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Noi Italia

Il triste quadro dipinto dall'Istat. Italiani sempre più sfiduciati: lavorano meno di sei persone su dieci

20 febbraio 2015

Italiani sempre più sfiduciati. Su 3 milioni che nel 2013 non hanno cercato lavoro, ma avrebbero voluto lavorare, quasi la metà, il 46,4%, è scoraggiato: un 'esercito' di 1,5 milioni di persone che una occupazione neanche la cercano più, convinti che non riuscirebbero a trovarla.
A scattare la fotografia di quella parte di Paese deluso dal mercato del lavoro, sono i dati Istat contenuti nel rapporto 'Noi Italia 2015' che annota come siano d'altra parte "persistenti i meccanismi di scoraggiamento che deprimono l’ingresso nel mercato del lavoro di ampie fasce di popolazione".
A preoccupare è soprattutto la disoccupazione giovanile. Nel 2013 infatti il tasso di disoccupazione giovanile in Italia ha raggiunto il livello più elevato dal 1977 ad oggi, pari al 40%, in aumento di 4,7 punti rispetto al 2012 e di 16,5 punti rispetto al 2004.

E ancora, la disoccupazione in Italia non molla la presa: nel 2013 il tasso ha proseguito la sua crescita toccando il 12,2, l'1,5 punti percentuali in più rispetto al 2012, raggiungendo così il livello più elevato dal 1977. Ma è quella di lunga durata, cioè la disoccupazione che si protrae per più di 12 mesi, a registrare la performance peggiore: la sua incidenza è passata dal 52,5 per cento del 2012 al 56,4 per cento nel 2013, il livello più alto raggiunto nell’ultimo decennio con un’incidenza superiore al 50% del totale dei disoccupati. Nel 2013 risultano occupate quasi 6 persone su dieci in età 20-64 anni, con un forte squilibrio di genere a sfavore delle donne e un marcato divario territoriale tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno.

Nel rapporto 'Noi Italia 2015', l’Istat ricorda poi che nel nostro Paese sono oltre 10 milioni le persone in condizioni di "povertà relativa", che presentano una spesa per consumi inferiore alla soglia di riferimento. Si tratta del 16,6% della popolazione. La "povertà assoluta", che non consente di avere standard di vita accettabili, coinvolge invece il 7,9% delle famiglie, per un totale di circa 6 milioni di cittadini.
"Il 23,4% delle famiglie vive in una situazione di disagio economico, per un totale di 14,6 milioni di individui", scrive l'Istat. L'anno prima comunque la percentuale era ancora più alta (24,9%). Tornando al dato più recente, circa la metà, il 12,4% dei nuclei, si trova in grave difficoltà. Le statistiche si basano sull'indicatore di deprivazione, che scatta quando si presentano almeno tre sintomi (dopo i quattro si parla di seria deprivazione) su un set di nove. La lista del fattori di rischio va dal non poter sostenere spese impreviste, ad accumulare arretrati nei pagamenti (mutui, affitti, bollette). Ecco che nel 2013 il 23,4% delle famiglie residenti in Italia presenta almeno tre delle difficoltà considerate (il 12,4% nel caso di quattro o più) con differenze marcate tra i diversi indicatori: il 2,6% dichiara di non potersi permettere l'acquisto di una lavatrice, un televisore a colori, un telefono o un'automobile, mentre sono il 50,4% quelle che non possono permettersi una settimana di vacanza lontani da casa.

Circa il 19% dice di non riuscire a riscaldare adeguatamente l'abitazione e il 14,5% di non potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni due giorni. Infine, il 12% è rimasto in arretrato con almeno un pagamento e il 40,5% non riuscirebbe ad affrontare una spesa imprevista di 800 euro.
Il panorama territoriale mette in evidenza il forte svantaggio dell'Italia meridionale e insulare, con valori più che doppi rispetto alla media nazionale. Nel Mezzogiorno, le famiglie deprivate sono il 40,8% di quelle residenti, contro il 15,4% del Nord-ovest, il 13,1% del Nord-est e il 17,3% del Centro. Le situazioni più gravi si registrano in Sicilia (50,2), Puglia (43), Calabria e Campania (38,8). I valori più bassi invece si ritrovano nella provincia autonoma di Trento (10,6), nel Veneto (12,1), in Piemonte (12,2), in Toscana (12,5) e in Emilia-Romagna (14,1).

Il rapporto poi continua a dipingere un quadro dell'Italia sulla popolazione. Sono oltre 4,9 milioni i cittadini stranieri iscritti nelle anagrafi dei comuni italiani all'inizio del 2014, l’8,1 per cento del totale dei residenti, l’aumento rispetto al 2013 è del 3,7 per cento. E la maggiore concentrazione è al Centro-Nord e ancora in un anno è diminuito il flusso in ingresso dei cittadini non comunitari.
Il dossier poi registra 154,1 anziani ogni 100 giovani: un indice di vecchiaia per cui in Europa ci 'supera' solo la Germania (158,4). La Liguria si conferma la regione più anziana, mentre quella più giovane è la Campania.
Per quanto riguarda la criminalità si registra una diminuzione degli omicidi volontari, sia consumati sia tentati, in particolare degli uomini il cui tasso su 100mila maschi passa da 4,4 nel 1992 al 1,1 nel 2013, rimane costante il numero di omicidi di donne, intorno allo 0,5 per 100 mila femmine. L’omicida delle donne è nel 42,5% dei casi il partner o l’ex partner. Sono aumentati furti e rapine: quasi 44mila nel 2013 con un aumento del 2,6% rispetto l'anno precedente.

Secondo il rapporto i matrimoni che sono in calo: rispetto al 2012 sono state celebrate 13.081 nozze in meno, una diminuzione che ha interessato soprattutto i primi matrimoni di sposi entrambi italiani che risultano 145.571 (quasi 8.000 in meno rispetto al 2012 e 40.000 circa in meno negli ultimi 5 anni).
In merito al Welfare, l'Istat ha registro nel 2013 una spesa che supera il 30% del Pil: il suo ammontare per abitante sfiora gli 8 mila euro l'anno. All'interno della Ue a 28, il nostro Paese presenta valori appena superiori alla media, sia in termini pro capite sia di quota sul Pil. Il 56,2% dei Comuni italiani ha attivato nel 2012 almeno un servizio tra asili nido, micronidi o altri servizi integrativi-innovativi per l'infanzia.

- Rapporto Istat "Noi Italia 2015"

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20 febbraio 2015
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