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Oggi è la Giornata mondiale contro l'Aids

La lotta contro la "grande epidemia del secolo" raccoglie successi, ma c'è ancora tantissimo da fare

01 dicembre 2011

Oggi, 1 dicembre, è la Giornata mondiale contro l'AIDS, una data che ha l’obiettivo di accrescere la coscienza dell’epidemia che ogni anno uccide milioni di persone. Dal 1981 (anno nel quale si è deciso far iniziare l'epidemia) l'AIDS ha ucciso oltre 25 milioni di persone, diventando una delle epidemie più distruttive che la storia ricordi.
I progressi globali ottenuti sia sul fronte della prevenzione che della cura dell'HIV evidenziano come gli investimenti per l’HIV/AIDS facciano la differenza nel lungo periodo. L’ultimo rapporto dell’OMS, UNICEF e UNAIDS "Report on the Global HIV/AIDS Response" indica che il maggior accesso alle cure per l'HIV ha determinato una riduzione del 15% dei nuovi contagi negli ultimi dieci anni e un calo del 22% delle morti causate dall’AIDS negli ultimi cinque anni.
Il rapporto evidenzia ciò che sta funzionando: l’aumentato accesso ai servizi di prevenzione per l’HIV ha permesso al 61% delle donne in gravidanza dell’Africa orientale e meridionale di poter accedere ai test e ai servizi di consultorio – il 14% in più rispetto al 2005; Nel 2010 quasi la metà delle donne in gravidanza (48%) ha ricevuto farmaci adatti a prevenire la trasmissione madre-figlio dell'HIV (PMTCT); La terapia antiretrovirale (ART), che non solo migliora la salute e il benessere delle persone contagiate, ma blocca anche l’ulteriore trasmissione del virus dell’HIV, è ora disponibile per 6,65 milioni di persone nei paesi a basso e medio reddito, circa il 47% dei 14,2 milioni che hanno necessità di riceverlo.
"Il mondo ha impiegato dieci anni per arrivare a questo livello di attenzione sull’HIV/AIDS" afferma Gottfried Hirnschall, Direttore del Dipartimento per l’HIV dell’OMS. "Vi è adesso una possibilità molto reale di compiere progressi determinanti nel combattere l'epidemia. Ma questo sarà possibile solo sostenendo e accelerando questo livello di attenzione nel prossimo decennio".

Nel corso dell'ultimo anno i passi avanti della scienza e le innovazioni nei programmi di lotta all’HIV hanno dato grande speranza per il futuro. In tempi di austerità economica è fondamentale applicare rapidamente le conoscenze scientifiche, le novità tecnologiche e gli approcci innovativi per migliorare l’efficienze e l’efficacia dei programmi di lotta all’HIV nei paesi.
Quando le persone sono in salute migliora anche la loro situazione finanziaria. Il rapporto, infatti, rivela che gli investimenti per le cure contro l'HIV potrebbero portare ad un guadagno totale di 34 miliardi di dollari entro il 2020 nell’incremento dell'attività economica e della produttività, cioè un guadagno superiore ai costi dei programmi antiretrovirali.
"Il 2011 è stato l’anno in cui la situazione è cambiata radicalmente. Grazie alle novità scientifiche, a leadership politiche senza precedenti e ai continui progressi nella lotta all'AIDS, i paesi hanno maggiori opportunità per sviluppare i propri piani di risposta all’epidemia", ha detto Paul De Lay, Vice Direttore generale dei programmi di UNAIDS. "Investendo saggiamente, i paesi possono aumentare l'efficienza, ridurre i costi e migliorare i risultati. Tuttavia, i risultati realizzati finora sono messi in pericolo dal calo delle risorse per l'AIDS".

