Oggi scioperano i magistrati: un intervento di Massimo Russo, dell'Anm
Ma forte ed estremo è stato il disagio vissuto in questi ultimi tempi: siamo stati vittime di una pioggia di invettive, contumelie e attacchi ingiusti che hanno demolito la stessa possibilità di esercitare serenamente la giurisdizione. Se la magistratura italiana è oggi in fibrillazione è perché ciascun magistrato avverte che si riducono sempre più gli spazi per potere esercitare serenamente le proprie delicate funzioni mentre si rende conto che nessuna delle riforme attuate o in cantiere va nella direzione di restituire un minimo di efficienza e di dignità a un sistema che, anche per effetto di alcuni interventi normativi adottati nella scorsa legislatura, si sta progressivamente sgretolando. Un progetto che sembra travolgere l'idea stessa della nostra democrazia di diritto. Questa è la vera posta in gioco. E i magistrati lo hanno capito. Magistrati, senza etichetta, che hanno giurato fedeltà alla Costituzione, hanno capito che nel paese è in corso una mutazione istituzionale che non consente più di assicurare giustizia a chi chiede di avere giustizia. Hanno capito che vi è il rischio di trasformare il potere giudiziario in un ordine di funzionari asserviti alla classe politica dominante, perché il magistrato "gradito" possa più "docilmente" chiudere un occhio, insabbiare, annullare se questo è l'interesse del potente di turno.
Per queste ragioni scioperiamo: per riaffermare con decisione il significato del nostro ruolo costituzionale, per tutelare la nostra dignità, pur nella convinzione che sono necessari cambiamenti per garantire un servizio più efficiente.
Oggi la giustizia è lenta e inadeguata: migliorarla vuol dire riorganizzarla e darle risorse per funzionare. Questo è ciò che il ministro della Giustizia dovrebbe fare e non ha fatto. Abbiamo sperato in un vero e autentico dialogo sui contenuti delle riforme rinviando responsabilmente la data dello sciopero di oltre 40 giorni dalla sua unanime proclamazione, volendo verificare se ai segnali di disponibilità al dialogo espressi dal governo potessero seguire comportamenti positivi. Ma c'è stato solo il monologo di chi pensa che la forza dei numeri debba prevalere sempre e comunque sulla forza delle idee.
Siamo fermamente convinti che il dialogo è assolutamente necessario. E anche per questo scioperiamo: per riavviare un sereno e costruttivo confronto con chi ha a cuore le sorti delle istituzioni, con tutte le forze del paese che il dialogo vogliono per davvero, con tutti coloro che non temono il controllo di legalità. Per contribuire a determinare le condizioni per le quali la giustizia sia massimamente credibile, perché nel nostro Paese si instauri un clima di doverosa e reciproca fiducia.
Occorre che si riconosca il ruolo e la funzione di una magistratura effettivamente indipendente, da criticare se necessario, ma non da intimidire sistematicamente e da ridurre all'impotenza. La magistratura riunita nella sua associazione è una realtà pensante e propositiva che vuole portare nel dibattito pubblico cultura ed esperienza istituzionale. Ma parlare di giustizia e di magistratura significa in definitiva parlare dei cittadini, del loro stesso futuro, delle loro attese di libertà, di uguaglianza e di sicurezza. Ed è per questo che il 20 giugno abbiamo deciso di trasformare la protesta in una occasione per discutere, all'esterno del ristretto mondo degli addetti ai lavori, i problemi attuali della giustizia, aprendo le porte dei Palazzi ai cittadini ai quali intendiamo spiegare le ragioni del nostro disagio. Invitiamo tutti, dunque, alle assemblee che si svolgeranno giovedì, con inizio alle 10, presso i palazzi di giustizia di Palermo, Termini Imerese, Sciacca, Agrigento, Marsala e Trapani dando il proprio contributo di riflessione e anche di critica. Chiunque vorrà dialogare con noi potrà farlo scrivendo al sito: anmpalermo.com.
Il nostro è uno sciopero per la giustizia e per i cittadini: e lo eseguiremo salvaguardando tutti i servizi essenziali e cercando di ridurre al minimo i possibili disagi.
Massimo Russo/Associazione Nazionale Magistrati
Fonte: La Repubblica