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Nuovi sbarchi, nuovi morti

Due donne sono annegate durante uno sbarco a Pantelleria: un vecchio peschereccio, con a bordo 250 profughi, è finito sugli scogli

13 aprile 2011

Altri morti nel mare. Altri morti del mare. Due donne hanno perso la vita durante lo sbarco di migranti avvenuto questa mattina a Pantelleria. Si trovavano a bordo di un vecchio peschereccio insieme ad altri 250 profughi, quasi certamente partito dalla Libia, e finito all’alba sulla spiaggia di una piccola caletta dell'isola di fronte alle coste trapanesi.
Probabilmente il barcone ha sbagliato rotta ed è finito per incagliarsi contro gli scogli vicini alla spiaggetta dell'Arenella, a qualche centinaio di metri dall’ingresso del porto. Secondo quanto ricostruito finora dalle capitanerie di porto, l’imbarcazione era stata intercettata a largo dalla nave Minerva della Marina militare, che l’ha scortata per un tratto. Ad un certo punto, durante la notte, le due imbarcazioni sono state affiancate da una motovedetta tunisina che però, dopo aver controllato la situazione, è tornata indietro. Successivamente la nave della Marina ha lasciato l’imbarcazione dei profughi provenienti dalla Libia, che navigava regolarmente, alla motovedetta della Capitaneria di porto, che ha proseguito la scorta al peschereccio fino a Pantelleria. L’incidente è avvenuto all’alba, proprio nei pressi del porto: il pilota dell’imbarcazione potrebbe aver confuso le luci della caletta con quelle del porto - un errore, sottolineano dalle capitanerie, che fanno spesso anche alcuni diportisti - ed è così finito sulla spiaggia. A quel punto diversi migranti sono finiti in acqua. I corpi delle due donne sono stati trovati in un punto in cui l’acqua era profonda non più di un metro. Non è però ancora del tutto chiaro e saranno le indagini successive a definirlo, se le due donne sono morte nello sbarco, calpestate e spintonate dalla calca impaurita, oppure se i cadaveri si trovavano a bordo e sono finiti in mare quando la barca è finita sulla spiaggia.
"A bordo del barcone eravamo in centinaia. Inizialmente eravamo diretti a Lampedusa, poi qualcuno ha deciso di fare rotta su Pantelleria", ha raccontato uno dei testimoni della tragedia. L'uomo ha dichiarato di essere originario del Congo, di avere lavorato per un periodo di tempo per una azienda italiana a Perugia, e di essere tornato in Italia dopo essere rientrato nel suo Paese per trovare un nuovo lavoro. Con la moglie racconta di essere partito da Tripoli. Una traversata drammatica: "dopo che ci siamo arenati - ha affermato ancora - molti di noi sono stati presi dal panico, e si sono tuffati in mare"...

Oggi le condizioni meteo nel Canale di Sicilia sono in netto peggioramento, con il mare in burrasca. Questa mattina si è alzato in volo un aereo per controllare l’eventuale presenza di barconi in difficoltà.
Intanto l’ondata di sbarchi dal Nord Africa verso le coste siciliane non si arresta. Sempre stamane all’alba una motovedetta della Guardia di Finanza ha soccorso un barcone con 105 tunisini che stava affondando a poche miglia da Lampedusa, dove ieri sera erano sbarcati altri 57 extracomunitari
Questa mattina è arrivato nel porto di Catania il traghetto Excelsior della Grimaldi partito ieri da Lampedusa con a bordo 700 migranti. Circa 335 di loro sbarcheranno per essere trasferiti nel Villaggio della solidarietà di Mineo. Gli altri ripartiranno per una destinazione che non è stata ancora resa nota. Nel porto di Catania è presente personale della Questura, della polizia di frontiera, della Croce rossa e militari della Capitaneria di porto, della Guardia di finanza e dei Carabinieri. Le persone che saranno accolte a Mineo saranno migranti che hanno presentato richiesta d'asilo o di accoglienza temporanea; non ci possono essere tra loro, quindi, tunisini sbarcati dopo il 5 aprile scorso, che, in base all'accordo siglato a Tunisi, devono essere rimpatriati. Nel Villaggio della solidarietà allestito nell'ex Residence degli Aranci sono ospitati complessivamente circa 2.000 extracomunitari.

