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Nuovi scenari professionali. Il sociologo Domenico De Masi: "Il futuro è degli umanisti flessibili e creativi"

01 febbraio 2012

Costruire processi di lungo periodo guardando in prospettiva. Come sarà il mondo nel 2020? In considerazione che la popolazione mondiale aumenterà di un miliardo; il Pil procapite sarà di 15mila dollari - contro gli attuali 8mila - l'Occidente avrà ridotto del 15 per cento il proprio potere di acquisto; accanto ai Bric (Brasile, Russia, India e Cina) saranno emersi i Civets (Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia e sud Africa); informatica, ingegneria genetica e nanotecnologie saranno le tecnologie dominanti; lo scenario che si prospetta cambierà radicalmente e tutti noi dovremo saperci adattare. All'interno di questo contesto, dunque, come si evolverà il mondo del lavoro? Quali saranno i profili emergenti relativi alle risorse umane?
Se n'è discusso nei giorni scorsi al Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia, a Catania, durante il convegno "HR 2020. Storie e prospettive". Il seminario è stato organizzato dall'Aidp (Associazione italiana per la direzione del personale) in collaborazione con le società Carter&Benson, S3.Studium e la scuola di formazione Bosch Tec, e con la partecipazione di Confindustria Giovani Catania.
Una tappa, quella di Catania, che fa parte di "un'avventura tayloristica" come sottolinea il professore Domenico De Masi, docente di Sociologia delle Professioni all'Università "La Sapienza" di Roma, che ha elaborato - con il contribuito di 15 direttori del Personale - lo studio sul futuro delle professioni: «Fra meno di 10 anni i lavori esecutivi saranno sempre più assorbiti dalle macchine, trasferiti nei Paesi emergenti o affidati a immigrati. Gli occupati in attività creative (il 33 per cento) rappresenteranno la parte centrale del mercato più garantita e meglio retribuita. Nel futuro non si parlerà più di lavoro ma di lavori - aggiuge De Masi - la popolazione italiana sarà più multinazionale, multilingue e multiculturale».
A proposito dei giovani De Masi non ha dubbi: «Le nuove generazioni dovranno investire nella cultura e negli studi umanistici: un telefono cellulare deve essere sì prima costruito, ma soprattutto riempito di i contenuti. La tecnologia è nulla senza manca il sapere».
Gli occupati in lavori esecutivi (il 66 per cento) nel 2020 lavoreranno con minori garanzie, per un massimo di 80mila ore nella vita, «la globalizzazione e le tecnologie eroderanno il lavoro, ridistribuiranno la ricchezza, il sapere, il potere, e le tutele provocheranno conflitti crescenti» conclude De Masi.

Le persone cambieranno, dunque, la maggiore istruzione favorirà un apprendimento veloce e incisivo e aumenteranno le aspettative di crescita professionale; i lavoratori saranno sempre più tecnologici, veloci nel trovare informazioni, e "interconnessi". Oltre alla velocità, fra le nuove generazioni cambierà l'approccio all'acquisizione di informazioni. In questo contesto un ruolo fondamentale è rappresentato dalla ricerca.

COME CAMBIANO LAVORATORI E AZIENDE SECONDO DE MASI - Il mondo digitale porrà meno suddivisioni tra casa e ufficio, tra lavoro e tempo libero: Tempo e spazio lavorativo avranno un confine sempre meno spesso e poco marcato; Vi sarà minore solidarietà sociale; I micro-conflitti aumenteranno, mentre diminuiranno quelli collettivi; Le risorse umane dovranno gestire nuove forme conflittuali, agire tramite blog e social network; Il sindacato abbandonerà le logiche del passato ponendosi in maniera costruttiva versso le aziende; Saranno sempre meno numerosi gli stakanovisti, poiché tanto la tecnologie quanto i modelli sociali focalizzeranno l'attenzione delle persone sul valore della qualità della vita; I social media saranno strumento centrale per il rafforzamento della cultura aziendale, per gestire il clima interno, per creare la leadership, per la ricerca di nuovi talenti; La cultura risentirà del "di tutto, un po' e subito" dell'era web; Più che trovare le persone sarà problematico mantenerle.

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01 febbraio 2012
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