Obbligatoria la dignità
Fuori da Confindustria tutti gli imprenditori che non si ribelleranno al racket delle estorsioni
''Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità''... Un popolo che viene minacciato per pagare il pizzo è anche un popolo che può stancarsi e finalmente apporre il proprio fermo rifiuto al regime di violenta prepotenza mafiosa, e finalmente unirsi per combatterla, e finalmente cambiare la realtà per vivere in una maniera normale, in un paese normale.
''Vorrei dire a quanti continuano a minacciarmi che la smettano di perdere tempo con me, perché tanto io non pagherò''. Queste le parole di Andrea Vecchio, 67 anni, titolare della Cosedil Spa e presidente dell'Ance Catania (Associazione Nazionale costruttori Edili), in un intervista rilasciata ieri a Repubblica.
Andrea Vecchio da quando si è ribellato al racket è nel mirino della Mafia. Negli ultimi quattro giorni l'imprenditore edile ha subìto quattro ''avvertimenti'' e sono andati in fiamme mezzi impegnati in alcuni cantieri, per danni pari a 400mila euro.
Nei giorni scorsi Vecchio ha scritto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al premier Romano Prodi. ''Ieri sono andato a letto un po' più sereno rispetto alle sere precedenti. La mia persona è sotto scorta e i miei uffici sono presidiati [...] Notevoli e apprezzabili sono stati gli sforzi che lo STATO sta facendo per noi. Ma non basta, non basta. [...] Questa mattina quel poco di serenità di ieri è andata persa. Infranta da una notizia, da una telefonata alle sette del mattino, dal nostro cantiere di Randazzo (CT). Ci comunicano che del liquido infiammabile è stato trovato sui cingoli di un escavatore . Altra minaccia, la quarta in quattro giorni, altra angoscia. Così non si vive, non si può vivere. [...] Non rappresento solo la mia impresa, la mia famiglia, i miei figli, per mia disgrazia, o fortuna, rappresento i costruttori catanesi. E non siamo noi ad essere attaccati ma lo STATO. Lo STATO simbolo che non è in grado di assicurare un ordinato svolgersi della vita quotidiana.
Non vogliamo fare gli eroi, ma continuare a vivere e lavorare affinché questa società cresca e migliori. Vogliamo sentirci cittadini di uno stato efficiente di un paese normale. E poi nient'altro.''
La richiesta di un Paese normale è la prerogativa di chi vuole vivere la propria vita lavorando onestamente. Una richiesta fatta dall'imprenditore Vecchio, come dal presidente della Camera di commercio e della Piccola industria di Confindustria nissena Marco Venturi minacciato dalla mafia, come dall'imprenditore palermitano Rolando Guaiana, che nel luglio scorso ha visto andare in fumo il lavoro di tutta una vita per aver firmato un cartello contro il pizzo (leggi).
Vivere in un paese normale, vivere con dignità, vivere senza la paura che qualcuno ti rubi questa dignità è più che un diritto, e in Sicilia sembra che qualcosa si stia cominciando a muovere, perché il popolo siciliano non vuole essere riconosciuto come ''un popolo senza dignità''.
Ed è così, allora, che Confindustria ha deciso di passare all'offensiva, alzando un muro contro le richieste e le pressioni della criminalità organizzata e lanciando una tripla sfida: ai clan mafiosi e al racket delle estorsioni, all'omertà e alla paura.
''Gli imprenditori che non si ribelleranno al racket delle estorsioni, pagheranno il pizzo o in qualunque forma 'collaboreranno' con la mafia saranno espulsi da Confindustria''. Questa la norma stabilita dal direttivo regionale dell'associazione degli industriali siciliani, riunito l'altro ieri a Caltanissetta dopo le intimidazioni ad Andrea Vecchio e a Marco Venturi. La norma sarà inserita nel codice etico già adottato da Confindustria a livello nazionale, dopo il via libera della giunta siciliana dell'associazione che si riunirà nei prossimi giorni. Una decisione ''Di tutti gli imprenditori siciliani - ha detto il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello - che da anni ragionano sull'impegno antimafia e che oggi hanno formalizzato quello che nell'aria da tempo: non bisogna piegarsi alla prepotenza mafiosa''.
Decisione in linea con la richiesta da parte del presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo al ministro dell'Interno Giuliano Amato di interventi a tutela degli imprenditori siciliani. ''A questo punto è opportuno l'intervento dell'esercito'', ha dichiarato il vicepresidente di Confindustria, Ettore Artioli. ''Una riproposizione dei 'Vespri siciliani' per difendere anche quanti tra gli imprenditori vogliono continuare a lavorare, rifiutando ogni condizionamento e respingendo con coraggio intimidazioni di ogni sorta''. ''Mi sono già recato al ministero della Difesa - ha aggiunto il numero due di Confindustria - per ragionare sul da farsi. Ma la strada più concreta ed efficace nell'immediato appare essere quella dell'intervento dell'esercito. Sarebbe un segnale fortissimo''.
La netta presa di posizione di Confindustria ha trovato l'approvazione del presidente del consiglio Prodi che ha detto: ''Quello della Confindustria siciliana è un bell'esempio. E' una decisione seria perché la lotta contro la mafia si vince solo con la reazione della società civile''. Secondo Prodi, comunque, la decisione di Confindustria e la reazione degli imprenditori siciliani è qualcosa ''più efficace dell'esercito''.
Per il capo della Direzione nazionale antimafia Pietro Grasso ''si tratta di una svolta, perché mai Confindustria si era espressa con termini così decisi. Se alle dichiarazioni di principio seguiranno i fatti e i comportamenti, si tratterebbe di una svolta epocale che metterebbe in campo veramente un esercito di imprenditori pronto a fare la guerra contro il pizzo''. ''Lo Stato - ha detto ancora Grasso - con tutte le sue componenti, in prima fila Polizia e magistratura, deve stare vicino a questa iniziativa''. Ma all'intervento dell'esercito il procuratore nazionale antimafia ha detto no, ''perché sarebbe un fallimento''. ''L'esercito ci vuole'', ha concluso Grasso, ''ma deve essere quello composto da imprenditori e commercianti''.
Secondo il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, l'ipotesi di inviare l'esercito in Sicilia per contrastare la criminalità organizzata ''è una discussione ricorrente nelle aree dove c'è maggior incidenza. Il problema non è solo per la Sicilia, ma anche per la Campania e la Calabria, se ne discute ma per ora non c'è una risposta affermativa. Martedì - ha aggiunto - incontrerò il presidente del Consiglio e ci saranno in cantiere alcune iniziative che spero siano assecondate dal Parlamento al di là delle distinzioni tra le parti politiche''.
Per Andrea Armaro, portavoce del ministro della Difesa Arturo Parisi, ''la decisione assunta da Confindustria Sicilia di espellere gli imprenditori compiacenti e quelli che pagano il pizzo sia molto più importante e utile dell'invio dell'esercito, che è chiamato a svolgere altre funzioni''. ''Le forze di polizia sono sufficientemente presenti - ha concluso Armaro - , quel che manca semmai è quell'humus sociale che oggi Confindustria Sicilia con la delibera approvata si ripropone di ricreare''.