A Lampedusa, dei 25mila sbarcati dall'inizio dell'anno, ne sono rimasti solo 120, di cui 33 minori. L'isola finalmente respira, anche se il barcone arrivato in porto ieri sera, praticamente da solo potrebbe essere il segnale che, dopo 40 ore di tregua, sono riprese le partenze.
In ogni caso, per la prima volta da mesi, sull'isola i ritmi non sono stati scanditi dagli sbarchi ma dai primi preparativi per la stagione estiva: sistemazione dei chioschi sulle spiagge, pulizia delle strutture rimaste chiuse durante l'inverno, apertura di nuovi locali. Segno che si comincia a pensare anche a qualcosa di diverso dall'emergenza arrivata dal nord Africa. Paradossalmente, il tentativo dei giorni scorsi di incendiare il centro di accoglienza dell'isola, ha accelerato questo processo: in meno di 24 ore quasi tutti i migranti che erano ieri sull'isola, sono spariti. A parte i 58 arrivati ieri sera e i 33 minori ancora sull'isola, nel Centro di accoglienza ci sono soltanto 87 tunisini: tra oggi e domani saranno tutti rimpatriati.
Proprio i rimpatri, però, restano un'incognita. Finora Tunisi ha rispettato l'accordo accettando 60 persone al giorno con due voli. Ma non è detto che continui a farlo, soprattutto a questi ritmi. Ogni operazione di rimpatrio, inoltre, è sempre una scommessa per chi deve gestire l'ordine pubblico e le tensioni aumentano ad ogni volo. Come è avvenuto ancora ieri: prima di riuscire a farli salire sull'aereo, i funzionari di polizia hanno dovuto mediare oltre due ore con i trenta che dovevano essere rimpatriati. I tunisini hanno urlato, pianto, protestato, minacciato di ferirsi. "Vogliamo la libertà, vogliamo andare in Francia, non in Tunisia" hanno urlato più volte. Alla fine, scortati ognuno da due poliziotti, i trenta si sono convinti a salire, ma le proteste sono continuate anche sull'aereo. In ogni caso, se le operazioni procederanno a questi ritmi e non ci saranno altri sbarchi, giovedì l'isola sarà vuota.

Intanto, Laura Boldrini, portavoce dell'Unhcr, l'Alto commissariato Onu per i rifugiati, ha lanciato un drammatico allarme: "Sono 800 i migranti partiti dalle coste della Libia nelle ultime due settimane che mancano all'appello e di cui non si hanno più notizie". "Alle 250 persone coinvolte nel naufragio del 6 aprile di cui sono stati avvistati i cadaveri dagli aerei dalle forze dell'ordine nel Canale di Sicilia - ha spiegato Boldrini - non si ha più traccia di altre 558 persone partite su tre carrette del mare, con a bordo rispettivamente 490, 68 e 160 immigrati e mai giunte a destinazione". "E' spaventoso che di tutte queste persone non si abbia più notizia dal 26 marzo, anche se non possiamo dire con certezza che siano tutte morte. Significa che i viaggi dei migranti a bordo delle carrette del mare sono una roulette russa" ha affermato ancora. "Con l'Unhcr e l'agenzia Habesha - ha detto Laura Boldrini - si sono messi in contatto i parenti di alcune persone partite dalla Libia e mai giunte a destinazione che non sanno cosa sia stato dei loro cari e che vorrebbero andarli a cercare a Lampedusa, con le foto per il riconoscimento, ma che non possono farlo perché i cadaveri dei naufraghi non sono stati recuperati e identificati".
"Chiediamo - ha detto per concludere la portavoce dell'Unhcr - che ci sia un coordinamento nel Mediterraneo dei mezzi Nato, militari e commerciali. E' necessario intensificare lo sforzo per i soccorsi agli immigrati nelle pericolose traversate fatte con mezzi estremamente precari".

