Nuovi combattimenti nel Congo
Il Congo brucia, ma è tutta la regione che rischia di trasformarsi in un incendio incontrollabile
Congo, nuovi combattimenti.
A GOMA CLIMA D'ASSEDIO
di Daniele Mastrogicomo (Repubblica.it, 9 novembre 2008)
L'Angola nega ufficialmente di avere suoi soldati nel Congo. Ma non esclude di poterli inviare in futuro se la situazione, come sembra, dovesse degenerare. Il tema, come era prevedibile, si è imposto al vertice di Johannesburg che il presidente sudafricano Rgalema Motlanthe ha convocato in mattinata subito dopo il fallimento di quello di Nairobi. Il Congo brucia, ma è tutta la regione che rischia di trasformarsi in un incendio incontrollabile.
L'Unione africana è preoccupata. In Kenya non si è deciso nulla, se non richiedere, per l'ennesima volta, la cessazione delle ostilità e l'apertura di corridoi umanitari per soccorrere la popolazione civile. Ma sul terreno gli scontri proseguono. Piccole scaramucce, con i ribelli e i soldati dell'esercito regolare congolese che si scrutano a poche centiania di metri. I primi arroccati sulle colline che precedono la catena del Misisi e al nord, a Rutshuru; i secondi dietro i blocchi, le sbarre, i posti di controllo, i bidoni e i sassi piazzati all'entrata e all'uscita della città.
Goma vive un'atmosfera d'assedio. La gente va e viene, cammina, si affretta, quasi corre facendo le cose che fa tutti i giorni. Ma con la paura dentro, l'incertezza, la consapevolezza che qualcosa prima o poi accadrà. Sente soprattutto l'assenza di una guida centrale. A Kinshasa, tra militari e potere politico si è aperta una frattura. La smacco subìto dieci giorni fa dai ribelli di Nkunda ha ferito orgogli e provocato frustrazioni tra gli alti ufficiali congolesi.
In mattinata si è aperto un nuovo fronte di guerra. Per sei ore i ribelli del generale Nkunda hanno respinto un attacco delle milizie Mai-Mai, ormai entrate anche loro ufficialmente nel conflitto, e quelle degli interhamwe degli estremisti hutu. L'esercito congolese le ha mandate in avanscoperta, restando a vigilare sui blocchi che ha piazzato attorno alla città. I soldati della Monuc sostano nelle piazze a bordo dei loro carri armati, rafforzano le postazioni sparpagliate nella regione; le ong hanno ripreso a lavorare ma tra mille difficoltà e ostacoli. Non riescono a raggiungere tutti gli sfollati. Enormi campi rifugiati sono sorti un po' ovunque, interrotti da terre di nessuno, lunghe 5-600 metri dove i ribelli e i soldati si fronteggiano, piazzando nelle trince e su muri di terra le mitragliatrici pesanti.
Alle prime luci dell'alba è scattato l'attacco. Ma per la prima volta a sud. A Ngugu, quella che viene considerata la porta di accesso al Kivu meridionale, dove sorge Bukavu, già conquistata simbolicamente da Nkunda nel 1996, all'inizio della sua ribellione. Le milizie Mai-mai e quelle degli estremisti hutu del Fdlr hanno inziato a bombardare con i mortai le postazioni dei ribelli del Cndp. Nkunda ha risposto al fuoco. La gente si è trovata in mezzo e almeno centomila persone, dice l'Onu, hanno iniziato a fuggire verso nord, verso Goma.
La notizia è arrivata al vertice di Johannesburg. Il presidente Motlanthe ha interrotto i lavori, ha giudicato gravissima la situazione nel Kivu, ha esortato tutti a interrompere le ostilità e ad affrontare i nodi del conflitto. E' preoccupato anche della situazione in Zimbabwe: da sei mesi è paralizzato da una trattiva che non trova sbocchi. Mugabe non molla. Accetta di farsi da parte ma vuole i ministeri chiave del futuro governo: Difesa, Interno e Finanze. Il leader dell'opposizione Tsvangirai protesta; è diventato primo ministro non ha la forza necessaria per imporsi.
Motlanthe ha chiesto anche questa volta responsabilità. Si rende conto, come tutta l'Unione africana, che l'intero Continente ribolle di tensioni e conflitti regionali. Il Congo potrebbe trascinare nel conflitto l'Angola, seguita dallo Zimbabwe e potrebbe far reagire il Ruanda, con il Burundi, la Tanzania, l'Uganda. La miccia brucia al centro, nel Kivu, e lo stallo provocato da Mugabe ne accende altre a est.
L'Onu ha chiesto ai suoi 6 mila caschi blu schierati attorno a Goma di difendere con ogni mezzo la città. L'Unione europea ha bocciato l'idea di spedire un altro contigente sul posto. Ma preme sul piano politico-diplomatico. Con una mossa che rischia di accendere altre tensioni: la Germania ha arrestato il capo del protocollo del presidente ruandese Rose Kabuje. Era colpita da un ordine di cattura internazionale spiccato dal giudice francese Jean Louis Bruguiere. Il magistrato l'accusa, assieme allo stesso presidente Paul Kagame, di responsabilità nel genocidio del 1994. Un provvedimento che ha portato alla rottura delle relazioni diplomatiche tra Parigi e Kigali.
- Sul Congo lo spettro di un nuovo genocidio (Guidasicilia, 03/11/08)
- Le sofferenze del Congo (Guidasicilia.it, 05/11/08)