Ogni anno in Italia 40mila tra piccole imprese e attività artigianali falliscono a causa dell'usura
Negli ultimi anni la ''geografia dell'usura'' nel nostro Paese è cambiata: la Calabria, con i picchi di Vibo Valentia e Reggio Calabria, resta la regione più a rischio ma a guidare la graduatoria delle città in cui, in rapporto alla popolazione, la rete usuraia è più estesa e capillare spicca una città come Pescara, grande centro del ''tranquillo'' Abruzzo, davanti alle, purtroppo, più ''classiche'' città siciliane di Siracusa e Messina.
A dieci anni dalla legge contro il fenomeno, è un libro a fare il punto sulla situazione nel paese: ''L'usura, le usure. Tempi, modi e luoghi di un fenomeno antico e moderno'' di Lino Busà, presidente di SOS Impresa, e della giornalista Bianca La Rocca. Una situazione che, se non è peggiorata, poco ci manca. Un dato su tutti: nel 1998 i procedimenti aperti dalle procure per usura erano 1.213; nel 2004 sono stati 677.
"I numeri - hanno spiegato gli autori durante la presentazione del libro, avvenuta nei giorni scorsi nella sede della Confesercenti a Roma - pur nella loro sterilità, rendono perfettamente la gravità della situazione''.
Ogni anno, nel nostro Paese, falliscono 40mila aziende, per lo più piccole e a conduzione familiare; nel 23% il ricorso al prestito in nero determina la fine dell'attività; a finire nella rete degli strozzini sono per lo più commercianti (il 46%, in termini assoluti 150mila), imprenditori (22%), artigiani (20%) ma anche lavoratori dipendenti (7%) e liberi professionisti (5%). La cifra del prestito iniziale, che nel 59% dei casi non supera i 10mila euro, poco meno della metà delle volte sale fin sopra i 51mila. Negli ultimi 10 anni, sono stati 5mila i ''cravattari'' finiti in manette, altrettanti quelli denunciati, 10mila le persone coinvolte (fiancheggiatori, prestanome, guardaspalle) anche se il rinvio a giudizio arriva, quando arriva, a due/quattro anni dalla denuncia.
''L'usura - hanno scritto gli autori nel libro - rimane un elemento corruttivo della crescita economica del paese. Abbandonati i clamori della cronaca, convive silenziosamente accanto a un'economia sana, assumendo aspetti sempre più organizzati e strutturati e continuando a sottrarre benessere all'economia e alla società''.
Nella graduatoria dei luoghi in cui il fenomeno assume maggiore rilevanza si scoprono realtà disperate e disperanti: nel Lazio, in Campania e Sicilia, la percentuale è rispettivamente del 28,7%, 26% e 25,2%. Quella del sud è una realtà tristemente conosciuta ma leggendo il libro emerge un altro fenomeno, in proporzione ancora più rilevante. Abruzzo e Molise hanno percentuali che poco si discostano da quelle meridionali: in Abruzzo i commercianti vittime dell'usura sono 4.800, il 22% del totale, in Molise addirittura il 28% (1.700). Ma non solo: in base ad una serie di indicatori statistici, primo tra tutti quello ricavato dal rapporto tra le persone indagate e coinvolte nel fenomeno alla popolazione residente, è Pescara la città italiana con il più alto numero di usurai, davanti a Siracusa, Messina, Catanzaro, Vibo Valentia, e in generale, in Calabria, si stima che 10.500 commercianti sono vittime dell'usura, praticamente un commerciante su tre (30%) paga il pizzo.
''È un fenomeno che continua, inesorabile, a svilupparsi sottotraccia, contro cui serve un contrasto molto deciso'', ha detto Marco Venturi, presidente della Confesercenti, sottolineando che compito delle istituzioni è quello di ''rimuovere resistenze e difficoltà'' del sistema per dare nuovamente fiducia alle vittime. Uno dei nodi principali è quello delle banche, ha affermato senza giri di parole il presidente onorario del Fai (Federazione antiracket italiana) Tano Grasso: ''molto spesso l'usuraio è il miglior cliente delle banche e chi lo conosce meglio sono proprio i direttori degli istituti di credito. Quello che fino ad oggi è mancato, perché il fenomeno è cresciuto e la gente ha perso la speranza, è che la politica non è riuscita a coinvolgere in questa battaglia proprio le banche''. Il governo dunque ''deve convocare gli istituti italiani'' e ''obbligarli a discutere''. Criminalizzare il mondo bancario ''è sbagliato'', ha replicato il sottosegretario all'interno Ettore Rosato, ma le banche ''devono prendere atto della situazione reale del nostro paese''.
''Dopo dieci anni vedo due cose - ha commentato amaramente alla fine uno degli autori del libro, Lino Busà - l'usura è di fatto un reato depenalizzato, con almeno 25mila usurai noti all'autorità giudiziaria che sono liberi e in circolazione; la legge, così com'è, è servita più ai criminali per mascherare le loro attività, che alle vittime per difendersi da loro''.