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Nuovi atti nel processo Stato-mafia

Si tratta di due lettere con le quali i Pg della Cassazione rispondevano a una nota del Colle sul "caso Mancino"

18 luglio 2014

È cominciata con un colpo di scena l’udienza di ieri del processo sulla trattativa Stato-mafia. Al presidente della Corte d’assise, che celebra il dibattimento sul presunto patto tra i boss e pezzi delle istituzioni negli anni delle stragi mafiose, sono pervenute due lettere del segretario generale del Quirinale, Donato Marra, che aveva deposto alla scorsa udienza. Le missive contengono la risposta di due procuratori generali della Cassazione che si sono avvicendati, Vitaliano Esposito e il suo successore Gianfranco Ciani, a una nota trasmessa dal Colle il 4 aprile. Alla nota era allegata una lettera al capo dello Stato spedita dall’ex ministro Nicola Mancino, indagato nel processo per falsa testimonianza.


Nicola Mancino

Nella lettera di Mancino si segnalava l’esigenza di un coordinamento investigativo tra le tre Procure - Palermo, Caltanissetta e Firenze - che in diversi procedimenti indagavano sulla trattativa. Per la Procura l’ex politico Dc avrebbe tentato, direttamente e tramite il Colle, di fare pressioni sull’allora capo della Dna per togliere l’inchiesta ai pm di Palermo che avevano, peraltro, disposto un suo confronto con l’ex ministro Claudio Martelli.
Sul caso Mancino hanno deposto, alla scorsa udienza, sia Marra che Grasso. Piero Grasso ha raccontato dell’incontro avuto col pg Ciani, proprio a seguito della nota del Colle, e della sua opinione che non ci fossero i presupposti per un’avocazione dell’inchiesta da parte della Procura nazionale.
Le lettere della Procura generale della Cassazione - una dell’11 aprile, l’altra dell’8 giugno - potrebbero essere acquisite al processo. L’invio alla Corte delle missive da parte di Marra è stato duramente stigmatizzato dal procuratore di Palermo Francesco Messineo che ha definito "strano" che il teste, che ha lungamente deposto al processo, abbia solo successivamente ritrovato i documenti.


Donato Marra

"Successivamente alla testimonianza da me resa l’11 luglio 2014 - ha scritto Marra alla Corte nell’inviare le due missive - ho voluto verificare se vi era stata una risposta del Procuratore Generale della Cassazione alla lettera da me inviatagli il 4 aprile 2012. A seguito di ricerche da me disposte sono state rinvenute presso l’Ufficio per gli Affari dell’amministrazione della giustizia due lettere inviatemi rispettivamente in data 11 aprile 2012 dal Procuratore Generale Vitaliano Esposito e in data 8 giugno 2012 dal Procuratore Generale Gianfranco Ciani. Ad integrazione della disposizione da me resa invio copia delle due lettere della cui ricezione non avevo alcun ricordo". "Di tali lettere, a suo tempo, - ha specificato - mi sono limitato a prendere atto, trasmettendole immediatamente all’ufficio per gli Affari dell’amministrazione della giustizia senza richiedere alcuna altra attività a conferma che dopo l’invio da parte da mia della lettera al Procuratore pro tempore della Corte di Cassazione non vi sono state in alcuna forma né da me né da altro ufficio del Quirinale ulteriori interventi né tanto meno pressioni o anche sollecitazioni nei confronti della Procura della Generale. Nel rammaricarmi per non aver ricordato tali circostanze nel corso della mia deposizione confido che dalle stesse possa trarsi ulteriore riprova della correttezza dell’iniziativa assunta con lettera inviata alla Procura Generale della corte di Cassazione: credo risulti infatti evidente che mi sono limitato a porre un problema senza prospettare nè tanto meno fare pressioni per una determinata soluzione".
L’avvocatura dello Stato, che nel processo è parte civile, ha chiesto l’acquisizione dei due documenti.


Gianfranco Ciani

Il mancato coordinamento delle indagini sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia è il principale oggetto delle due lettere che l’ex procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito e l’attuale Gianfranco Ciani inviarono al Quirinale l’11 aprile e l’8 giugno del 2012. Le due missive sono state acquisite dalla Corte d’Assise al processo sulla trattativa Stato-mafia. Nella prima Esposito dà conto che "già nel 2009, in occasione di segnalate fughe di notizie sulle indagini sulla trattativa aveva svolto attività di impulso al coordinamento coinvolgendo le procure generali di Palermo e Caltanissetta ed interloquendo col procuratore nazionale antimafia". Esposito ricorda anche la riunione tra i pm convocata nel 2011 dall’allora procuratore nazionale antimafia Piero Grasso e le successive direttive da Grasso stabilite e "volte ad assicurare un coordinamento investigativo". La seconda missiva entra più nel vivo del cosiddetto caso Mancino. Ciani, infatti, comunica alla segreteria generale del Quirinale l’esito dell’incontro avuto con Grasso il 19 aprile del 2012 in merito proprio alla trattativa. Ciani riferisce il contenuto della relazione scritta ricevuta da Grasso da cui - dice - "emerge che la collaborazione e il coordinamento tra le due procure siciliane ha sempre presentato profili di elevata criticità per le resistenze frapposte da quello palermitano all’invio di atti all’omologo nisseno".
Il racconto prosegue con le frizioni nate tra i pm sul cosiddetto caso Ciancimino e con l’intervento della Dna. "Dalla relazione - scrive Ciani - non risulta che tutti gli uffici destinatari si siano attenuti o meno alle direttive di Grasso. Il suo autore (procuratore nazionale antimafia ndr) si limita ad affermare che non sono emersi i presupposti per fare ricorso alla avocazione". "L’ufficio da me diretto - si legge nella lettera di Ciani - si riserva di approfondire le tematiche poste dalla sua nota con ulteriore acquisizione di documentazione e, se necessario, mediante una convocazione dei procuratori generali dei distretti interessati, fermo restando che nessuna valutazione o interferenza può e deve essere compiuta in relazione a procedimenti in corso o pervenuti alla fase del giudizio".


Vitaliano Esposito

Al processo ha deposto l’ex pg della Cassazione Vitaliano Esposito: "Il 15 marzo non avevo capito con chi stavo parlando, poi compresi che era Mancino. Ero in grosso imbarazzo perché non volevo parlare di cose di lavoro con estranei". Così ha raccontato la sua telefonata, intercettata, con l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, finita agli atti del dibattimento. Mancino è imputato di falsa testimonianza. La deposizione dell’ex magistrato è stata incentrata sulle presunte pressioni fatte, secondo i pm, dall’ex ministro, anche attraverso il Quirinale e la Procura generale della Cassazione, per togliere l’inchiesta sulla trattativa alla Procura di Palermo. "Io cercavo delle scuse per interrompere la conversazione", ha aggiunto.
Ai pm che gli hanno contestato di avere detto a Mancino di essere a sua disposizione, l’ex pg ha risposto: "Era un’espressione che i napoletani usano per chiudere una conversazione". Esposito ha escluso di avere mai parlato di avocazione dell’inchiesta sulla trattativa con Mancino o con l’allora capo della Dna Piero Grasso, titolare del potere di avocazione per legge. [Corriere del Mezzogiorno]

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18 luglio 2014
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