Non desiderare la donna d'altri
L'atavica rivalità fraterna in un film ''nudo e crudo'' nato sotto il segno del ''Dogma''
NON DESIDERARE LA DONNA D'ALTRI
di Susanne Bier
Caino e Abele in un film nato sotto il segno del Dogma.
Due anni dopo ''Open hearts'', Susanne Bier torna a parlare di sentimenti e legami familiari spezzati. Due fratelli: Michael e Jannik, dai rapporti pessimi. A differenza di Michael, militare in carriera con una bella moglie e due figlie adorabili, Jannik nella vita ha combinato poco o nulla e soprattutto guai. Ma quando Sarah, la moglie di Michael, riceve la notizia della scomparsa del marito sul fronte afghano, Jannik si assume la responsabilità della famiglia. Col passare del tempo e del dolore, tra lui e Sarah s'instaura una forte attrazione tenuta prudentemente a freno.
Poi un giorno Michael torna a casa traumatizzato dalla prigionia…
Produce Lars Von Trier. Ulrich Thomsen e Connie Nielsen miglior attori al Festival di San Sebastian 2004.
Distribuzione Teodora
Durata 112'
Regia Susanne Bier
Con Ulrich Thomsen, Connie Nielsen, Nikolaj Lie Kaas
Genere Drammatico
La critica
''Dalla nouvelle vague danese, esperta nei grovigli di vipere annidati in famiglia, il film di Susanne Bier fa da semaforo tra comico e tragico, muovendo maree ed ondine del destino. (...) Si passa per violente emozioni: l'importante è affermare la priorità degli affetti e l'armistizio dei sentimenti. Anche se lo stile brutale e tenero del film resta non sintonizzato e alcuni personaggi sgusciano via senza salutare, il drammone a porte chiuse si segue con curiosità grazie a una compagnia di attori psicosomaticamente accesi, fra cui la star nordica Ulrich Thomsen. Stile mezzo dogmatico, voglia di melò frenata, ammirazione per i sentimenti fuori riga, nevrosi multi familiare''.
Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 26 marzo 2005
''Duro, diretto, sgradevole fino alla crudeltà. Dogma o non Dogma, da quando è tornato a mietere premi nei festival, questa sembra la prima qualità del cinema danese. Da 'Festen' a 'L'eredità', nessuno oggi spinge la lama più a fondo di Lars Von Trier e dei suoi connazionali. Ma senza pathos, senza slanci mélo, senza chiedere o elargire clemenza se perfino una donna, Suzanna Bier, può affondare il bisturi nei nodi di una famiglia come tante. (...) Qualche passaggio è brusco, qualche psicologia appare eccessivamente (strumentalmente?) rigida. Ma l'insieme emana fermezza, sgomento, pietas e dolore autentico''
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 25 marzo 2005
Il dolore del prigioniero sgretola la famiglia
di Natalia Aspesi (la Repubblica)
Militare in missione ONU nell'Afghanistan in guerra, Michael è dato per morto e la notizia piomba luttuosa in quello che era stato sino a quel momento il microcosmo sereno della sua famiglia: la bella, sensuale moglie Sarah, le due bambine piene di allegria, i genitori ancora giovani.
La sofferenza ferisce anche Jannik, il fratello scapestrato appena uscito di prigione, e lo rende responsabile, spingendolo a prendersi carico di quella famiglia amputata: il dolore, un dolore profondo, dignitoso, senza lacrime, in qualche modo avvicina Sarah e Jannik, come se la reciproca attrazione potesse in qualche modo sottrarli al vuoto che si è impossessato di loro.
Ma Michael non è morto, è stato catturato dai talebani e, liberato dai compagni, torna, in una famiglia che stava per trovare un suo nuovo equilibrio: ma anche lui è un altro, è un uomo tormentato, prigioniero di un ricordo disumano. Finita ogni tenerezza, diventa violento, immagina, sbagliando, che Sarah l'abbia tradito con Jannik: è come se volesse incolpare le persone che tanto ha amato per quel gesto di ferocia cui è stato costretto da prigioniero, che non può dimenticare, che non si può perdonare.
Il film della regista danese Susanne Blier è commovente, semplice, con attori magnifici (Connie Nielsen e Ulrich Thompsen, il biondo di "Festen"), come buona parte del cinema scandinavo sa esaltare laicamente i valori familiari ed etici, il peso dei sensi di colpa e la capacità di comprensione e perdono.