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Non si placa la polemica suscitata da Report

Cattaneo: «La puntata riparatrice non è contro Report ma un esempio di pluralismo»

19 gennaio 2005

La polemiche di questi ultimi giorni sulla puntata del programma ''Report'', andata in onda sabato scorso, che parlava della costante e forte presenza mafiosa nella Sicilia post Riina, Brusca e altri, sembra non ci sia modo di farla cessare. Il motivo fortunatamente è chiaro, l'assurda indignazione manifestata da diversi esponenti di centrodestra, prima su tutte quella del presidente della Regione Siciliana Totò Cuffaro, ha rivelato a quale grado di occultamento della verità si sia arrivati in Sicilia e nell'Italia dell'era Berlusconi.
Non si può rimanere indifferenti quando si tacciano di falsità, rivelazioni - che poi non sono altro che relazioni messe bianco su nero - di fatti riconosciuti e risaputi da tutti, e si grida allo scandalo quando la denuncia, non nuova, viene trasmessa in Tv in prima serata.
A ben ricordare, il governatore Totò Cuffaro non è nuovo all'indignazione nel momento in cui qualcuno denuncia la parte malata di una regione senz'altro splendida e piena di risorse. Grazie al censurato e sempre censurabile programma Blob, in questi giorni infatti, tutti hanno avuto la possibilità di vedere con quale caloroso impeto un giovane Totò Cuffaro, presente alla prima staffetta Rai-Fininvest (1991) contro la mafia e in onore dell'imprenditore Libero Grassi, ucciso dalla mafia, che vedeva assieme Samarcanda di Michele Santoro e il Maurizio Costanzo Show, inveiva, accusando di parzialità, distorsione dei fatti e di ''giornalismo mafioso'', Santoro e Costanzo che avevano come ospite il giudice Giovanni Falcone.   
Quindi, seguendo il filo rosso dell'indignazione verso la denuncia alla mafia, si deduce almeno una coerenza di pensiero in Totò Cuffaro, che da anni ormai denuncia a sua volta la menzognera vocazione dei giudici, dei magistrati e di chiunque alza la testa per rimpossessarsi della propria dignità di uomo depredata dalla mafia.

Dal punto di vista di chi si è ritenuto offeso e defraudato dall'inchiesta ''La mafia che non spara'', le parole di Milena Gabanelli, autrice di 'Report', in difesa del lavoro di Maria Grazia Mazzola, suoneranno come faziose giustificazioni che affondano le proprie radici nella menzogna:  ''A parlare, in quel servizio, erano proprio i siciliani. Magistrati, imprenditori, liberi cittadini, così come l'autrice del servizio, Maria Grazia Mazzola''. ''Questo è il nostro mestiere - ha sottolineato la Gabanelli -, e ci sembrerebbe di farlo male se ci occupassimo di queste cose solo quando ci scappa il morto. Il nostro modo di operare è nitido, trasparente. Abbiamo offerto fatti precisi. Noi siamo gli unici a pubblicare online i testi integrali dell nostre puntate''.
''Abbiamo dato voce agli imprenditori onesti, - a risposto Milena Gabanelli circa le critiche sul mancato rilievo dato al lato positivo dell'imprenditoria siciliana -, e hanno spiegato che lavorare onestamente da quelle parti è molto difficile. Devono girare con la scorta, e denunciano la situazione''.

Da Viale Mazzini arriva candido l'appunto del direttore generale della Rai di Flavio Cattaneo, spiegando che la decisione di mandare in onda una puntata di ''Punto e a Capo'' che parli di un'altra Sicilia ''non è contro Report, semmai è in favore del pluralismo''. ''Report è un programma d'inchiesta, e il giornalismo d'inchiesta parla delle cose che vanno male - ha detto Cattaneo -. La società siciliana però è molto articolata, e la Rai vuole solo che un altro programma parli di quella Sicilia che lavora e produce''. Il direttore della tv di Stato non vede poi nella messa in onda della trasmissione sulla seconda rete un possibile antagonismo con Rai3, e circa il mancato affidamento della stessa a 'Report' afferma: ''La nostra azienda è come l'agorà greca, tutti hanno diritto di parlare. La Sicilia ospita decine di multinazionali; trovo sacrosanto valorizzarle, altrimenti si corre il rischio di dare una visione distorta di una regione importante''. Per quanto riguarda invece il fatto che tutte le proteste contro 'Report' arrivino dal Polo, Cattaneo, sempre in maniere candida, la butta sul campanilismo: ''Quando tocchi una città o una regione scatta un orgoglio territoriale, comune a tutti i partiti. E' una polemica culturale, non politica - chiude il direttore generale -, in Sicilia poi neanche si vota''.

