Non si può provare imbarazzo vicini alla verità
Salvatore Borsellino alla presentazione del libro "Don Vito" scritto da Massimo Ciancimino
"Quando gli uomini dello Stato decisero di avviare la 'trattativa', si è voluto avallare e accettare, o accelerare il programma di morte di Totò Riina, che aveva deciso l'uccisione di alcuni personaggi, tra cui il giudice Paolo Borsellino". Queste le parole che Massimo Ciancimino ha detto, rispondendo alla presentazione del suo libro, alla domanda di Salvatore Borsellino, fratello del giudice, se al momento dell'avvio della trattativa tra lo Stato e la mafia il padre, Vito Ciancimino, si sarebbe reso conto che in questo modo "si era anche decisa l'eliminazione fisica di Paolo Borsellino?". "Mio padre - ha risposto Ciancimino - non voleva neppure avviare la trattativa, che considerava un peccato mortale. Quando ha visto che da parte di esponenti dello Stato c'era la volontà di portare avanti la trattativa, ha capito che si è voluto avallare l'uccisione di alcune persone".
E sul perché abbia deciso di parlare solo adesso, replica a una domanda fatta dal pubblico nell'aula magna della facoltà di Giurisprudenza: "Il mio atteggiamento nei confronti della magistratura non può certamente essere 'marzulliano', cioè mi faccio le domande e mi do le risposte...".
"Non so se rifarei la stessa scelta. E' triste, ma non so se ne vale davvero la pena. Se devo prendere un caffè a Palermo, in un posto tranquillo, devo andare in un bar della procura. La gente sputa per terra dove cammino. Questa città accoglie benissimo chi ha avuto una condanna a 5 anni e magari qualcuno festeggia pure. Io, invece, ho pianto quando sono stato condannato, ma sono stato massacrato per la mia scelta di parlare", ha continuato poi Ciancimino jr manifestando tutti i suoi dubbi. "Ieri sera ho ascoltato della musica proveniente da un locale palermitano. Avrei voluto fare un giro, ma non potevo farlo. Magari anche di nascosto, con un cappellino, ma non voglio prestare il fianco a chi non ha buone intenzioni nei miei confronti. Non sono libero di fare niente. Devo annunciare qualsiasi cosa io voglia o debba fare, pianificare i miei spostamenti per facilitare l'attività di chi si occupa della mia sicurezza". "Ho scelto di cominciare quando sono stato rinchiuso all'Ucciardone: nella cella mi resi conto che c'erano cose che dovevano cambiare. E lo devo a mio figlio, Vito Andrea, così da lasciargli almeno il mio tentativo di averci provato". "Mio padre - ha aggiunto - è morto il 19 novembre 2002. Esattamente 7 anni e mezzo dopo, grazie alla legge Ex Cirielli, tutti i reati che sono stati a me contestati, si prescrivono. Ciò perchè, dopo così tanto tempo, non si è giunti ad una sentenza definitiva. Ma rinuncerò alla possibilità della prescrizione del reato: non voglio usufruire dei benefici derivanti. Non voglio lasciare la possibilità di sospettare di me. Anche perché il mio scopo è lasciare un'impronta diversa".
Ed ha suscitato curiosità la presenza di Salvatore Borsellino alla presentazione del libro sull'ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino, scritto dal figlio, Massimo. "Non provo nessun imbarazzo a sedere accanto a Massimo Ciancimino. Anzi. Se, come pare, darà un contributo all'accertamento della verità sul periodo buio delle stragi del '92, sarò solo curioso di ascoltarlo. D'altronde per capire cosa accadde in quegli anni, sarei disposto a parlare anche con Riina e Provenzano [...] Potrei provare imbarazzo a sedere accanto a uomini dello Stato come l'ex ministro Martelli e Violante, che hanno aspettato 17 anni e le rivelazioni di Ciancimino per ricordare che la trattativa tra mafia e Stato c'è stata, o al vicepresidente del Csm Nicola Mancino, che continua a non ricordare di aver incontrato mio fratello pochi giorni prima della strage". "Ciancimino - ha aggiunto il fratello del giudice Paolo - è una sorta di collaboratore di giustizia e sta dando elementi utili agli inquirenti. E poi io mica sono qui per abbracciarlo: gli ho fatto delle domande e cerco di capire le motivazioni che lo spingono a collaborare con i magistrati". "Sconterà le pene che deve scontare - ha aggiunto riferendosi alla condanna per riciclaggio del denaro del padre subita dal figlio di don Vito - Ma questo non c'entra nulla con le rivelazioni che sta facendo sul periodo nero della trattativa".
Su una cosa, però, Borsellino è critico: "Libri come questo - dice - non dovrebbero essere pubblicati mentre ci sono inchieste in corso". Di "Don Vito" il fratello del giudice boccia anche le parti in cui si raccontano scorci di vita "normale" dell'ex sindaco. "Era un criminale - dice - e come tale va descritto".
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, La Siciliaweb.it]