LA POLITICA E LA DIPLOMAZIA - Con un decreto del premier Silvio Berlusconi pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale è stato dichiarato "lo stato di emergenza umanitaria nel territorio del Nord Africa per consentire un efficace contrasto dell'eccezionale afflusso di cittadini nel territorio nazionale". Il provvedimento è stato firmato su proposta del capo del Dipartimento della Protezione civile, Franco Gabrielli. A motivare il decreto è "la grave situazione determinatasi nella fascia del Maghreb ed in particolare nel territorio della Repubblica della Libia che ha causato l'emigrazione di un gran numero di cittadini libici, la maggior parte dei quali si è riversata al confine con la Tunisia, creando un emergenza di carattere umanitario di estese proporzioni".
E l'Italia partecipa alle attività di carattere umanitario su richiesta dei governi egiziano e tunisino. La situazione, indica il provvedimento, "è destinata ad aggravarsi ulteriormente in ragione dall'attuale clima di grave instabilità politica che interessa gran parte dei Paesi del Nord Africa". Si ravvisa, quindi, "la necessità di porre in essere misure di carattere straordinario ed urgente finalizzate alla predisposizione di strutture idonee per le necessarie forme di assistenza umanitaria nei territori del Nord Africa, assicurando nel contempo l'efficace contrasto dell'immigrazione clandestina nel territorio nazionale". Nonchè "l'ineludibile esigenza di assicurare l'urgente attivazione, in coordinamento con il ministero degli Affari esteri, di interventi in deroga all'ordinamento giuridico".
Il ministro dell'Interno Roberto Maroni, nel corso di un'audizione alle commissioni riunite Affari costituzionali ed Esteri della Camera, ha detto che "l'accordo con la Tunisia può consentire di risolvere il problema: ora bisogna dare piena attuazione". L'accordo prevede la fornitura di mezzi a Tunisi e, ha spiegato Maroni, "quattro motovedette sono pronte a partire già nei prossimi giorni, oltre a fuoristrada ed altre dotazioni per un valore complessivo di 30 milioni euro". L'intesa, ha aggiunto, "indica anche il soccorso in mare dei natanti in difficoltà con il trasferimento nel porto più vicino che, se le navi stanno appena fuori dalle acque territoriali tunisine, non è certo Lampedusa".
Secondo i numeri diffusi dallo stesso ministro Maroni, nel 2011 sono sbarcati 28mila extracomunitari in Italia: 25mila sulle isole pelagie, 23mila tunisini e 4.680 profughi dalla Libia.

Ieri il presidente della commissione europea, Josè Manuel Barroso, è stato in missione a Tunisi per incontrare il premier tunisino Beji Caied Essebsi e il presidente ad interim Fouad Mebazaa. "Ci aspettiamo dalla Tunisia un'azione forte e chiara accettando la riammissione dei suoi fuoriusciti che si trovano in modo irregolare in Europa" ha detto Barroso invitando le autorità ad un’azione più incisiva nella "lotta contro l'immigrazione irregolare" in cambio di nuovi aiuti economici da parte della Ue.
Barroso ha quindi messo in chiaro che la questione dell'immigrazione "deve essere considerata come una sfida comune e una responsabilità condivisa" tra Europa e Tunisia, dove l'impegno del paese mediterraneo è "cruciale" per il "proseguimento della collaborazione" con l'Ue, a nome di cui il presidente della Commissione si è impegnato a fornire, oltre ai 257 milioni già previsti per il periodo 2011-2013, altri 140 milioni supplementari di aiuti per il rilancio dell'economia del paese e la realizzazione di riforme democratiche.
Sì, quindi, agli aiuti Ue al paese, ma in cambio è necessaria più collaborazione da parte di Tunisi sul fronte immigrazione. "L'Europa è pronta ad aiutarvi con mezzi supplementari, ma abbiamo bisogno anche che le autorità tunisine si impegnino di più", ha messo in chiaro Barroso, che ha anche sottolineato come "l'emigrazione non è la soluzione per le sfide economiche" a cui deve fare fronte la Tunisia. Detto questo, l'Europa non farà mancare il sostegno alla Tunisia del dopo Ben Ali. "Sono venuto con un messaggio di amicizia, ammirazione e rispetto per la Tunisia e per esprimere la nostra solidarietà e il nostro sostegno per la transizione democratica nel Paese".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Lasiciliaweb.it, Repubblica.it]

 

 

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13 aprile 2011
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