non si può restare fermi", che la Nato è pronta ad agire, ma ha ammesso che l'intervento militare in Libia è il grande dilemma della comunità internazionale. La Nato, infatti, non si muoverebbe se non dietro mandato del Consiglio di sicurezza, dove Francia e Gran Bretagna stanno redigendo il testo di una risoluzione per la no-fly zone sullo spazio aereo libico. Risoluzione che vede d'accordo il ministro degli Esteri Franco Frattini: "L'attacco contro i civili giustifica una riflessione per una no fly zone - ha dettto il titolare della Farnesina - Ma ci vuole un mandato del Consiglio di sicurezza dell'Onu, una deliberazione della Nato e aggiungo che condizione imprescindibile è la non contrarietà della Lega araba e dell'Unione africana". Ma da Mosca, il Cremlino mette tutti in guardia: siamo contrari a qualsiasi tipo di missione militare internazionale in Libia. Il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, è stato chiaro: "Il problema è solo libico, se la vedano tra loro".
Contrario all'opzione militare è anche il ministro dell'Interno Roberto Maroni. "Se si interviene nel modo sbagliato, la Libia può trasformarsi nel nuovo Afghanistan, nelle mani dei terroristi. Tutto vogliamo tranne che questo. Prima di decidere di bombardare, prima che i guerrafondai prendano il sopravvento, occorre sviluppare una politica di aiuti". "Non mi preoccupa il presidente Obama, quanto certi guerrafondai che preferiscono le scorciatoie, senza rendersi conto di come un intervento militare significherebbe la terza guerra mondiale". ha aggiunto il ministro Maroni. "Un'azione militare forte, in particolare da parte degli Usa non farebbe altro che coalizzare gli altri Stati arabi". "Un'intervento militare - ha aggiunto poi il ministro - deve essere l'ultima delle strade percorribili". Anche per questo sarebbe opportuno puntare su altre azioni, come ad esempio "una sorta di nuovo piano Marshall" e un ruolo di primissimo piano per l'Europa, che "deve fare qualcosa perché non possiamo permetterci che resti un agglomerato di burocrati".

I Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, che raggruppa i ricchi emirati della Penisola Arabica, hanno chiesto un vertice urgente della Lega araba sulla crisi libica. E, all'apertura del vertice del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg), hanno chiesto alle Nazioni Unite di intervenire per proteggere il popolo libico: "È necessario uno sforzo comune per aiutarlo", ha detto il ministro degli Esteri degli Emirati, Abdallah ben Zayed, chiedendo "alla comunità internazionale, e in primo luogo al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, di assumersi le proprie responsabilità storiche". Dal canto suo, il segretario generale del Consiglio, Abdel Rahman al-Attiya, ha affermato che i Paesi che fanno parte di questa organizzazione sovranazionale "costituiscono una sola famiglia, la sicurezza della quale è indivisibile e costituisce un filo rosso". Interpellato sulla opportunità di un possibile piano Marshall da parte dei paesi ricchi del Consiglio, per aiutare Bahrein e Oman, ha risposto: "Noi siamo solidali con tutto ciò che può portare sviluppo, sicurezza e prosperità". Il consiglio di cooperazione dei Paesi del Golfo ha chiesto anche l'imposizione della no fly zone sulla Libia da parte dell'Onu.

E dopo l'ok alla 'no-fly zone' dato dal Consiglio di Cooperazione del Golfo, il segretario generale dell'Organizzazione della Conferenza Islamica, Ekmeleddin Ihsanoglu, ha chiesto alle Nazioni Unite di imporre una 'no-fly zone' sul territorio libico. "Uniamo la nostra voce a quelle che reclamano una 'no-fly zone' in Libia, e ci appelliamo al Consiglio di Sicurezza affinché adempia il proprio dovere al riguardo", ha dichiarato il diplomatico turco aprendo nella sede centrale della stessa Conferenza, nella città santa saudita di Gedda, una seduta di emergenza dedicata alla crisi nel Paese nord-africano. L'entità pan-islamica, la più grande a carattere sovranazionale dopo la stessa Onu, ha una propria rappresentanza permanente presso il Palazzo di Vetro. Ihsanoglu ha puntualizzato tuttavia che la Conferenza Islamica, della quale è membro la stessa Libia insieme ad altri 55 Paesi musulmani di due continenti, si oppone a "qualsiasi interferenza militare sul terreno". Il segretario generale dell'Organizzazione ha quindi sollecitato le autorità libiche a "consentire immediatamente l'ingresso di aiuti umanitari" nel loro Paese.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, AGI, Corriere.it, Repubblica.it]

 

 

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08 marzo 2011
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