Lecito però chiedersi di come sarà fatta una puntata di ''riparazione''. A chiederselo sono anche Giuseppe Giulietti e i commissari DS in commissione parlamentare di Vigilanza: ''La Rai di Cattaneo, a quanto si apprende , intende promuovere una puntata di 'riparazione' su Raidue per riparare i guasti che sarebbero stati provocati dalla bella e rigorosa inchiesta sulla mafia trasmessa dalla rubrica 'Report'. Come sarà la puntata di riparazione? Sarà forse a favore della mafia? Sarà data la parola agli imputati e ai condannati eccellenti? Sfileranno gli amministratori inquisiti? O si parlerà della cassata alla siciliana?''. ''Quanto sta accadendo avviene per l'ennesimo atto di obbedienza alle proteste della destra - sostiene Giulietti - Cuffaro comanda e Cattaneo obbedisce. Cattaneo ha parlato della necessità di assicurare la presenza di tutti i punti di vista, ma la stessa sensibilità non si è manifestata quando sono stati cacciati i Biagi, le Guzzanti, i Santoro, i Paolo Rossi. Cattaneo non ha mai ipotizzato trasmissioni di riparazione di fronte alle censure e agli oltraggi che si sono consumati in tante trasmissioni di Raiuno e Raidue verso tanta parte della comunità nazionale''.

Nelle file della maggioranza siciliana, per fortuna ancora esiste una persona che, più che vedere la lesa dignità della Sicilia nella puntata di Report, tiene a mantenere alta la propria dignità di persona intelligente. L'assessore regionale al Turismo, Fabio Granata, già presidente della Commissione regionale antimafia, con riferimento alle polemiche e al dibattito di questi giorni sui condizionamenti mafiosi in Sicilia, ha infatti sottolineato che ''indignarsi per un programma antimafia e affermare che in Sicilia non è cambiato niente, sono due facce della stessa medaglia: An rilanci una terza via''.
Secondo Granata ''dal 1992 in Sicilia sono cambiate, in meglio, tante cose grazie alle battaglie e ai sacrifici umani, questo dovrebbe ricordarlo anche e soprattutto il procuratore Grasso. Ma, allo stesso tempo, un certo livello di controllo mafioso sulle attività imprenditoriali e alcune collusioni col settore della politica non sono trame 'comuniste', né 'giornalistiche', bensì una realtà ancora viva. An deve interpretare una terza via - ha continuato l'assessore - ricordando con orgoglio le dinamiche di cambiamento avvenute, ma non minimizzando la realtà attuale, tenendo sempre alta la bandiera della legalità e dell'antimafia''.


Dalla puntata di Report di sabato 15 Gennaio 2005

Totò Riina dal carcere: ''Io dico che un Governo vale l'altro i governi sono gli stessi. C'è solo uno strumento politico del Signor Violanti… c'è sempre il partito sono i comunisti che portano avanti queste cose, il signor Violante, il Signor Caselli da Palermo, cioè tutta una combriccola, c'è il signor Arlacchi che scrive, che cosa scrive il Signor Arlacchi, tutte cose comuniste me lo lasci dire. Io sono stato isolato 16-17 mesi da tutto e da tutti; ogni tanto mi si attacca una televisione e poi si sta 7-8 mesi senza perché mi debbo pentire, io non ho niente da pentire, è inutile che mi trattano così, io non ho niente da pentire, se avessi cose da pentirmi me ne pentirei; il pentito non l'ho fatto perché non ho niente da pentire; latitante io lavoravo, mi campavo la famiglia, ho una moglie, quattro figli, ho 4 gioielli di figli''.

Voce fuori campo dell'autore: Esplode così Toto Riina il 25 aprile 94 nell'aula di Reggio Calabria perché mal sopporta il 41 bis ovvero il regime del carcere duro per i mafiosi, già quando era duro perché soltanto due anni fa le procure di Palermo e Reggio Calabria scoprono che il più grande traffico di droga degli ultimi 15 anni parte proprio da una cella del 41 bis di un super carcere italiano. Protagonista un mafioso di rango del trapanese, pluriergastolano, Mariano Agate, detto il "signor del male". La rivelazione arriva dalle intercettazioni ambientali durante l'ora dei colloqui; per fare uscire gli ordini si serve del figlio Epifanio laureato in legge alla Luiss e gli confida:"Ho seguito i lavori parlamentari sul 41 bis, digli a quell'avvocato che papà è contento."

Antonino Ingroia - sostituto procuratore Repubblica Palermo: ''Oggi rispetto al periodo successivo alle stragi, abbiamo meno uomini per le indagini, meno uomini per la cattura dei latitanti, l'efficienza del sistema carcerario è peggiorato, i mafiosi tornano a dirigere i traffici illeciti dall'interno del carcere, in più la legislazione processuale non è più la stessa,diventa più difficile svolgere le indagini, acquisire le prove, avere le condanne dei mafiosi, i mafiosi nel frattempo vengono scarcerati per decorrenza dei termini e tornano sul territorio, mentre noi abbiamo difficoltà addirittura a spostarci sul territorio; si pensi che c'è stato un forte taglio nel bilancio delle spese del Ministero della Giustizia, del Ministero degli interni, è stata dimezzata la potenzialità di uomini e di mezzi della Direzione investigativa antimafia, sono diminuiti i soldi impiegati per straordinari delle Forze dell'ordine, gli uomini delle scorte, addirittura vengono a marcare i fondi per la benzina, il carburante per le auto blindate, talvolta ci troviamo costretti a camminare a piedi o quasi , come dire uno Stato un po' più disarmato, una mafia molto meglio organizzata''.

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19 gennaio 2005
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