Nuovo colpo alla mafia: sequestro da 70 milioni di euro
La Dia ha sequestrato immobili e società tra Agrigento e Trapani a imprenditori coinvolti in indagini di mafia
La Direzione investigativa antimafia ha sequestrato beni per oltre 70 milioni di euro ad alcuni imprenditori siciliani coinvolti in indagini di mafia. I provvedimenti di sequestro, emessi dai tribunali di Agrigento e Trapani, che hanno accolto le istanze della Dia e della Dda di Palermo, hanno ad oggetto ditte individuali, società di capitali, terreni, fabbricati, veicoli industriali, complessi aziendali e denaro liquido.
La Dia di Trapani ha sequestrato beni per oltre 20 milioni all'imprenditore di Castellammare del Golfo (TP), Mariano Saracino, già condannato per associazione mafiosa. Il provvedimento è stato eseguito su disposizione della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani che ha accolto la richiesta della Dda di Palermo e della stessa Dia. A Saracino sono stati sequestrati quote societarie, imprese individuali, 8 appartamenti, 10 unità immobiliari destinati ad attività commerciali, 20 unità immobiliari destinati a magazzini, 6 villini, 30 appezzamenti di terreno edificabile, 4 fondi agricoli, 20 autoveicoli e disponibilità finanziarie depositate nei diversi istituti di credito.
Sempre nell'ambito della stessa operazione, la Dia ha sequestrato il patrimonio dei fratelli Diego ed Ignazio Agrò, rispettivamente di 64 e 72 anni, imprenditori del settore oleario, originari di Racalmuto (AG). Si tratta di beni mobili ed immobili per un valore di oltre 50 milioni. I fratelli Agrò erano già stati arrestati nel 2007, nell'ambito dell'operazione 'Domino 2', scaturita in seguito dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Di Gati, già capo della cosca di Agrigento, e condannati all'ergastolo nel 2009 dalla Corte d'assise di Agrigento per l'omicidio di Mariano Mancuso, avvenuto ad Aragona (AG) nel 1992. Gli Agrò - in stretti rapporti con i capimafia dell'agrigentino, Salvatore Fragapane, Giuseppe Fanara e Maurizio Di Gati, ai quali gli imprenditori si rivolgevano per dirimere le controversie legate alla propria attività di usurai - avrebbero sollecitato l'uccisione di Mancuso, che si sarebbe rifiutato di restituire il denaro avuto in prestito.
Il provvedimento di sequestro riguarda conti correnti, numerosi terreni e fabbricati nelle province di Agrigento, Messina, Brindisi e Perugia, due aziende e quote societarie di diverse imprese operanti nel settore immobiliare, nella produzione e commercializzazione di olio alimentare.
"C'è un progetto di forte aggressione dei capitali mafiosi. Lo dimostra il fatto che Palermo produce il 60% dei beni sequestrati in tutta l'Italia". A dichiararlo è il Sostituto procuratore Roberto Scarpinato che coordina alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo le indagini sulla criminalità economica. "La vicenda del sequestro ai danni dei fratelli Agrò - spiega Scarpinato - fa emergere una Cosa Nostra che investe nell'usura quando le vittime non riescono a pagare gli strozzini si rivolgono ai mafiosi che intervengono con i loro metodi. Una persona che ha denunciato è stata uccisa. Un'altro imprenditore che aveva un debito di 180 milioni di lire è stato sequestrato e portato in Calabria fino a quando non ha pagato". Scarpinato ha commentato anche il sequestro dei beni dell'imprenditore di Castellammare Mariano Saracino. "Si tratta di un soggetto ripetutamente arrestato e condannato eppure non si era mai riusciti ad intaccare i suoi beni - ha aggiunto il magistrato - oggi portiamo a casa un risultato decisivo. Una cosa nostra capace di fare soldi e infatti capace di conquistare il consenso sociale. Ecco perché l'aggressione ai patrimoni è decisiva nella lotta alla mafia". [ANSA, La Siciliaweb.it]