Olio, in Sicilia calo intorno al 40 per cento
Il rischio adesso è quello di un'"invasione" di olio straniero
[Articolo di Leonardo Lodato - La Sicilia] - L'olio, eccellenza del territorio, fiore all'occhiello di una terra, la Sicilia, sempre più attenta alla qualità. L'olio, croce e delizia di un territorio costretto a combattere i mali, inevitabili, che vengono dalla terra e quelli, malamente sopportabili, provenienti dai tavoli di comando. Dove, per la verità, come in questo caso, a volte si dipanano anche buone notizie.
E' il caso del recentemente riconoscimento dell'Igp, l'indicazione geografica protetta, che, come spiega Carmelo Scalia, presidente del Cofios, il Consorzio Filiera Olivicola Siciliana, "apre ai nostri prodotti nuovi orizzonti per l'inserimento in mercati di qualità riconosciuta". E ricorda quanto affermato dal commissario europeo per l'Agricoltura, l'irlandese Phil Hogan, proprio a Catania: "Accolgo con favore l'ulteriore passo che è stato fatto nel processo che porta verso il riconoscimento, che riflette l'alta qualità e l'origine di questo prodotto e la sua importanza per la Sicilia e in particolare per i suoi agricoltori e i suoi produttori di olio".
Di contro, è sempre Carmelo Scalia a snocciolare i numeri di una campagna di raccolta che, quest'anno, non riserva belle sorprese ai produttori e, di conseguenza ai consumatori. "La campagna 2016 - spiega Scalia - si presenta molto scarsa a causa di un inverno mite, di ridotte precipitazioni, e di una una primavera caldo umida".
Ma veniamo, appunto, ai numeri - "In Sicilia si prevede un calo di produzione intorno al 40%. In alcune zone della nostra isola la siccità estiva ha peggiorato la produzione, ed anche il resto d'Italia non sta meglio. Liguria, Toscana e Umbria si attestano intorno a un - 40% , Calabria - 30%. Solo la Puglia, prima produttrice di olio in Italia, presenta una produzione a macchia di leopardo con il nord abbastanza carico ed il sud di scarsa produzione anche a causa dei focolai della nota malattia che sta colpendo inesorabilmente gli ulivi, la xilella. La produzione nazionale dovrebbe attestarsi intorno a 230.000/250.000 milioni di tonnellate, contro la produzione media nazionale di 500,00 ml ton. Considerato che il nostro fabbisogno nazionale è di 700,00 ml ton, è facile prevedere che saremo invasi da olio estero".
Significa che gli altri Paesi non soffrono la crisi come la soffriamo noi? - "Nel bacino del Mediterraneo le previsioni sono di una buona campagna in Spagna con una produzione di circa 1.3 milioni di tonnellate, Turchia 200.00 ml ton, la Grecia, terzo produttore al mondo di olio , dopo l'Italia, avrà un'annata di scarica, mentre Tunisia e Marocco sono nella media produzione".
Sembra, insomma, di ripetere la disastrosa campagna olivicola del 2014? - "Infatti - conferma Carmelo Scalia - il clima sta cambiando e l'olivicoltura ne risente, dobbiamo correre ai ripari, bisogna investire in tecnologie ed in varietà che si adeguino alle mutate condizioni climatiche , ma non è cosa da poco. Ci vorrà un piano olivicolo nazionale che preveda il reimpianto dei vecchi oliveti ed una efficace lotta ai parassiti dell'olivo. Nel frattempo, le altre nazioni conquistano nuovi mercati. Negli Usa la solita Spagna ha superato in termini di fatturato l'Italia, grazie agli interventi del ministero dell'Agricoltura spagnolo e ad una adeguata campagna promozionale che ha avuto come testimonial il campione di tennis Rafa Nadal. Purtroppo, con la campagna prossima l'Italia perderà altre posizioni di mercato per la mancanza del prodotto e per la prevedibile impennata delle quotazione dell'olio".