Ma tanto c’è ancora da fare: nei paesi a basso e medio reddito più della metà delle persone che hanno bisogno della terapia antiretrovirale non possono ancora accedervi. Molti di loro non sanno nemmeno di aver contratto il virus dell'HIV. Nonostante il crescente numero di evidenze scientifiche e ricerche, i paesi devono ancora mettere a fuoco ciò che possono fare per avere un impatto reale sull’epidemia, alcuni non hanno ancora messo a punto un piano per proteggere coloro che sono più a rischio e in difficoltà. In molti casi gruppi che comprendono: ragazze adolescenti, persone che fanno usa di droghe iniettabili, uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini, transgender, lavoratori nel campo del commercio sessuale, persone in prigione e migranti non hanno la possibilità di accedere ai servizi di prevenzione e cura dell’HIV.
In tutto il mondo, la stragrande maggioranza (64%) delle persone tra i 15-24 anni sieropositive sono donne. Il tasso è più alto in Africa sub-sahariana, dove le ragazze e le giovani donne costituiscono il 71% della popolazione giovanile affetta da HIV - essenzialmente perché le strategie di prevenzione non sono state efficaci nel rivolgersi a questo gruppo di persone. I gruppi più a rischio sono continuamente emarginati. In Europa orientale e Asia centrale, più del 60% delle persone sieropositive sono persone che fanno uso di droghe iniettabili. Tuttavia solo il 22% di queste persone ricevono le terapie antiretrovirali.
Sebbene i servizi di prevenzione per la trasmissione madre-figlio del virus HIV abbiano evitato circa 350 000 nuovi contagi tra i bambini, circa 3,4 milioni di bambini sono sieropositivi e molti non ricevono le cure necessarie. Nei paesi a basso e medio reddito, solo un bambino su quattro ha ricevuto il trattamento per l’HIV, tra gli adulti 1 su 2. "Mentre i trattamenti, le cure e gli aiuti per gli adulti sono aumentati, dobbiamo constatare che i progressi per i bambini sono più lenti" afferma Leila Pakkala, Direttore dell'Ufficio UNICEF di Ginevra. "La copertura degli interventi per l’HIV per i bambini rimane bassa, in modo allarmante. Attraverso un’azione concertata e strategie basate sull’equità, dobbiamo far sì che vengano portati avanti interventi globali per i bambini, così come per gli adulti".

Troppe donne scoprono tardi di essere sieropositive - Quasi il 40% delle donne sieropositive scopre tardi di essere stato colpito dall'HIV, spesso quando l'AIDS è già malattia conclamata. Un fenomeno - tecnicamente detto dei 'late presenter' (persone che giungono tardivamente alla diagnosi) - in crescita e particolarmente preoccupante.
Le donne, inoltre - sottolineano gli esperti - presentano condizioni biologiche che le rendono più esposte al virus: sono due volte più a rischio di contagio in un rapporto non protetto rispetto all'uomo. Da qui l'importanza della diagnosi precoce, anche rendendo più facile l'accesso al test. I 'late presenter' da un lato traggono minori benefici dalle terapie antiretrovirali perché il loro sistema immunitario è già compromesso, dall'altro possono assumere comportamenti a rischio e infettare altre persone senza esserne consapevoli. Paradossalmente l'estrema tutela della privacy e i vincoli burocratici fissati dalla legge 135 del 1990 (con troppi moduli di consenso informato da compilare) possono rendere 'ostico' il test.
"Il 70% delle donne - afferma Antonella d'Arminio Monforte, direttore della Clinica di malattie infettive del San Paolo di Milano - viene infettato da un partner stabile, mentre il 76% dei maschi contrae il virus durante un rapporto occasionale. E' quindi l'uomo che normalmente 'porta' la malattia all'interno della coppia". "Ogni anno - aggiunge Cristina Mussini, direttrice della Clinica delle malattie infettive del Policlinico di Modena - nel nostro Paese si registrano 4.000 nuovi casi di infezione da HIV: 12 ogni giorno, uno ogni due ore. Almeno un terzo riguarda le donne".

