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Non siamo stati noi

Il Mend smentisce ogni coinvolgimento nel rapimento dei due dipendenti Impregilo e torna a minacciare l'Agip

26 febbraio 2007

Appena ventiquattro ore dopo il nuovo rapimento di altri due italiani, Lucio Moro e Luiciano Passarin, dipendenti della società di costruzioni milanese Impregilo, avvenuto venerdì scorso nella regione del Delta del Niger (leggi), il Movimento per l'emancipazione del Delta del Niger, che tiene ancora rigionieri i due dipendenti dell'Agip Francesco Arena e Cosma ''Mimmo'' Russo (rapiti il 7 dicembre scorso), si è subito attivato per informare la stampa della sua totale estraneità alla vicenda. ''Non siamo stati noi a rapire i due italiani'', ha scritto Jomo Gbomo, portavoce del Mend in una email inviata al quotidiano la Repubblica. Altre email di smentita sono arrivate anche alle agenzie Apcom e Ansa.

L'idea che fosse stata l'ennesima azione della milizia del Mend era subito venuta per diversi motivi. Prima di tutto perché il luogo dove sono stati rapiti venerdì scorso i due dipendenti della Impregilo (Ogoni, un villaggio a una quarantina di chilometri ad est di Port Harcourt), anche se distante dal luogo del primo rapimento, si trova comunque nella regione del Delta del Niger; poi per via del modus operandi del gruppo che ha condotto l'azione uguale alle azioni del Mend; e ancora per via del messaggio lanciato da Gbomo nei giorni scorsi dove, riferendosi alla fuga (e non liberazione) del dipendente libanese Imad Saliba, concertata dal governo dello Stato di Bayelsa e in parte finanziata dall'Agip, ha minacciato la compagnia petrolifera di far loro ''pagare un prezzo molto alto per tale affronto''.
Jomo Gbomo ieri ha quindi affermato: ''Non siamo stati noi, ma so chi è stato''. Il portavoce del gruppo ha però rifiutato di dire chi sia l'autore del sequestro (''Commento solo le cose che facciamo noi''). Infine, un avvertimento che è suonato come l'ennesima minaccia: ''Ci sarà una rappresaglia contro l'Agip e gli italiani molto, molto, molto presto''.
Gbomo ha inoltre aggiunto di aver interrotto i colloqui con le autorità e di voler aspettare almeno l'insediamento del nuovo governo federale e locale in seguito alle elezioni previste per aprile.

Quindi, eliminata la supposizione che il rapimento sia stato eseguito dal Mend, e senza che ancora ci sia stata alcuna rivendicazione, la Farnesina, per bocca del viceministro degli Esteri Franco Danieli, non ha potuto fare altro che ribadire l'invito ''più che stringente'' alle ''nostre ventiquattro imprese che operano in quell'area perché si appellino alle clausole previste nei contratti e dichiarino i motivi di forza maggiore per evacuare dal Delta del Niger tutto il personale''. ''Molte imprese hanno già fatto rientrare i familiari e gran parte dei dipendenti sono stati trasferiti a Lagos, ma in quell'area restano ancora 627 connazionali che lavorano per 24 aziende'', e nell'intero Stato vivono 1.700 cittadini italiani.

Intanto Impregilo
(ricordiamo, l'azienda per quale lavoravano Lucio Moro e Luiciano Passarin) ''ha già chiuso i cantieri e sta predisponendo il rientro dei pochi dipendenti ancora in loco''. A riferirlo è stato un portavoce della società di costruzioni, precisando che ''la decisione era stata presa, d'intesa con la Farnesina, ancora prima che si registrassero gli ultimi tragici sviluppi nell'area. Noi avevamo già predisposto il rientro dei nostri dipendenti dalla Nigeria - ha spiegato il portavoce - e stavamo organizzando la chiusura dei cantieri, con il relativo rientro del personale, al momento ridotto a tre sole unità. E da qui a breve rientreranno tutti in Italia''.
Anche l'Eni sta progressivamente restringendo ''al minimo necessario'' la presenza di dipendenti italiani in Nigeria. L'altro ieri l'amministratore delegato del gruppo, Paolo Scaroni, aveva ribadito che l'azienda ''prenderà ogni misura adeguata a seconda dell'evolversi della situazione''. ''A oggi, i dipendenti italiani dell'Eni operanti nell'area sono una decina, in un campo assolutamente protetto. Una presenza essenziale - aveva spiegato il manager - per mantenere in funzione un impianto a gas che alimenta una centrale elettrica necessaria alla fornitura di energia alla Nigeria''.

Gli Italiani in Nigeria - Sono 1.700 i connazionali attualmente in Nigeria che lavorano con una trentina di imprese italiane. Di questi circa 620 operano nel delta del Niger con 24 imprese italiane. La cifra di 620 - sottolineano alla Farnesina - è variabile perché diversi di questi lavoratori fanno i pendolari con Lagos, capitale economica del Paese. Pendolarismo che non piace al viceministro degli Esteri Franco Danieli che, in un'intervista, ha spiegato come questo tipo di spostamento possa costituire un ulteriore fattore di rischio, e da settimane ribadisce l'invito a lasciare il Paese. Il 10 febbraio scorso Danieli ha incontrato in Nigeria il presidente Olusegun Obasanjo per fare il punto sulla vicenda di Francesco Arena e Cosma Russo, in mano al Mend dal 7 dicembre. Obasanjo, tra l'altro, ha riconfermato a Danieli l'impegno nigeriano a non compiere azioni di forza che possano mettere a repentaglio l'incolumità dei sequestrati.
Intanto le famiglie dei due nuovi ostaggi tacciono e restano in costante contatto con la Farnesina.

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26 febbraio 2007
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