Dopo 30 anni dall'inizio dell'epidemia sono quasi 16 milioni nel mondo le donne sieropositive, la maggior parte in età fertile. Per queste ultime il virus è diventato la principale causa di malattia e morte. In Europa è in costante aumento il numero di donne colpite: il 35% delle nuove diagnosi riguarda infatti la popolazione femminile. "Ciononostante sono sottorappresentate negli studi clinici", evidenzia Mussini. "Sono necessari più dati, specialmente di lungo termine, per valutare la risposta al trattamento antiretrovirale nelle pazienti con Hiv e migliorare la gestione della malattia - prosegue - I farmaci utilizzati in terapia sono spesso sperimentati in giovani maschi, pertanto è difficile capire a priori come possano interferire con l'organismo femminile. Vi sono inoltre peculiarità legate allo stato di sieropositività femminile che vanno dal desiderio di maternità alla scelta del contraccettivo adatto. Ad esempio, poche sanno cosa significa avere un figlio essendo Hiv positive e che le attuali terapie antiretrovirali possono proteggere il nascituro".
Le persone che scoprono di avere il virus hanno un'età media di 39 anni (i maschi) e di 35 (le femmine). "I dati del Sistema di sorveglianza - spiega Stefano Vella, direttore del Dipartimento del farmaco dell'Istituto superiore di sanità - sottolineano l'urgenza di avviare campagne di sensibilizzazione per incoraggiare l'adozione di comportamenti sessuali sicuri, in particolare tra i giovani e la popolazione femminile, e di effettuare il test Hiv di routine alle donne in gravidanza per ridurre il rischio di trasmissione dell'infezione sia attraverso i rapporti sessuali che da madre a bambino".
Per rispondere all'emergenza femminile "è stato attivato 'She' (Strong, Hiv Positive, Empowered Women) - conclude d'Arminio Monforte, membro del comitato di She - il primo programma educazionale in Europa rivolto alle sfide sempre più grandi che le donne con Hiv devono affrontare. L'iniziativa si basa sul supporto fornito dalle 'pari', cioè da donne nella stessa condizione clinica. Ricerche scientifiche mostrano che le informazioni provenienti dai gruppi di auto-aiuto risultano particolarmente credibili, affidabili e influenti". Il progetto include l'Italia ed è realizzato con la collaborazione delle associazioni di pazienti.

A Catania ogni anno circa 5o nuove diagnosi di infezioni da HIV - Anche quest’anno l'Asp Catania in collaborazione con l’Assessorato alla Famiglia e alle Politiche sociali del Comune di Catania ha promosso il Forum, coordinato dal presidente Aies Sicilia Salvo Cacciola: "Un momento di riflessione - spiega il Commissario straordinario dell’Azienda sanitaria provinciale Gaetano Sirna - sul tema 'Lo stigma nella società di oggi' promosso per sostenere la prevenzione, far conoscere i rischi alla popolazione e fare un bilancio sulla situazione attuale".
"I recenti dati - forniti dal Dasoe dell’assessorato regionale alla Salute - stimano per la nostra regione una prevalenza di almeno 6.000 soggetti sieropositivi e un’incidenza di circa 150 diagnosi annue di infezione da HIV, mediamente 3 nuove diagnosi a settimana", sottolinea il responsabile del Servizio Epidemiologia Mario Cuccia. "La provincia di Catania detiene attualmente il primato di tali nuove diagnosi (circa 50/anno) fra le provincie siciliane, che si aggiungono agli stimati 1.500-1.600 soggetti con pregressa infezione. E’ evidente che questi dati - seppur più contenuti rispetto ad alcune regioni del centro-nord Italia - contribuiscono ad evidenziare le dimensioni di un problema sanitario che anche in Sicilia non può essere considerato minore, sia per i suoi riflessi sulla salute della popolazione sia per il carico sul sistema sanitario, determinato soprattutto dai costi delle terapie, che come è noto, sono particolarmente elevati (la stima del costo medio per i soggetti in trattamento è di circa 10.000 € annui)".
Con il decreto assessoriale del 20 maggio 2010 è stato recepito nell’ordinamento regionale il decreto ministeriale 31 marzo 2008, con il quale sono state definite le procedure per la sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da HIV, in aggiunta al monitoraggio sull’AIDS già attivo da molti anni. In occasione del Forum di oggi, i partecipanti richiamano l’attenzione su quanto contenuto nel recente documento approvato dalla Conferenza Stato-Regioni (G.U.R.I. del 28.08.2011) ed intitolato "Documento di consenso sulle politiche di offerta e le modalità di esecuzione del test HIV in Italia".
Tenuto conto che circa il 20-25% dei soggetti sieropositivi ignora il proprio stato e che la corretta esecuzione delle terapie riduce notevolmente la possibilità del contagio attraverso la riduzione della carica virale, viene lanciato un appello all’assessore regionale alla Salute, con l’obiettivo di migliorare la promozione dell’offerta del test in forma anonima e la promozione a gruppi di popolazione con una più elevata prevalenza di infezione, e di garantire in tutte le strutture destinate alla diagnosi e cura la possibilità di fruire dei test di farmaco resistenza che risultano estremamente importanti per mirare le terapie farmacologiche, ottenendo nel contempo possibili risparmi sui costi.

[Informazioni tratte da Aise, Adnkronos Salute, Ufficio Stampa Asp Catania]

 

 

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01 dicembre 2011
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